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giovedì 28 ottobre 2010
Ciancimino jr: "Sono indagato? Questa è la prova che sono credibile"
LAURA ANELLO
PALERMO
Contento no, sarebbe troppo. Non si può essere contenti con un’indagine sulle spalle per concorso in associazione mafiosa, non lo è mia moglie, non lo sono i miei suoceri, bolognesi e fuori da certe logiche. Ma quest'avviso di garanzia per me vuol dire che sono credibile, che i magistrati ritengono vere le cose che ho detto, e questo mi conforta». Sempre più personaggio da Shakespeare, Massimo Ciancimino, il figlio di don Vito. Custode di segreti che hanno rivelato la trattativa tra mafia e Stato, ma anche autore delle accuse contro se stesso. «Fonte di prova», secondo i magistrati.
Massimo Ciancimino, se lo aspettava?
«In qualche modo sì. Negli anni scorsi era stata aperta un'indagine analoga a mio carico, poi fu archiviata perché i magistrati si convinsero che avessi agito su indicazioni di mio padre senza piena consapevolezza. Adesso capisco che, con le nuove dichiarazioni, la questione si sia complicata».
Perché?
«Finché si parlava dei fatti del 1992, della consegna di buste chiuse, era facile dimostrare che non sapessi neanche che cosa ci fosse dentro. Ma quando poi ho riferito episodi di dieci anni dopo, capisco che il mio ruolo sia stato considerato diversamente. Ma resta il fatto che io ho sempre agito in buona fede e sempre su indicazione di mio padre».
Per questo che ha esitato a mostrare alcuni documenti?
«Sì, ed è perfettamente comprensibile. Qualche giornalista le ha chiamate dichiarazioni a rate, io credo sia una logica tutela di sé e della propria famiglia. Oggi ho consegnato tutto, fino all'ultima carta. Sono sereno e ho fiducia nella magistratura».
C'è chi dice che lei abbia fatto questo percorso per avere vantaggi, agevolazioni, benefici. Per tenersi stretto il tesoro ereditato da suo padre...
«Mi dicano quali sono questi vantaggi. Non ho nessun tesoro, e se l'avessi avuto avrei certo tenuto un atteggiamento diverso, sarei scappato all'estero. Vantaggi giudiziari non so proprio quali. La mia condanna a tre anni per riciclaggio e intestazione fittizia di beni, per la quale ho fatto undici mesi di domiciliari, sarebbe stata prescritta, ma io ho rinunciato alla prescrizione. Ho voluto solo togliermi di dosso l'infamia di un cognome. Per mio figlio, che ha cinque anni, e che in questo momento sta varcando la soglia di casa con la sua scorta, vestito da scheletro, di ritorno dalla festa di Halloween. Esce poco, per motivi di sicurezza. Le sembrano vantaggi, questi?».
Che cosa vorrebbe adesso?
«Il rispetto per la mia scelta. Questo Paese rispetta il silenzio dei figli nei confronti dei padri. Mi chiedo perché ai figli di Riina o di Provenzano non sia mai stato chiesto di ricostruire la mappatura della latitanza, i discorsi ascoltati, gli episodi. Le critiche, i sospetti si sono appuntati su di me che ho parlato. Ho subito una campagna di delegittimazione da parte di chi non si può neanche nominare e, presto, non si potrà neanche processare. Io sono un'anomalia, il silenzio paga».
Come valuta l'avviso di garanzia al generale Mario Mori?
«Di queste cose non gioisco. Sono stato indagato e imputato, ho massimo rispetto per chi ci passa, anche se ovviamente ho le mie verità. E so che non sarà l'unico».
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