venerdì 15 ottobre 2010

La lotta alla criminalità non risolve i guai del Sud

Risultati record sul contrasto alle mafie, al palo grandi opere
e fiscalità di vantaggio

FULVIO MILONE

Mai così tanti latitanti arrestati e beni confiscati. Su questo non c’è dubbio. Il problema, però, è stabilire se e quanto il merito di questa escalation in positivo nella lotta alla criminalità organizzata sia da attribuire al Governo. Partiamo dai dati. Gli arresti delle «primule rosse» di camorra, ‘ndrangheta e mafia sono in aumento notevole nel 2009: 17 contro i 6 dell’anno precedente. Sei sono anche gli arrestati da gennaio a settembre di quest’anno. Due terzi dei latitanti catturati fanno parte della camorra e della ‘ndrangheta, mentre appena un quarto milita nelle file di Cosa Nostra. Ciò induce a pensare che l’attenzione del Governo si sia concentrata soprattutto sulla Calabria e la Campania. Vero, ma fino a un certo punto, perché i grandi latitanti siciliani sono quasi tutti in carcere già da tempo, e mancano informazioni sui nuovi capi subentrati a quelli finiti in cella negli anni scorsi. Per quanto riguarda i beni sottratti a mafia, ‘ndrangheta e camorra, si assiste a un incremento costante dal 2002 ad oggi, fatta eccezione per il 2008. Le confische non definitive nel 2009 sono state 2.333, contro le 949 effettuate nell’anno precedente. Quelle il cui percorso giudiziario si è concluso ammontano, per l’anno scorso, a 380, 61 in più del 2008.
Mentre del pacchetto Sud poco è stato fatto (il piano infrastrutture langue, la banca del Sud non è ancora operativa, di fiscalità di vantaggio non se ne parla), i risultati raggiunti a metà legislatura sul contrasto alla criminalità organizzata hanno dato via libera agli ottimistici commenti del premier Berlusconi che, davanti a una platea di «Promotori della libertà», si è espresso così: «Grazie e a noi e alle nuove leggi che abbiamo introdotto Lo Stato è tornato a fare lo Stato, con l’obiettivo di sconfiggere tutte le organizzazioni criminali». Nutre però molte perplessità chi la lotta alla mafia la conduce sul campo, e peraltro sa che l’arresto dei latitanti non è che uno dei tanti aspetti della lotta alla criminalità. Claudio Guardiola, segretario generale del Silp, sindacato di polizia, parla dei tagli alle risorse destinate alla sicurezza: «Poco più di 1 miliardo di euro con la prima finanziaria, 650 con la seconda, sia pure parzialmente integrati» con fondi provenienti dai sequestri di beni. Con questa premessa, non si capisce a che titolo l’Esecutivo si assuma meriti ascrivibili alla magistratura e soprattutto alle forze di polizia». La conclusione del sindacalista è tranciante: «Se la lotta alla criminalità organizzata ha ottenuto risultati positivi, ciò è avvenuto malgrado il Governo, non grazie al Governo. Non ci sono più soldi per effettuare i pedinamenti, né per le microspie. A Palermo è stato addirittura sospeso il servizio notturno delle Volanti».

Le perplessità non mancano neanche sul versante della magistratura. A Reggio Calabria, teatro della strategia dell’intimidazione contro i giudici lanciata dalla 'ndrangheta, lavora il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, impegnato da anni nelle indagini più importanti sulle ‘ndrine. «Gli arresti eseguiti in questi ultimi due anni non sono merito del Governo - dice -, le operazioni di polizia sono per l’80% frutto di inchieste che durano da cinque o sei anni. Quando quelle indagini sono cominciate c’erano gli stessi magistrati e poliziotti di oggi, ma i ministri erano altri». Per Gratteri, la politica del Governo è fatta di «slogan e interventi del giorno dopo, come nel caso dell’inutile invio di militari, e dell’impiego a termine di 40 poliziotti che faranno appena in tempo a imparare i nomi dei boss prima di rientrare nelle loro sedi».

Anche Antonio Ingroia, procuratore aggiunto a Palermo, manifesta riserve sui meriti che il Governo si attribuisce in fatto di lotta alla mafia: «Sul piano legislativo delle cose sono state fatte, come l'irrobustimento della legge 41 bis (il carcere duro per i capi mafiosi, ndr) e l’istituzione dell’agenzia unica per i beni confiscati. Ma c’è ancora molto da fare, ad esempio, per quanto riguarda la lotta al riciclaggio. Sul piano operativo, poi, i meriti vanno riconosciuti alla polizia e alla magistratura. Devo dire che alcuni arresti hanno del miracoloso, considerate le condizioni in cui lavoriamo a causa dei tagli alle risorse». Federico Cafiero de Raho, procuratore aggiunto e coordinatore della Direzione distrettuale antimafia a Napoli, dice che alcuni provvedimenti positivi recano effettivamente la «firma» del Governo: «Penso, ad esempio, al buon lavoro fatto in materia di prevenzione. Detto questo, sono d’accordo con Ingroia: i successi nella lotta alla criminalità organizzata sono in gran parte frutto del lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura. Operiamo in condizioni estremamente difficili e con organici inadeguati».

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