PALERMO. "Non abbiamo mai affermato né che il bandito Salvatore Giuliano sia fuggito all'estero, né che il cadavere esposto quella mattina appartenga a un sosia. Sono temi sui quali sta indagando la Procura di Palermo e sui quali ci si augura si possa presto addivenire a una definizione". Lo precisano in una nota gli storici Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino in merito alla decisione della Procura di affidare a un medico legale la riesumazione del corpo del bandito Giuliano per verificare se quelli sepolti sono effettivamente i resti del "re di Montelepre".
I magistrati hanno aperto l'inchiesta dopo l'esposto presentato da Casarrubea e Cereghino che hanno chiesto alla Procura "di intraprendere un'indagine conoscitiva per accertare l'identità della persona uccisa nel cortile dell'avvocato Di Maria (Castelvetrano), la notte tra il 4 e il 5 luglio 1950, rispondente al nome di Salvatore Giuliano, autore di stragi e omicidi, commessi in Sicilia negli anni che vanno dal 2 settembre 1943 e fino alla data del luglio 1950".
Secondo Casarrubea e Cereghino "vi sono fondati motivi per ritenere che il cadavere ritratto nel suddetto cortile e nell'obitorio del cimitero di Castelvetrano non siano la medesima persona ritratta
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