giovedì 21 ottobre 2010

Camorra, colpo al clan Aprea: 16 arresti in manette anche le tre sorelle del boss

Clan Aprea, 16 arresti. Il boss ordinava omicidi dal carcere

Una lunga storia quella degli Aprea. Su di loro, la Mobile indaga dal 1991. Il clan si è sempre distinto per la ferocia con cui ha condotto le 'guerre' per il dominio nel quartiere, come la strage dell'autobomba agli inizi degli anni '90 al pari della faida con il gruppo Celeste-Guarino che negli ultimi anni ha fatto decine di morti.

Sono sedici gli arresti scattati tra capi e affiliati del clan Aprea: in manette anche tre donne, le sorelle del boss Vincenzo Aprea che, secondo quanto accertato dalla polizia, avevano ruoli di spicco all'interno dell'organizzazione.

Le accuse: associazione per delinquere di stampo camorristico e omicidio.
L'operazione è partita alle prime ore dell'alba. La Squadra Mobile della Questura di Napoli ha infatti dato esecuzione alle ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di capi e gregari del clan Aprea, impegnati a controllare i traffici illeciti nel quartiere di Barra.

Si apprende intanto che Vincenzo Aprea, il boss, continuava a fare il suo lavoro dal carcere. E proprio dal carcere ordinò un omicidio: quello di Francesco Celeste. Commesso da Vincenzo Capasso, poi ammazzato da Giuseppe Manco, insieme a suo fratello Mariano Capasso. Un duplice omicidio in seguito al quale Manco ha iniziato a collaborare con la giustizia,

Durante i colloqui familiari in carcere e attraverso un linguaggio criptico, il boss riusciva ad essere aggiornato circa l'andamento degli affari e impartiva ordini per la risoluzione dei 'problemi'.


Mafia News

Il superboss tira in ballo l’intelligence nella strage di via D’Amelio. Un suo avvocato: paragona il delitto con quelli di Salvatore Giuliano e Gaspare Pisciotta



PALERMO. “Per Borsellino non siamo stati noi”. È il contenuto di un dialogo fra Totò Riina e il figlio Giovanni, anch’egli condannato all’ergastolo. Si parla, evidentemente di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992.

Per la strage di via D’Amelio il superboss tira in ballo i servizi segreti e lo fa attraverso l’avvocato Luca Cianferoni che, in una intervista aveva paragonato i delitti di Salvatore Giuliano, di Gaspare Pisciotta e di Borsellino. Il filo conduttore sarebbe proprio il coiunvolgimento dei Servizi.

I dettagli nel Giornale di Sicilia in edicola oggi.


Operazione nel Catanese. Secondo l'accusa la droga era acquistata fuori e spacciata tra Taormina e altri paesi della riviera Ionica della Sicilia


CATANIA. Agenti della squadra mobile della Questura di Catania stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 10 indagati, accusati di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, soprattutto cocaina ed eroina.

Secondo l'accusa, la droga era acquistata in Olanda e nel nord Italia e spacciata tra Taormina e in altri paesi della riviera Ionica della Sicilia.

L'ordinanza è stata è stata emessa dal Gip di Catania, su richiesta dalla Procura distrettuale etnea. Tra i destinatari del provvedimento restrittivo c'é il boss mafioso Paolo Brunetto, di 54 anni, ritenuto il referente di Cosa nostra della zona.

Palermo. Sarà riesumata il 28 ottobre la salma del bandito Salvatore Giuliano.
Palermo. Sarà riesumata il 28 ottobre la salma del bandito Salvatore Giuliano. Lo ha disposto la procura di Palermo che ha dato l'incarico all'anatomopatologo Livio Milone. Lo scopo è verificare se quelli sepolti siano effettivamente i resti del «re di Montelepre». Milone eseguirà sulle spoglie l'esame del dna confrontando quello del cadavere con quello di alcuni familiari in vita di Giuliano. La Procura ha aperto un'indagine a carico di ignoti per omicidio e sostituzione di cadavere per verificare la fondatezza dei dubbi avanzati dallo storico Giuseppe Casarubea, secondo il quale il bandito in realtà sarebbe stato fatto fuggire all'estero e il cadavere esposto sarebbe di un sosia. Secondo Casarubea, che ha presentato un esposto, il corpo apparterrebbe a un uomo ucciso proprio per nascondere la fuga di Giuliano.


Bianco: bunker scoperto in un'abitazionedi proprietà del suocero di CriacoUn bunker, probabilmente utilizzato per nascondere latitanti, è stato scoperto dalla polizia in un’abitazione a Bianco
21/10/2010 Il nascondiglio è stato trovato nel corso di una perquisizione domiciliare, dagli agenti della Polizia di Stato di Siderno che hanno agito con la collaborazione della Squadra mobile di Reggio Calabria e del Commissariato di Bovalino. Il bunker era stato ricavato in uno stabile di proprietà di Domenico Romeo, di 67 anni ed è ubicato sotto il pavimento della cucina. La struttura è dotata di un’entrata con apertura a sistema idraulico, munita di telecomando. L’attività di polizia che ha portato al ritrovamento del bunker è collegata all’arresto di Pietro Criaco, di 40 anni, nel dicembre del 2008 dopo dodici anni di latitanza perchè condannato a vent'anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso e tentato omicidio. Il proprietario dello stabile, Domenico Romeo, è il suocero di Criaco, sposato con la figlia Nadia.


Lea Garofalo sciolta nell'acido

Mantovano: "ora proteggere la figlia"Bisogna proteggere Denise Cosco, figlia di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia uccisa e sciolta nell’acido

21/10/2010 Il sottosegretario all’Interno e presidente del presidente della Commissione centrale sui programmi di protezione, Alfredo Mantovano (nella foto), rispondendo ad un’interpellanza alla Camera ha chiesto che venga protetta Denise Cosco, la figlia di Lea Garofalo, la donna, collaboratrice di giustizia uccisa e sciolta nell'acido. «La segreteria del Servizio centrale di protezione – ha spiegato Mantovano – ha interpellato le diverse autorità giudiziarie che a vario titolo si sono occupate di questa vicenda nel corso degli anni perchè, come il sistema prevede, l'attivazione di una misura di protezione, che in questo caso sarebbe nuova, deve sempre avvenire su impulso dell’autorità giudiziaria. Inoltre – ha aggiunto – la segreteria del Servizio centrale di protezione ieri ha fatto presente alle varie autorità giudiziarie (Dda di Catanzaro, Dda di Milano e Dda di Campobasso) l’opportunità, starei per dire la necessità, di una misura di protezione nei confronti di questa ragazza».


«Attendiamo – ha proseguito il sottosegretario – che qualcuna delle autorità giudiziarie interpellate assuma l'iniziativa. Ma l’attesa non è inoperosa; mentre vi è questa valutazione da parte delle procure interessate, infatti, il prefetto di Crotone, d’intesa con le autorità di sicurezza di altri territori, ha fatto in modo di raggiungere la ragazza, che si era allontanata, anche lei volontariamente, dal suo ultimo domicilio e di garantire un’adeguata protezione nei suoi confronti. Tutto questo – ha ribadito – in assenza di iniziative da parte dell’autorità giudiziaria e in presenza di una difficoltà obiettiva derivante dal nuovo volontario allontanamento questa volta della ragazza».



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