Pena più alta sollecitata per Antonino Fontana, ex consulente dell'amministrazione comunale di Ficarazzi, vecchio esponente del Pci
PALERMO. La Procura di Palermo ha chiesto la condanna, complessivamente, a 53 anni di reclusione di 11 tra imprenditori e amministratori locali accusati, a vario titolo, di concorso in associazione mafiosa, truffa e turbativa d'asta.
La pena più alta (otto anni) è stata sollecitata dal pm Gaetano Paci, titolare dell'accusa insieme a Roberta Buzzolani, per Antonino Fontana, imprenditore ed ex consulente dell'amministrazione comunale di Ficarazzi (Palermo), poi sciolta per infiltrazioni mafiose. Vecchio esponente del Pci, Fontana entrò in contrasto con l'allora segretario regionale Pio La Torre, poi ucciso dalla mafia, che ne chiese l'espulsione dal partito. Secondo gli inquirenti Fontana avrebbe avuto stretti rapporti d'affari con diversi esponenti mafiosi della 'famiglia' di Bagheria come Simone Castello, "postino" che smistava la corrispondenza del boss Bernardo Provenzano.
Per tutti gli altri imputati i pm hanno chiesto la condanna a 4 anni e 6 mesi. Secondo gli inquirenti mettendosi d'accordo nella formulazione delle offerte e concordando i ribassi, gli imprenditori avrebbero costituito una sorta di cordata che riusciva a controllare e gestire le gare pubbliche bandite da diversi Comuni del palermitano.
La sentenza è attesa per il 26 ottobre. Il processo è cominciato nel 2003, ma il collegio giudicante ha più volte cambiato composizione e il dibattimento è dovuto ripartire da zero. A rischio prescrizione tutte le accuse di turbativa d'asta.
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