Umberto Santino, presidente del centro di documentazione “Giuseppe Impastato” denuncia: «Quello che Saviano scrive su Peppino Impastato è falso ma non ci vuole rispondere».
«Quanto scrive Roberto Saviano, in merito alla storia di Peppino Impastato, nel libro “La parola contro la camorra” è assolutamente menzognero».
È quanto ha affermato ai microfoni di Radio Città Aperta Umberto Santino. Il 4 ottobre scorso il Centro Impastato ha inviato una lettera di diffida alla Giulio Einaudi, la casa editrice che ha pubblicato il libro in cui lo scrittore campano, tra le tante storie (Pippo Fava, Giovanni Falcone, Don Peppe Diana ecc.) cita anche quella di Peppino Impastato. Secondo Saviano il famoso film di Marco Tullio Giordana, “I cento passi”, avrebbe recuperato la memoria del militante politico e giornalista, assassinato dalla mafia la notte tra l'8 e il 9 maggio del '78, ma soprattutto contribuito alla riapertura del processo.
«Tutto falso - attacca Santino - le indagini, e non il processo come dice Saviano, sono state riaperte prima che il film venisse presentato al Festival di Venezia (31 agosto 2000). Il signor Saviano in poche righe riesce a cancellare più di trent'anni di lavoro portato avanti dai familiari, dai compagni e dal Centro, cominciato già il giorno dopo l'assassinio di Peppino. Un lavoro che è riuscito ad ottenere, seppur in ritardo, due risultati storici: la condanna di Badalamenti e del suo vice Vito Palazzolo. Anche su questo Saviano è totalmente disinformato perchè i processi erano due.
«L'altro secondo risultato, ottenuto grazie al nostro operato - prosegue Santino - è stato il riconoscimento da parte della Commissione Parlamentare Antimafia che tutto quello che noi dicevamo sul depistaggio operato dalle forze dell'ordine e dal magistrato Martorana. Anche su questo Saviano dà prova della sua ignoranza, perchè non è stata Cosa Nostra ad aver diffuso la voce che si fosse trattato di un attentato kamikaze ma il procuratore capo Martorana. Dal punto di vista giudiziario dunque, il film non ha avuto nessuna influenza».
Santino poi, ricordando che il giornalista freelance Simone Di Meo ha ottenuto dalla Mondadori l'inserimento solo dall'undicesima ristampa del libro "Gomorra" del suo nome, dopo aver intentato causa sempre contro Saviano per l'utilizzo nel suo libro di ampi stralci di inchieste condotte dal freelance senza citarlo, chiede che anche per il centro "G. Impastato" valga lo stesso principio. «Chiediamo la rettifica di quanto scritto su Peppino Impastato e il riconoscimento del nostro ruolo».
Prosegue Umberto Santino lamentando inoltre un totale silenzio da parte degli organi d'informazione sulla vicenda e su tutto il lavoro portato avanti in questi trent'anni dal Centro siciliano di documentazione “G. Impastato”. «Sembra esserci un silenzio stampa dei media, quotidiani che lottano per la libertà d'informazione come l'Unità, Il Fatto e Il Manifesto, ma che evidentemente hanno il mito di Saviano, non ci hanno degnato neanche di una breve. La Repubblica inizialmente pubblicò, solo dopo l'ennesimo sollecito, una nostra lettera in gran parte tagliata». Cosi come Radio Città Aperta questa mattina, anche in quell'occasione La Repubblica chiese allo scrittore campano di replicare. Al momento però Saviano non ritiene opportuno farlo.
«Il fatto che Saviano non ci risponda e non abbia accettato il confronto - conclude il presidente del Centro di via Villa Sperlinga a Palermo - dimostra che è un presuntuoso».
Gabriele Paglino - Radio Città Aperta
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