sabato 31 ottobre 2009

Mafia: 1 Mln Confiscato a 2 Fiancheggiatori Di Provenzano


Mafia: 1 Mln Confiscato a 2 Fiancheggiatori Di Provenzano

(AGI) - Palermo, 31 ott. - Beni per circa un milione di euro sono stati confiscati al boss Giuseppe Pinello, 69 anni, reggente della cosca di Baucina, e a Domenico Sannasardo, 45 anni, elemento di spicco di Ciminna, entrambi arrestati nell'operazione "Grande mandamento" che nel gennaio 2005 condusse in carcere piu' di 50 personaggi di rilievo della criminalita' organizzata palermitana, smantellando la rete di fiancheggiatori del vecchio padrino, Bernardo Provenzano. I beni confiscati sono apprezzamenti di terreno nei comuni di Bolognetta, Ciminna e Pollina, e due appartamenti a Casteldaccia e Pollina. Il tribunale di Palermo ha inoltre disposto a carico di Pinello l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di tre anni e sei mesi sei; e a carico di Sannasardo l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di un anno e sei mesi.



Trapani: Prima Di Natale La Sentenza Del Processo Mafia-Appalti


(ASCA-TRAPANIOK) - Trapani, 31 ott - La sentenza a carico dell'ex assessore regionale siciliano e fondatore del partito Nuova Sicilia Bartolo Pellegrino ed altre tre persone coinvolte nell'inchiesta su mafia e appalti arrivera' prima di Natale. Il presidente, Alessandra Camassa, ed i giudici a latere, Emanuele Cersosimo e Michele Calvisi, hanno fissato il calendario della discussione finale, rigettando la richiesta di una nuova perizia avanzata ieri dal pubblico ministero Andrea Tarondo. L'istanza era stata avanzata dopo l'audizione dell'ingegnere Antonino Napoli ed il commercialista Giovanni Conticelli, incaricati dal Tribunale di Trapani di redigere una stima della Calcestruzzi Ericina, azienda confiscata al boss Vincenzo Virga, di cui la mafia avrebbe tentato di rientrare in possesso. Le conclusioni dei due periti erano state fortemente contestate, nella precedente udienza, dal pubblico ministero. L'ingegnere Antonino Napoli ed il commercialista Giovanni Conticelli non avevano tenuto in considerazione dati contabili e bilanci risalenti al 1999. I due periti, a seguito di una richiesta di integrazione, sono passati ieri da una valutazione di poco superiore ai quattrocentomila ai settecentomila euro. Conclusione che e' stata pero' nuovamente contestata dal pubblico ministero che ha rilevato degli errori ed ha chiesto ai giudici di disporre un'ulteriore perizia. Ma l'istanza e' stata rigettata. Il processo si avvia verso la conclusione. Il 18 e 20 novembre prendera' la parola il pubblico ministero. Dal 4 dicembre la parola passera' alla difesa.

Camorra: Arrestato Dalla Polizia Boss Superlatitante Salvatore Russo


Camorra: Arrestato Dalla Polizia Boss Superlatitante Salvatore Russo

Il boss, dal 1995, era tra i 30 ricercati più pericolosi. Maroni: «Stiamo chiudendo il cerchio dei superlatitanti. Non ci fermiamo, vogliamo vincere la guerra contro ogni forma di criminalità organizzata»


Nelle prime ore di questa mattina gli agenti della Squadra Mobile di Napoli hanno arrestato il superlatitante Salvatore Russo, capo dell'omonimo clan operante nell'agro-nolano e condannato all'ergastolo per i reati di omicidio ed associazione mafiosa, inserito nell'elenco dei 30 ricercati più pericolosi.
Salvatore Russo, 51 anni, era ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere ed altro. Si tratta di reati collegati alla sua attività di boss indiscusso del suo clan.
L'uomo è stato rintracciato dalla polizia in un casale a Somma Vesuviana, nel napoletano, non lontano dalla sua zona d'origine.

«L'arresto di Salvatore Russo è un colpo durissimo alla camorra, un successo delle forze dell'ordine e della squadra mobile. Ho parlato con il capo della Polizia e con il procuratore di Napoli e ho fatto loro i miei complimenti», ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni parlando con i cronisti a Capri a margine del convegno dei giovani imprenditori.

«Russo è un latitante da 15 anni, un pluriomicida condannato all'ergastolo - ha aggiunto il ministro - stiamo chiudendo il cerchio dei superlatitanti. Questa è la strada migliore per battere definitivamente la camorra e tutte le mafie. E' una giornata da incorniciare - ha concluso Maroni - una delle tante giornate da incorniciare degli ultimi mesi. Stiamo realizzando un successo straordinario contro mafia e camorra, non ci fermiamo, continuiamo in questa direzione perchè vogliamo vincere la guerra contro ogni forma di criminalità organizzata».

Nell'elenco dei latitanti di massima pericolosità inseriti nel programma speciale di ricerca delle forze di polizia c'è ora il fratello maggiore di Salvatore Russo, Pasquale Russo, 62 anni, latitante, come Salvatore, dal 1995.

Mafia, i giudici ascolteranno il pentito Spatuzza. Legali Dell'Utri: è inaffidabile


Mafia, i giudici ascolteranno il pentito Spatuzza. Legali Dell'Utri: è inaffidabile

Il processo è stato rinviato al 6 novembre

ROMA (30 ottobre) - Secondo il pentito Gaspare Spatuzza i referenti politici della mafia dopo le stragi del '92 sarebbero stati Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri.
Dichiarazioni, queste, «inaffidabili» secondo l'avvocato Antonino Mormino, uno dei legali del senatore Marcello Dell'Utri sotto processo a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, dopo la condanna in primo grado a nove anni di carcere.

La difesa, quindi, si oppone all'audizione del neo pentito Gaspare Spatuzza. Quest'ultimo ha parlato anche della presunta trattativa tra Stato e Cosa nostra. Secondo l'avvocato Mormino l'interrogatorio fatto a Spatuzza, è «il riepilogo di quattro interrogatori resi precedentemente, di cui due alla Procura di Palermo e due alla Procura di Caltanisetta. Ma questi interrogatori, sono proposti “in forma riassuntiva”. Così quando si parla, ad esempio della trattativa, se si fa un raffronto con le trascrizioni integrali ci sono delle differenze sostanziali. Sia per quanto riguarda le indicazioni generiche nella trattativa dal '92 al '94, sia in quella che si riferisce al 2003-2004, quando
Spatuzza parla di confidenze fattegli da Filippo Graviano che aveva incontrato Totò Riina parlando della dissociazione. Sono gli interroganti a definirla “trattativa” mentre Spatuzza dice che sono solo deduzioni». Il legale di Dell'Utri accusa di “vizio sostanziale nella rappresentazione delle circostanze” e conclude dicendo che c'è una questione di contraddittorietà sull'attendibilità di Spatuzza.

Nonostante l'opposizione della difesa di Dell'Utri, i giudici della Corte d'appello hanno deciso che Spatuzza deporrà al processo d'appello. Secondo i magistrati, infatti, l'esame del collaboratore è rilevante e assolutamente necessario ai fini del verdetto. I legali del senatore del Pdl si sono opposti alla riapertura dell'istruttoria e alla sospensione della discussione.

La Corte ha disposto che il procuratore generale depositi le dichiarazioni rese da Spatuzza su Dell'Utri non solo ai magistrati di Palermo, ma anche a quelli di Caltanissetta.

Era stata la difesa dell'imputato a chiedere che, qualora i giudici avessero deciso di sospendere la discussione del processo e chiamare a deporre Spatuzza, l'esame non si fosse limitato alle sole dichiarazione rese alla Dda del capoluogo, ma anche a quelle fornite ai magistrati nisseni e fiorentini. In relazione ai verbali della Dda di Firenze, però, la Corte si è riservata la decisione di chiederne il deposito in quanto «al momento i contenuti noti sono vaghi e non è possibile stabilirne la rilevanza».

I giudici decideranno, solo dopo avere sentito il pentito, se citare sul banco dei testimoni, i tre capi mafia Giuseppe e Filippo Graviano e Cosimo Lo Nigro. Il processo è stato rinviato al 6 novembre, data in cui verrà stabilito il calendario delle audizioni di Spatuzza.

venerdì 30 ottobre 2009

Napoli, così uccide un killer della camorra


Napoli, così uccide un killer della camorra
Guarda il video dell'esecuzione tra la
gente

NAPOLI (29 ottobre) - C’è la donna del gratta e vinci che graffia nervosamente il biglietto appena acquistato, ferma al centro della scena, all’uscita dell'Antica Caffetteria Vergini di Napoli. Secondi interminabili.

Poi arrivano le altre comparse, tutti attori per caso: il padre che stringe la figlioletta tra le braccia e scappa via, il barista che si affretta a chiudere la saracinesca, una passante con le buste della spesa che si muove con gelida indifferenza. Ma c’è anche dell’altro. Il cadavere di un uomo.

Scene da brividi, fotogrammi mostrati in esclusiva oggi dal Mattino che si rincorrono per descrivere un delitto di camorra. Immagini che in questo caso conservano un valore più unico che raro: sono state filmate. E acquisite dalla Dda di Napoli. Da mesi tengono impegnati polizia e carabinieri, hanno fatto il giro dei monitor di investigatori chiamati a dare un nome ai killer in azione.

Undici maggio 2009, via Vergini, rione Sanità: è il video dell’uccisione di Mariano Bacioterracino ricavato da una telecamera nascosta, piazzata a due passi dalla scena del delitto. Sequenze nitide che raccontano ciò che frulla nella testa di un killer, gli imprevedibili intoppi che si materializzano davanti alla sua pistola - il classico delitto (im)perfetto - e che spiegano il ruolo di un «palo» e quanto sia tagliente il suo sguardo mentre indica la vittima al carnefice.

Sono le quattro passate di un pomeriggio con il primo caldo di stagione, negozi appena riaperti e folla in strada. La vittima predestinata è lì: in piedi, accanto all’ingresso del bar. Un suo ritrovo abituale. Al suo fianco si piazza il palo, complice del killer, il «Giuda» che indicherà il bersaglio. Chi uccide in terra di camorra - è cosa nota - spesso non sa neppure perché preme il grilletto e contro chi lo fa. Per questo ci vuole il «palo», che nella sequenza choc ha una stazza prestante e il volto scoperto.

Quasi sicuramente è un incensurato perché agisce sfidando il rischio di telecamere che non mancano in una zona piena di banche e esercizi commerciali. Per dare un nome a lui e al killer, la Procura ha firmato un decreto che rende pubblico il lungo filmato della morte di Bacioterracino. Dopo mesi di indagini non ci sono stati sviluppi e da questa mattina il film sarà a disposizione dei media.

Inchiesta dei carabinieri del comando provinciale guidato dal colonnello Mario Cinque, e affidata al nucleo operativo del maggiore Lorenzo D’Aloja. Chiaro l’obiettivo del capo della Dda, Sandro Pennasilico, e del pm anticamorra Sergio Amato: appellarsi a chi è in grado di riconoscere il killer e il suo complice, chiedendo la collaborazione di tutti. La scena che segue è il racconto dell’omicidio numero 32 nel 2009. Il palo - camicia bianca smanicata, occhiali da sole sollevati sulla fronte, con il movimento della testa indica il boss seduto al suo fianco, poi annuisce, come a dire: eccolo, è lui che deve morire.

Entra in scena l’assassino. Compare in video con un giubbino chiuso fino alla gola, le mani in tasca, l’immancabile cappellino con visiera. Irrompe sulla scena, pronto ad estrarre la pistola: sta per uccidere, ma non lo fa. Resta spiazzato. Ha la mano armata paralizzata nel giubbino.

Che succede al killer di Bacioterracino? Perché tentenna? Succede che è appena sbucata dal bar una donna, quella con il gratta e vinci tra le dita, quella che sta involontariamente sfidando la sorte rimanendo impalata lì, al centro, tra il killer e il bersaglio da colpire. Lei non lo sa, ma la fortuna le dà credito. Decisamente maggiore di ciò che le riserva il grattino.

Perché il killer mantiene il sangue freddo, è lucido abbastanza da escogitare una mossa diversiva: entra in tabaccheria, fa appena un giro nel locale, poi esce ed estrae la pistola. E questa volta non perdona. Esce dal bar e con una pistola fredda la vittima sparandogli un colpo alle spalle. Vista a rallentatore o con il fermo immagine la scena è da brividi: i due, vittima e carnefice, per un attimo si guardano negli occhi: Mariano Bacioterracino ha in mano una sigaretta, l’ultima della sua vita.

Una boccata e partono gli spari. Primo colpo: alla spalla sinistra, la vittima si accascia, poi due-tre-quattro. L’ultimo, il colpo di grazia, alla nuca. Finito. Ma non basta ancora. C’è tempo per un estremo gesto in segno di sfregio: il killer fa le corna al cadavere, prima di andar via lentamente. Seguono altre scene, sequenza-choc: un papà che scappa con la figlia terrorizzata tra le braccia; poi le urla, il commerciante che chiude bottega, il corpo a terra e il fuggi fuggi di persone.

Scappano i clienti del bar, donne che hanno appena acquistato un gelato, ragazzi che pochi attimi prima giocavano con le slot machine che cercano una via di salvezza. Minuti interminabili con il corpo riverso nel suo sangue, l'incubo di una nuova sparatoria poi la scena torna in movimento. Ancora un particolare clamoroso: c’è una donna che si avvicina al corpo di Mariano Bacioterracino, lo fa senza provare compassione per quel corpo riverso nel sangue.

Tanto che gli alza la testa, gli dà un’occhiata e sembra tirare un sospiro di sollievo. Si gira verso qualcuno e si sbraccia in modo plateale, quasi in modo irriverente. Sembra voglia dire: l’hanno ucciso con due o tre colpi, prima di scavalcarlo. Senza un minimo di pietà. La scena torna a rianimarsi: vinta la paura, si fa un capannello di persone attorno al corpo senza vita. Tutti a guardare il boss ammazzato, c’è chi fuma e chi commenta.

Voci del vicolo attorno alla morte e non manca neppure chi approfitta del caos per portare a casa un pacchetto di sigarette senza pagare. Sullo sfondo si nota infatti un passante dalla mano lesta, che afferra un pacchetto di sigarette dalla bancarella di contrabbando rimasta sguarnita.

Prende il pacchetto e scappa. Tanto c’è poco da preoccuparsi, l’attenzione è tutta per il morto e i suoi killer.

Le immagini riportano alla mente l'omicidio del muscista romeno Petru Birladeandu, vittima innocente di un raid di camorra alla Pignasecca.

Mariano Bacioterracino era stato tra i sequestratori di Guido De Martino, figlio del senatore Francesco, leader storico dell'ex Partito socialista italiano. Per la liberazione della vittima del sequestro, definito allora "atipico", fu pagato un riscatto.

Quasi tutti i componenti della banda furono arrestati e condannati nei vari gradi processuali. Altri compagni di Bacioterracino nel sequestro di Guido De Martino, poi divenuto parlamentare nel Partito partito comunista italiano, furono Ciro e Gennaro Luise, Vincenzo Tene, Giuseppe Ponticelli, Giulio Castaldo, Giuseppe Altieri, Angelo Cuomo Divino, Giuseppe Zanca e Giovanni Uva. I mandanti non furono mai scoperti.

Tre dei condannati furono assassinati durante una licenza premio. Bacioterracino non potè prendere parte al sequestro di Guido De Martino perché si fratturò una gamba, ma, fu ugualmente pagato dai suoi complici che gli versarono una parte del miliardo estorto al senatore a vita Francesco De Martino. Bacioterracino fu condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere, ma in appello la pena fu ridotta a 12 anni e mezzo. Il sequestratore tornò in libertà dopo appena 10 anni.

Era il '77 quando De Martino fu sequestrato e Bacioterracino aveva solo 22 anni. Il malvivente faceva parte del clan del rione Sanità capeggiato dal duo Giuseppe Nisso-Giulio Pirozzi. Nel periodo in cui si trovava in carcere Bacioterracino fu indagato nell'ambito di un processo per l'omicidio di Gennaro Moccia, camorrista di primo livello che comandava ad Afragola, comune a nord di Napoli ma in guerra con i fratelli Antonio e Luigi Giugliano. I Giugliano si rivolsero a 4 sicari per eliminare il rivale scomodo. In Corte d'Assise per l'omicidio Moccia finirono Francesco Agozzino, Umberto Iavarone, Antonio Limongelli e Bacioterracino. Ma, nonostante le richieste di ergastolo da parte del pm, i 4 furono assolti.

Palermo, figlio Ciancimino consegna a pm "papello" originale


Palermo, figlio Ciancimino consegna a pm "papello" originale

Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo Vito, oggi ha consegnato ai magistrati l'originale del "papello", il documento contenente le presunte richieste di Cosa Nostra allo Stato. Lo riferiscono fonti giudiziarie. Continua a leggere questa notizia

Il "papello" è arrivato nel pomeriggio nelle mani del procuratore aggiunto Antonio Ingroia e del pm Nino Di Matteo, dopo che una fotocopia del documento era stata consegnata ai magistrati lo scorso 14 ottobre.

Il controverso documento sarebbe stato al centro della trattativa tra boss mafiosi e Stato per far cessare la stagione delle stragi.

Sull'originale potranno essere ora eseguite una serie di perizie tecniche.


Ciancimino Jr. Consegna Alla Procura Il ‘Papello' Originale: “Mi Sono Tolto Un Peso”

Palermo, 29 ott. (Adnkronos) - Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, ha consegnato questo pomeriggio alla Procura di Palermo il documento originale del cosiddetto 'papello', cioè l'elenco di richieste avanzato dai mafiosi allo Stato per terminare, subito dopo il '92, la strategia stragista di Cosa nostra. La conferma viene data all'ADNKRONOS dallo stesso Massimo Ciancimino all'uscita dal Tribunale di Palermo.

Il documento, che contiene i 12 punti con le richieste di Cosa nostra già consegnate in fotocopia qualche giorno fa, è stato dato nelle mani del procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dei pm Paolo Guido e Antonino Di Matteo, che indagano sulla cosiddetta trattativa.

"Adesso - sottolinea Massimo Ciancimino - spetta alla magistratura stabilire l'originalità del documento. Io ho solo fatto il mio dovere". Ciancimino junior si è presentato spotaneamente in Procura. Alla consegna del 'papello' i pm gli hannorivolto alcune domande. Consegnati anche altri documenti importanti, una cinquantina di fogli in tutto, tra cui una lettera del padre Vito, in cui spiega perché fu tradito il giudice Paolo Borsellino e perché l'ex sindaco di Palermo venne arrestato nel dicembre del '92 poco prima dell'arresto del boss mafioso Totò Riina. Il 'papello' originale sarebbe stato conservato in questi anni in una cassetta di sicurezza all'estero. "Mi sono tolto un peso...", ha detto Ciancimino uscendo dal palazzo di Giustizia accompagnato dal suo legale.


Mafia: Confiscati Beni Per 8 Mln a Boss Siracusano

(AGI) - Catania, 30 ott. - Beni per un valore complessivo di 8 milioni di euro, tra cui una societa' di trasporto, sono stati confiscati dal Centro operativo della Dia di Catania a Pippo Floridia, 53 anni, considerato elemento di spicco del clan mafioso Nardo di Siracusa, e arrestato nell'ambito delle operazioni "Gorgia" e "Gorgia 3". La confisca e' stata disposta dal gip di Catania con lo stesso provvedimento con cui ha condannato Floridia a 8 anni e 6 mesi per associazione mafiosa. I beni, che erano stati gia' sequestrati dalla Dia nel 2008, comprendono la societa' "Floridia trasporti", una licenza di autotrasporto per conto terzi, 40 automezzi, un autolavaggio, una pompa di benzina, un'autofficina meccanica, un fabbricato adibito a uffici, vari rapporti bancari, una villa e vari altri immobile. (AGI) .


Camorra: Procura Napoli Diffonde Video Choc Esecuzione

(ASCA) - Roma, 29 ott - La Procura della Repubblica di Napoli, per dare una svolta alle indagini sull'omicidio di Mariano Bacioterraccino, 53 anni, ritenuto un fedelissimo del boss Giuseppe Misso, avvenuto l'11 maggio scorso al Rione Sanita', ha deciso di diffondere le immagini choc dell'esecuzione, riprese da una telecamera di videosorveglianza. Nel video si vede la vittima fuori ad un bar che sta fumando una sigaretta, con molta tranquillita'. Un uomo, cappello con visiera, jeans, giubbotto scuro e scarpe da ginnastica, entra nel bar, si guarda intorno e subito dopo esce, estrae la pistola e colpisce Bacioterracino con quattro proiettili, di cui l'ultimo, fatale, alla nuca. Poi si allontana con pistola in pugno. I magistrati napoletani ora sollecitano la ''collaborazione di chiunque sia in grado di fornire informazioni utili all'identificazione del killer e del suo correo''. Il provvedimento e' stato adottato ''in quanto a tutt'oggi - si legge in una nota - non e' stato possibile identificare ne' l'esecutore materiale del delitto ne' la persona che si ritiene abbia svolto nell'occasione il ruolo di 'specchiettista', entrambi ben visibili nel video''. La Procura ha firmato un decreto che rende pubblico il filmato sperando che la sua diffusione aiuti, con la collaborazione di chi puo' dare indizi utili, le indagini.


Camorra: Carfagna, in quel video il suo volto schifoso

(ASCA) - Roma, 29 ott - ''Un video tragico, incredibile, crudissimo. Che e' giusto tutti gli adulti vedano, perche' il primo strumento di lotta alla camorra e' la consapevolezza dei cittadini che, cosi', non si puo' - e non si deve - andare avanti. Ci mostra - finalmente senza censure - un volto schifoso della camorra, che, insieme agli altri volti schifosi della camorra, ha costretto una citta', una regione, un territorio, a vergognarsi di se stessa e a nascondere il proprio di volto''. Lo dichiara il ministro per le Pari Opportunita' Mara Carfagna in relazione al video di un omicidio di camorra diffuso oggi dalla Procura di Napoli. ''Un omicidio per strada, in pieno giorno, nel centro di una grande citta' europea - prosegue Carfagna - non puo' essere considerato normalita' e, men che meno, accettato dalle coscienze di tutti gli italiani, come se fosse una fiction televisiva. Le Forze dell'ordine stanno conducendo una battaglia senza quartiere alla criminalita' organizzata, ce lo dice il numero degli arresti, lo Stato c'e' ed e' forte. Ma ha bisogno - e lo dico da campana - oltre che di una politica chiara e indipendente a Napoli e in tutta la Campania, del coraggio dei suoi cittadini''.

martedì 27 ottobre 2009

MAFIA: GRASSO, POSSIBILE 'ENTITA' ESTERNA' PER ATTENTATO GIUDICE FALCONE



MAFIA: GRASSO, POSSIBILE 'ENTITA' ESTERNA' PER ATTENTATO GIUDICE FALCONE

(ASCA) - Roma, 27 ott - Nell'attentato di Capaci dove trovo' la morte il giudice Giovanni Falcone e la sua scorta potrebbe aver agito anche una ''entita' esterna'' alla sola mafia. A rilanciare quello che viene definito un ''sospetto'' e' stato il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, nel corso di una audizione presso la Commissione parlamentare antimafia.

Il procuratore Grasso e' stato audito sia sulla vicenda delle cosiddette 'navi dei veleni' affondate al largo della Calabria, sia sulle ''trattative'' che sarebbero state instaurate tra Stato e Cosa nostra subito dopo l'omicidio del giudice Falcone.

Parlando in Commissione antimafia Grasso si e' chiesto come mai la mafia ''abbandono' l'idea di uccidere Falcone a Roma e perche' si cambio' strategia e si usarono modalita' diverse per giungere a quell'attentato. Chi lo suggeri' - si e' chiesto Grasso - Se non si risponde a questo rimane il sospetto che ci sia stata una entita' esterna che ha potuto agevolare la mafia nell'ideazione e nell'istigazione e, comunque, dare appoggio alle attivita' di Cosa nostra''.

Tra i ''moventi'' che spinsero la mafia ad aprire la fase stragista, ha poi dichiarato il procuratore Grasso, ci furono certamente quelli ''vendicativi'' per punire le attivita' investigative di Falcone e Borsellino ma anche ''il movente preventivo che riguardava il futuro incarico del giudice Borsellino e il movente eversivo-stragista''.

LATITANTI RICERCATI WANTED

Direzione Centrale della Polizia Criminale - Elenco dei latitanti di massima pericolosità facenti parte del "Programma Speciale di Ricerca"
ELENCO DEI LATITANTI DI MASSIMA PERICOLOSITA' FACENTI PARTE
DEL "PROGRAMMA SPECIALE DI RICERCA" SELEZIONATI DAL
GRUPPO INTEGRATO INTERFORZE (G.I.I.R.L.)



Per una migliore visualizzazione clicca sull'immagine

L'iniziativa è volta a stimolare lo spirito di collaborazione della collettività
con le Forze di Polizia nel settore della ricerca di pericolosi malviventi.



Cognome BADALAMENTI Nome VITO
Nato il 29/04/1957 a Cinisi (PA)
Ricercato per - è ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, ed altro;
- il 22.11.2000 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome CONDELLO Nome DOMENICO
Nato il 4/11/1956 a Archi (RC)
Ricercato per è ricercato dal 1993, per omicidio, associazione di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, rapina, armi, ed altro;
Deve espiare la pena dell' ergastolo;
Il 20.02.1993 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome DI MAURO Nome PAOLO
Nato il 19/10/1952 a Napoli (NA)
Ricercato per • Il 25.05.2007 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali;
• è ricercato dal 2003 per associazione di tipo mafioso, omicidio ed altro;
• deve espiare 17 anni e 10 mesi di reclusione.

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Cognome ARENA Nome GIOVANNI
Nato il 09/08/1956 a Catania
Ricercato per • E' ricercato dal 15/12/1993 per associazione di tipo mafioso, omicidio ed altro;
• il 22.02.2005 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome MATRONE Nome FRANCESCO
Nato il 15/07/1947 a Scafati (SA)
Ricercato per è ricercato dal 2007 per omicidio ed altro.

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Cognome CUBEDDU Nome ATTILIO
Nato il 02/03/47 a Arzana (NU)
Ricercato per • - è ricercato dal 1997, per non aver fatto rientro, al termine di un permesso, nella Casa Circondariale di Badu è Carros (NU), ove era ristretto, per sequestro di persona, omicidio e lesioni gravissime;
• - il 18.3.1998 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome ESPOSITO Nome LUIGI
Nato il 15/12/1959 a Marano di Napoli (NA)
Ricercato per • il 23.06.2004 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome FIDANZATI Nome GAETANO
Nato il 06/09/1935 a Palermo
Ricercato per è ricercato dal 2008 per associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione ed altro

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Cognome FALSONE Nome GIUSEPPE
Nato il 28/08/1970 a Campobello di Licata (AG)
Ricercato per • è ricercato dal 1999 per associazione di tipo mafioso, omicidi e traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
• il 17/03/2004 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome IOVINE Nome ANTONIO
Nato il 20/09/1964 a San Cipriano D'aversa (CE)
Ricercato per • è ricercato dal 1996 e dal 2002 per omicidio ed altro;
• il 10.07.1999 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome GIORGI Nome Giuseppe
Nato il 06/03/1961 a San Luca (RC)
Ricercato per • è ricercato dal 1995 per associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, armi, estorsioni ed omicidi;
• deve espiare 17 anni di reclusione;
• il 24.05.1995 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome DI LAURO Nome MARCO
Nato il 16/06/1980 a Napoli (NA)
Ricercato per • è ricercato dal 2005, per associazione di tipo mafioso ed altro;
• il 17.11.2006 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome MESSINA DENARO Nome MATTEO
Nato il 26/04/62 a Castelvetrano (TP)
Ricercato per • - è ricercato dal 1993, per associazione di tipo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto ed altro;
• - il 29.6.1994 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome MESSINA Nome GERLANDINO
Nato il 22/07/72 a Porto Empedocle
Ricercato per • è ricercato dal 1999, per associazione di tipo mafioso e vari omicidi.
• il 02/02/2001 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali .

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Cognome MOTISI Nome GIOVANNI
Nato il 1/01/1959 a Palermo
Ricercato per • è ricercato dal 1998 per omicidi, dal 2001 per associazione di tipo mafioso ed altro, dal 2002 per strage ed altro;
• Deve scontare la pena dell'ergastolo
• il 10.12.1999 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome PELLE Nome SEBASTIANO
Nato il 07/08/1954 a San Luca (RC)
Ricercato per • è ricercato dal 1995 per associazione per delinquere finalizzata al traffico Internazionale di armi e sostanze stupefacenti, ed altro;
• d eve scontare una pena di 14 anni di reclusione;
• il 27/12/2006 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome NICCHI Nome GIOVANNI
Nato il 16/02/1981 a Torino
Ricercato per • è ricercato dal 2006 per associazione di tipo mafioso, estorsione ed altro.

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Cognome RACCUGLIA Nome DOMENICO
Nato il 27/10/1964 a Altofonte (PA)
Ricercato per • è ricercato dal 1996 per omicidi, associazione di tipo mafioso, rapina, estorsione ed altro;
• deve espiare la pena dell'ergastolo;
• il 13.09.1999 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome RUSSO Nome PASQUALE
Nato il 28/02/47 a Napoli
Ricercato per • - è ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere, concorso in omicidio plurimo ed altro;
• - il 15.2.1996 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome RUSSO Nome SALVATORE
Nato il 27/06/58 a Nola (NA)
Ricercato per • - è ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere ed altro;
• - il 15.4.1994 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per l'arresto ai fini estradizionali.

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Cognome SCOTTI Nome PASQUALE
Nato il 08/09/58 a Casoria (NA)
Ricercato per • - è ricercato dal 1985, per omicidio ed occultamento di cadavere ed altro;
• - Il 17.1.1990 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome TEGANO Nome GIOVANNI
Nato il 8/11/1939 a Reggio Calabria
Ricercato per • è ricercato dal 1993 per omicidi ed associazione di tipo mafioso, ed altro;
• deve scontare la pena dell'ergastolo;
• il 13.07.1995 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome PANARO Nome NICOLA
Nato il 12/091968 a Casal di Principe (CE)
Ricercato per - è ricercato dal 2003 per associazione per delinquere di stampo mafioso ed altro;
- deve scontare la pena di anni 9 e mesi 4 di reclusione;
- l’ 8.01.2009 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

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Cognome ZAGARIA Nome MICHELE
Nato il 21/05/58 a San Cipriano d'Aversa (CE)
residente a Casapesenna (CE)
Ricercato per • è ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione, rapina ed altro;
• l'8/02/2000 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.


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Cognome CATERINO Nome MARIO
Nato il 14/06/1957 a Casal di Principe (CE)
Ricercato per • E' ricercato dal 2005 per omicidio e associazione per delinquere di tipo mafioso;
• deve scontare la pena dell’ergastolo.

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Arzu Raffaele

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Cognome Pagano Nome Cesare
Nato il 22/10/169 a Napoli
Ricercato per è ricercato dal marzo del 2009 per associazione di tipo mafioso traffico internazionale di stupefacenti ed altro


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domenica 25 ottobre 2009

Processo «Sicania 1», chieste 4 condanne


SANTA ELISABETTA
Processo «Sicania 1», chieste 4 condanne


SANTA ELISABETTA. La Procura generale ha chiesto ai giudici della Corte d’Appello di Palermo
la sostanziale conferma delle sentenza emessa dal Tribunale di Agrigento il 18 dicembre
dello scorso anno, al termine del processo (celebrato con il rito ordinario) scaturito dall’operazione
antimafia «Sicania» che consentì ai carabinieri, coordinati dalla Dda di Palermo,
di dare una mazzata allo zoccolo duro di Cosa Nostra agrigentina nei territori di Santa Elisabetta,
Sant’Angelo Muxaro e San Biagio Platani, nel maggio del 2006.



I giudici della città dei templi condannarono Francesco Fragapane a 10 anni di reclusione
per il reato di associazione mafiosa (fu assolto per porto e detenzione di armi e illecita
concorrenza aggravata); Giuseppe Antonio Fragapane a 9 anni di carcere per associazione
mafiosa, Giuseppe la Porta a 8 anni di reclusione per associazione mafiosa, Alfonso Milioto a
5 anni di carcere per illecita concorrenza aggravata. Furono assolti Stefano Fragapane (era
accusato di porto e detenzione di armi e di illecita concorrenza aggravata) e Vincenzo Fragapane
(accusato di associazione mafiosa). Il Pg, al termine della requisitoria di ieri, ha
chiesto soltanto l’aumento di pena di due anni di reclusione per Francesco Fragapane, poi
ha chiesto la conferma in toto della sentenza di primo grado, assoluzioni comprese.
I difensori degli imputati, avvocati Quattrocchi, Gaziano e Pennica, concluderanno il
23 novembre. Gli avvocati Cacciatore e Sciarrotta sono i rappresentanti delle parti civili.

Dario Broccio

SCACCO MATTO


SCACCO MATTO

SCACCO MATTO

f.c.) Nell’udienza di ieri, relativa al processo «Scacco Matto», dovevano essere escussi 11
testi della pubblica accusa: Calogero carlino, Giuseppe Paolo Fisco, Antonino Taffari,
Francesco Gulotta, Luigi Abbene, Vincenzo Palilla, Domenico e Calogero Indelicato,
Rosario Fara, Giorgio Alberti, Vincenzo Spuches e Stefano Venezia. Imprenditori che
in qualche modo avrebbero subito danneggiamenti nell’espletamento delle
loro attività. Giorgio Alberti, ingegnere, è uno dei tecnici responsabili della Intertecno,
la società di ingegneria capo progetto del resort di sir Rocco Forte e del quale cura la
direzione dei lavori. Per i testi, ad eccezione di Giuseppe Bivona e Antonino Taffari, sono
stati accolti i verbali e quindi non sono stati esaminati. E’ stato escusso Giuseppe Bivona,
imprenditore agricolo di Menfi, al quale sono state date alle fiamme i due casolari ubicati
nel suo terreno a Menfi e destinato alla produzione di carciofi e poi il camion.
Secondo quanto riferito da Bivona, 4 persone gli si avvicinarono perché volevano un carico
di carciofi il cui pagamento sarebbe avvenuto a Palermo da un’altra persona, ma si rifiutò
questo tipo di trattativa. Secondo Bivona ad avvicinarlo sarebbero stati Corso, Michele
Barreca, Pumilia e un certo Napoli, poi identificato in aula in Tommaso Militello, in stato di detenzione.

I VERBALI DI RIZZUTO. Il pentito narra dei danneggiamenti perpetrati a Menfi
I Campo e la ritorsione su Taffari

Per quanto riguarda la Sigenco, dopo che Rizzuto parla dell’installazione dell’impianto di produzione
del calcestruzzo all’interno del cantiere della Sigenco da parte dei Campo (interrogatorio del
Rizzuto da parte della Dda riportato ieri sul nostro quotidiano), il collaboratore di giustizia dice ancora:
«Quando ci siamo incontrati con Paternò, poiché i Campo mi avevano già informato che dovevano
iniziare i lavori della fognatura di Menfi, che erano stati aggiudicati alla Sigenco, quando
abbiamo parlato con Paternò dei lavori del ponte ci accordammo anche che avremmo fatto i lavori
di Menfi della fognatura. Quando poi i Campo sono stati messi al comando della famiglia mafiosa
di Menfi abbiamo detto loro che i lavori della fognatura li avrebbero fatti loro, che avrebbero
anche preso la tangente recuperando, così, i soldi che avevano dato ai Capizzi. Non so poi se i lavori
della fognatura siano iniziati. Non ricordo altro in questo momento circa la Sigenco».
Dopo l’ennesimo omissis che segna uno spazio bianco nella pagina del verbale, Rizzuto parla
della vendita dell’impianto di calcestruzzo dei D’Anna. «Quando dovevano vendere l’impianto
dei D’Anna, lo volevano comprare i fratelli Campo, ma Matteo Messina Denaro ha fatto sapere al
Guzzo di essere interessato all’acquisto ed allora io e Guzzo abbiamo detto ai Campo di ritirarsi in
quanto erano interessati altri amici cui non si è potuto dire di no e i Campo si sono messi subito
da parte». Rizzuto passa a parlare della questione circa il consorzio tra gli impianti di calcestruzzo di Menfi.
«Se n’è occupato Guzzo e la prima questione era quella relativa al pagamento del pizzo in quanto
Errante era non avvicinabile tanto che gli si volevanofare dei danneggiamenti cui mi sono opposto
per evitare l’attenzione delle forze dell’ordine e quindi si decise tra Campo e Guzzo di fare il consorzio
così la tangente l’avrebbe pagata il consorzio e non i singoli impianti. Nel frattempo Cascio
aveva acquistato l’impianto ed era d’accordo per la costituzione del consorzio così come i Campo.
Non erano d’accordo, invece, Errante e Taffari, che però sono stati convinti ma non so da chi».
Sono sorte, però, fibrillazioni in relazioni alla spartizione delle quote. «Era il periodo in cui erano
iniziate le discussioni con i Campo tanto che poi la questione del consorzio non l’abbiamo trattata
noi ma direttamente i Campo. So che da Guzzo è poi andato Taffari, forse inviato dal La
Rocca che si lamentava con il Guzzo della spartizione delle quote. Io dissi a Guzzo, che mi interessò
della questione, che io non ne volevo sapere niente. Dopo che Taffari aveva parlato con Guzzo,
hanno dato fuoco alla pompa del Taffari, e io e Guzzo abbiamo chiamato i Campo e, dicendo loro
che avremmo dato loro l’incarico di comandare la famiglia mafiosa di Menfi, ma a condizione
che ci spiegassero dei danneggiamenti di Menfi, loro ammisero solo i danneggiamenti a Di Carlo e
a Taffari. Chiedemmo anche dei danneggiamenti ai vigneti e loro dissero di non sapere niente.
Circa il consorzio, la somma da versare era di un euro per ogni metro cubo di calcestruzzo e doveva
andare alla famiglia di Menfi. Guzzo poi chiese notizie, ma Campo disse che ancora l’attività
del consorzio non era ancora iniziata. Ribadisco comunque che la questione del consorzio è stata
seguita direttamente da Guzzo e che io so solo quello che il Guzzo mi ha riferito. I Campo mi dissero
pure di avere dato 2 mila euro a chi ha incendiato la pompa a Taffari».
I Pm della Dda chiedono a Rizzuto cosa intende dire quando parla di Mario Davilla e Girolamo
Sala come uomini a disposizione. Rizzuto chiarisce: «Erano disponibili a quello che c’era da fare,
avevano dato la loro disponibilità. Avevano dato la disponibilità al mandamento di Sciacca». Alla domanda
di come gli risultasse tale circostanza il Rizzuto dichiara: «Perché ce l’hanno detto loro
che erano disponibili. Vennero da noi. Prima il Davilla venne per questioni di lavoro, cosa che noi giravamo
per farlo lavorare. Voleva fare una società. Poi si è messo a disposizione dicendo che se
avevamo bisogno era a disposizione . Un giorno venne cu cosu. Disse c’è mio compare che è pure
a disposizione, se c’è bisogno siamo a disposizione ». I Pm si lamentano chiedendo perché queste
cose non le avesse dette in precedenza. Rizzuto chiarisce: «Io pensavo che lei mi diceva se erano
uomini d’onore, se appartenevano alla famiglia mafiosa di Burgio o alla famiglia mafiosa di… io le
ho detto di no, però che hanno dato la loro disponibilità, hanno dato la loro disponibilità».
Altri soggetti che si sono messi a disposizione? «Altri soggetti che si sono messi a disposizione
che mi ricordo per ora no». E di Di Gangi? Che ci sa dire? «Totò di Ganci? Quello dell’operazione
Avana. Si, sentito parlare. E’ stato per un periodo di tempo, mi sembra, pure latitante, però io non
l’ho conosciuto, so che doveva uscire ma poi forse gli è arrivato qualche altro… Nell’ambiente si
diceva che doveva uscire». I Pm chiedono se sa di rapporti tra Dimino e Ganci. «Tra Dimino e Ganci
almeno allora avevano dei rapporti. Prima di essere arrestati so che avevano buoni rapporti, anche
perché in una riunione proprio io, il Guzzo e Dimino, nella quale non voleva sapere niente di
questa situazione, disse quando esce lo zio Totò se ci sono cose da chiarire poi me li discuto con lui.
Sempre lui si riferiva alla situazione che lo fecero rubare, che lo fecero fare, che aveva tutti questi
dubbi». I Pm chiedono sulla fornitura degli inerti. «Stefano Morreale prendeva gli inerti della operativa
Virgilio a nostra insaputa. Guzzo ne parlò con Rosario Cascio con cui teneva i rapporti quando
era libero. Visto che Morreale si fornisce da Virgilio, Guzzo dice a Cascio se voleva fare lui la fornitura.
Ma Morreale disse che prendeva da Virgilio perché per lui era più vicino». I Pm precisano a
Rizzuto che nell’ordinanza risulta che gli inerti non li fornì più Virgilio e che fu estromessa dall’Unicav.
Rizzuto dice: «Non la so questa cosa, come è stata non lo so». E i Pm gli chiosano che Virgilio
fu estromesso perché aveva fatto le forniture alla Sigenco non facendo fare le forniture ai Cascio.



Le rivelazioni del boss Rizzuto



Menfi e Sambuca ai ferri corti
Il collaboratore di giustizia racconta la guerra tra i clan dei due paesi

I numerosi danneggiamenti ed estorsioni compiuti a Menfi misero in tensione Rizzuto,
preoccupato che tali fatti generassero, ovviamente, controlli più serrati da
parte delle forze dell’ordine. I pm chiedono al collaboratore di giustizia
dell’incontro a Menfi con i fratelli Campo. «Con i fratelli Campo, non era presente
Bucceri». Omissis. Poi i pm chiedono del perché dell’incontro con i Campo e
non, invece, con Bucceri. «Perché Bucceri agli appuntamenti non veniva più.
Se voleva venire poteva venire, tanto che poi noi abbiamo detto a Bucceri,
ai Campo che volevamo dargli l’incarico. Per questo non c’era più Bucceri perché
volevamo dare l’incarico a loro e dovevano venire loro. Sono venuti loro, abbiamo discusso
la cosa di dare l’incarico a loro perché erano successe tutte queste cose e
non poteva essere più e che si doveva sistemare questo Menfi. Noi gli abbiamo
detto che a Bucceri se loro volevano tenerlo era responsabilità loro perché noi non
ne volevamo sapere niente». Quindi i Campo furono fatti uomini d’onore, domandano
i Pm. «Si, furono fatti uomini d’onore. Eravamo noi quattro, io, Guzzo e i due fratelli
Campo. Essi presero l’incarico di tenere Bucceri. Loro mi dissero che avevano
avuto contrasti, avevano avuto chiacchiere, l’avevano cacciato, però lo riprendiamo.
Questa fu l’ultima volta che io ho visto i Campo». Dopo il suo insediamento a Sambuca,
chiedono i pm a Rizzuto, aveva avuto contrasti con Bucceri? «Si, con lui ho
avuto i contatti, all’inizio con lui avevo i contatti, anche quando ci fu l’accordo che
hanno fatto poi i Capizzi dei 50.000 euro, lui era presente. I 50.000 euro che dovevano
uscire per i lavori alla Sigenco. Quando c’è stato questo accordo che siamo andati
a parlare con Giuseppe Capizzi, c’era presente Bucceri e Campo».
Poi i pm chiedono se i fratelli Campo o Bucceri riconoscevano comunque un predominio
, un potere di Sambuca su Menfi. «Si. Poi so che ci sono state lamentele, me lo
disse Guzzo nel discorso che lui ha avuto con La Rocca. Guzzo
mi disse che quelli di Menfi, diciamo Bucceri e i Campo, si
lamentavano che pigliavano loro i soldi e li portavano a
Sambuca e quindi questa storia doveva finire. I soldi di Menfi
dovevano restare a Menfi, da oggi in avanti ». I magistrati chiedono quante volte è accaduto
che i soldi da Menfi sono stati portati a voi, a Sambuca. «Di prima di mio cugino
(Leo Sutera) io non lo so, in mani mie una volta, quando è stata la storia del ponte
». I Pm chiedono: hanno avuto tutte queste lamentele per una volta sola? «Ma loro
si lamentavano, secondo me, di prima, perché di prima avevano portato pure a
Sambuca. Tanto che loro si volevano formare, avevano formato questo gruppo,
questo coso e si erano messi». E chi è questo gruppo? Chiedono i magistrati. «Loro,
Bucceri, c’era questo suo cugino che io non so chi è, so che era cugino di loro. Di
altri non so. Non so se poi faceva parte questo picciotto che gli ha dato la casa.
Non lo so, a noi non lo dicevano». I magistrati della Dda fanno poi riferimento a Pumilia
e chiedono a Rizzuto: per capire cosa stava succedendo a Menfi, visto che voi
non capivate, lei si è rivolto a Pumilia. Sapeva lui che lei era il capo mandamento?
«Si». Quindi, incalzano i magistrati, Pumilia sapeva che l’interesse suo ad avere notizie
era legato al suo ruolo di capo mandamento? «Certo, certo, certo». Parlando, poi,
ancora dei fatti di Menfi, si fa riferimento a Di Carlo. I pm chiedono a Rizzuto sequando
hanno dato l’incarico ai fratelli Campo di gestire Menfi e di tenere sotto
controllo il Bucceri, loro erano a conoscenza del fatto che Bucceri si era mosso
senza chiedere il permesso a Sambuca, aveva fatto qualche cosa che non doveva
fare. Rizzuto risponde: «Si, hanno fatto quella di Di Carlo, hanno dato fuoco alle
cose di Di Carlo». E questa cosa di Di Carlo lei ritiene sia riconducibile a Vito Bucceri’?
Chiedono i pm. «Mi hanno ammesso che l’hanno fatta loro. I fratelli Campo insieme
a Bucceri. Il danneggiamento a Taffari e a Di Carlo. A Taffari dissero addirittura che
hanno dato 2.000 euro per fare l’intimidazione. Taffari ultimamente non si voleva
accordare per la questione della percentuale, prendeva tempo e poi…la percentuale
del consorzio, c’era una percentuale del consorzio che gli volevano dare. Gli volevano
dare un tot di percentuale che non so quanto è, ma lui non si voleva accordare
perché gli sembrava poco. Poi va da Guzzo. Quindi per fargli capire che gli altri
facevano danni se lui non si faceva, ehh, gli hanno fatto il danneggiamento». I Pm
chiedono chiarimenti a Rizzuto: quando lei dice loro, si riferisce ai fratelli Campo e
a Bucceri o solo ai Campo? «Quella di Di Carlo il Bucceri era pure compreso, in questa
di coso, non lo so se Bucceri era al corrente o non era al corrente di quella di Taffari
». Si passa al motivo del danneggiamento a Di Carlo. «Perché non ha voluto pagare la tangente
e tutte queste belle cose e poi forse avevano problemi perché magari quello gli
ha fatto capire che voleva prendere il cemento forse da qualche altra parte, all’inizio.
Loro per farlo preoccupare gli hanno fatto questa cosa».

FILIPPO CARDINALE

venerdì 23 ottobre 2009

Trattative Coi Boss, Ciancimino: "Chi Aveva Toga o Divisa Si Faccia Tornare La Memoria"


Trattative Coi Boss, Ciancimino: "Chi Aveva Toga o Divisa Si Faccia Tornare La Memoria"

Palermo, 22 ott.- (Adnkronos) - ''Io sembro la badessa di un convento di orsoline? Beh, se l'onorevole Violante vuole fare questo accostamento con il mondo clericale, allora posso dire che spesso l'abito non fa il monaco…''. Cosi', Massimo Ciancimino replica, in un'intervista all'ADNKRONOS, all'ex Presidente della Commissione nazionale antimafia Luciano Violante che ieri aveva sostenuto che il figlio dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, al centro della nuova inchiesta sulla presunta trattativa tra Stato e Cosa nostra, ''non e' la bocca della verita', sia ben chiaro''.

Violante ha ribadito anche che il 'papello', cioe' il documento con le dodici richieste che sarebbero state avanzate dai boss mafiosi allo Stato per fare cessare la stagione stragista, ''e' una bufala, un bidone''. ''Non mi permetto di replicare all'onorevole Violante, a cui ribadisco la mia stima - ha detto ancora Ciancimino - non e' compito mio ma dei giudici verificare le mie dichiarazioni. Inoltre, se Violante ha la certezza e la sicurezza di sapere che il 'papello' e' una bufala, allora vuole dire che ha i suoi motivi, ma lo dimostri''.

''Io - ha spiegato il figlio dell'ex sindaco condannato per mafia - ho detto che ho visto un foglio con delle richieste. Se e' il papello originale non lo posso sapere con certezza, non spetta a me valutarlo. Lascio fare ai magistrati omettendo qualsiasi giudizio''. Poi, Massimo Ciancimino se la prende anche con la frase ripetuta da Violante, quando parla delle dichiarazioni rese dalla ''famiglia Ciancimino''.

''Capisco il pregiudizio nei miei confronti, tra l'altro ho anche subito una condanna in primo grado (per riciclaggio ndr), e sono in attesa del giudizio di appello, ma il fatto di generalizzare sulla mia famiglia e' inammissibile. Nella fattispecie, mio fratello Giovanni (che due giorni fa ha deposto al processo a carico del Prefetto Mori come teste ndr), non ha mai riportato una sola condanna. E' stato prosciolto con formula piena e si e' presentato adesso spontaneamente ai giudici volendo dare il suo contributo. Ho visto da parte dell'onorevole Violante un pregiudizio sulla mia famiglia e mi stupisce che provenga da una persona di cosi' alto spessore''.

E ha aggiunto: ''Mio fratello si e' sottoposto con onesta' alle domande dei giudici, a differenza di altri che per anni hanno rivestito cariche istituzionali, indossato toghe o divise e che forse ancora adesso hanno ancora qualcosa da dire o da ricordare…''. Parlando ancora di Violante, secondo cui Ciancimino non sarebbe ''la bocca della verita''', il figlio dell'ex sindaco di Palermo ha sottolineato di avere ''invece, apprezzato le parole del Procuratore capo di Palermo Francesco Messineo che ha detto che le mie dichiarazioni verranno sottoposte, senza alcun pregiudizio, al vaglio degli inquirenti, proprio come succede con tutti gli altri''.

''Inoltre - ha spiegato Ciancimino junior - io non ho mai detto di avere le prove della trattativa tra Stato e Cosa nostra, o di essere custode di documenti originali o autentici. All'invito degli inquirenti di produrre tutto il materiale che avevo a disposizione sull'argomento, l'ho fatto. Tutto qui''. Si chiede anche come mai Violante abbia ''impiegato 17 anni per ricordare della richiesta di essere ascoltato dall'Antimafia da patrte di mio padre, sono onorato di essere stato il primo ad avergli dato lo stimolo per parlare e ricordare…''.

''Io non so chi dice la verita' - ha detto ancora Massimo Ciancimino - Ma posso dire che gli onorevoli Martelli, Ferraro e Violante sono stati precisi nelle date che hanno portato ai magistrati quando sono stati sentiti, altro non posso dire. Sta adesso alla magistratura mettere a posto tutti i tasselli''.

Alla domanda come mai nel '92 avesse dei contatti telefonici con la Presidenza del Consiglio e il ministero della Giustizia, come raccontato ieri dal consulente informatico Gioacchino genchi, Massimo Ciancimino ha spiegato: ''E' vero, sono io quel 'Max Rolex' trovato nell'agenda di Benny D'Agostino. Ma sui numeri sto rispondendo ai magistrati che mi interrogano in questo periodo. Certo e' che in quel periodo mi chiamava spesso il 'signor Franco' al telefono'', cioe' un uomo mai identificato che avrebbe fatto parte dei servizi segreti.

Infine, parlando della decisione dei suoi due legali, Giuliano Dominaci e Roberto Mangano di dimettersi dal collegio difensivo nel processo per riciclaggio, Ciancimino junior ha detto: ''Le ragioni dell'uno non coincidono con le ragioni dell'altro, tra l'altro con Dominaci c'erano stati dei dissapori con il collegio difensivo di un coimputato del processo''. Adesso il figlio dell'ex sindaco ha scelto come avvocato Giovanna Cannizzaro. ''La dovro' vedere molto presto perche' giovedi' prossimo rendero' dichiarazioni spontanee al mio processo, al bunker del carcere Pagliarelli. Sono stanco, e preoccupato…''.

Si consegna boss 'Ndrangheta tra i 30 latitanti più pericolosi



Si consegna boss 'Ndrangheta tra i 30 latitanti più pericolosi


Si è costituito questo pomeriggio il boss della 'Ndrangheta Michele Labate, inserito dal ministero dell'Interno nell'elenco dei 30 latitanti più pericolosi. Lo hanno riferito fonti investigative
Il boss si è presentato spontaneamente nel carcere romano di Rebibbia.
Cinquantatrè anni, considerato il capo dell'omonima cosca della 'Ndrangheta di Reggio Calabria, Labate era latitante dal 2007 ed era ricercato per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e danneggiamenti.
Il capo della cosca era fuggito all'arresto che avrebbe dovuto essere eseguito nell'ambito dell'operazione "Gebbione", condotta dalla squadra mobile di Reggio Calabria.
Quel giorno finirono in manette 50 persone, accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione.
Michele Labate era stato condannato in primo grado - sempre nell ambito dell'inchiesta "Gebbione" - a 14 anni di carcere.

Sparatoria a Napoli, Catturato Boss Della Maddalena

AGI) - Napoli, 22 ott. - Spari nel traffico in via Cristoforo Colombo a Napoli: un ucraino viene ferito nel tentativo di reagire, probabilmente, ad una rapina. Poco distante c'e' una pattuglia dei vigili urbani che, sentendo il crepitio di colpi, interviene bloccando dopo una violenta colluttazione il malvivente, identificato in Raffaele Stolder, 50 anni, boss della Maddalena, cognato dei Giuliano, di Forcella. Pochi istanti dopo giungono anche i Falchi, in forza alla Squadra Mobile di Napoli. Nel frattempo, l'automobilista si e' allontanato procedendo contromano: la vettura e' stata ritrovata in via Guglielmo Pepe, vuota. L'extracomunitario, di 45 anni, ferito di striscio ad una gamba, da uno dei colpi esplosi da una pistola, una 357 Magnum, con matricola abrasa, insieme alla donna che era con lui sono stati rintracciati dalla polizia nell'ospedale Ascalesi, mentre il capoclan e' stato condotto al Loreto mare, per un trauma cranico, contusioni dove e' in stato di piantonamento, indiziato del reato di tentata rapina. Le indagini sono svolte dalla polizia che sta cercando di fare luce sul movente e sulla dinamica del ferimento. Al momento, al vaglio degli investigatori c'e' il racconto dell'ucraino. Sono all'incirca le 18, la Mercedes viene affiancata da uno scooter con due persone a bordo: Raffaele Stolder si "affaccia" nell'abitacolo della vettura. Poi, gli spari.

mercoledì 21 ottobre 2009

«Sicania 2», tre ergastoli


Vincenzo Vaccaro Notte


Salvatore Vaccaro Notte





Processo "Sicania 2", tre ergastoli

PROCESSO SICANIA 2

CONDANNA



Tre ergastoli, una condanna a 18 anni e tre assoluzioni. E' la sentenza emessa, dopo due giorni di camera di consiglio, dalla corte d'Assise di Agrigento (presidente Franco Messina, a latere Lisa Gatto) per il processo 'Sicania 2', dal nome del blitz antimafia del maggio 2006, su omicidi e tentati omicidi nell'Agrigentino.


FANARA Giuseppe alla pena dell’ergastolo, con isolamento diurno per la durata di un anno, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare.


FRAGAPANE Stefano alla pena dell’ergastolo in ordine all’omicidio di VACCARO NOTTE Vincenzo e al reato in armi connesso, alla pena dell’ergastolo in ordine all’omicidio di VACCARO NOTTE Salvatore e al reato in armi connesso, alla pena dell’ergastolo in ordine all’omicidio di ORETO Salvatore e ai reati connessi, alla pena dell’ergastolo in ordine all’omicidio di ALONGI Giuseppe e ai reati connessi, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare.


AQUILINA Giovanni alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno per la durata di un anno, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare.
FRAGAPANE Salvatore alla pena di anni diciotto, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare.

DETERMINA
La pena unica a carico di FRAGAPANE Stefano in quella dell’ergastolo, con isolamento diurno per la durata di due anni.

DICHIARA
FANARA Giuseppe, FRAGAPANE Stefano, AQUILINA Giovanni interdetti in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato d’interdizione legale, nonché decaduti dalla potestà dei genitori, ove sussistente.
FRAGAPANE Salvatore interdetto in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato d’interdizione legale durante l’esecuzione della pena.

«Sicania 2», inflitti tre ergastoli

Condannati in Corte d’assise i presunti responsabili degli omicidi
di Vincenzo e Salvatore Vaccaro Notte, di Salvatore Oreto e di Giuseppe Alongi
Carcere a vita per Stefano Fragapane, Giuseppe Fanara e Giovanni Aquilina
Tre ergastoli, una condanna a diciotto anni di reclusione e tre assoluzioni. Si è concluso con questa sentenza, emessa dai giudici della Corte d’Assise di Agrigento (presidente Franco Messina, a latere Lisa Gatto) dopo due giorni di camera di consiglio, il processo «Sicania 2», dal nome del blitz antimafia del maggio 2006, su alcuni omicidi e tentati omicidi perpetrati da Cosa Nostra nell’Agrigentino negli anni passati.

Il carcere a vita è stato inflitto a Stefano Fragapane, 29 anni, e Giuseppe Fanara, 51anni,entrambi di Santa Elisabetta, e a Giovanni Aquilina, 60 anni, di Grotte. Condannato a 18 anni Salvatore Fragapane. 52 anni, anch’egli di Santa Elisabetta.

Assolti, invece, gli altri tre imputati: Giuseppe Brancato, 50 anni, di Canicattì, (15 anni era stata la richiesta dei Pm per il tentato omicidio di Grassonelli), Francesco Leto, 75 anni, di Sant’Angelo Muxaro (10 anni chiesti dei Pm per associazione per delinquere di stampo mafioso), e Carmelo Milioto, 30 anni, di Santa Elisabetta, accusato di favoreggiamento. Nei suoi confronti era stato chiesto il proscioglimento per estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Gli omicidi oggetto del processo sono quelli dei fratelli Vincenzo e Salvatore Vaccaro Notte, assassinati perché si erano ribellati alle richieste della mafia, oltre a quelli di Filippo Cuffaro, Salvatore Oreto e Giuseppe Alongi, eliminati per contrasti fra le cosche.

Al centro dell’inchiesta anche i tentati omicidi di Salvatore Grassonelli di Porto
Empedocle, morto suicida in carcere, e di Silvio Cuffaro di Raffadali. La pubblica accusa è stata rappresentata dai Pm Rita Fulantelli e Gemma Miliani, le parti civili dagli avvocati Sciarrotta, Cacciatore, Cappello e Casalicchio, la difesa dei legali Collura, Castronovo, Pennica, Posante e Galluzzo.

lunedì 19 ottobre 2009

Procuratore Grasso: trattativa Cosa Nostra salvò vita a politici


Procuratore Grasso: trattativa Cosa Nostra salvò vita a politici

In un'intervista pubblicata oggi dal quotidiano "La Stampa", il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha detto che il tentativo di trattativa tra Cosa Nostra e potere politico avrebbe salvato la vita a molti esponenti politici.

Il magistrato ha detto anche che le indagini precedenti alla comparsa del cosiddetto "papello" - un documento che conterrebbe l'elenco delle richieste avanzate dai capi mafiosi allo Stato, la cui copia è oggi in possesso della procura di Palermo - avevano già accertato "in qualche modo" il tentativo della mafia di entrare in contatto col potere politico.

"E' processuale il contatto degli ufficiali del Ros, (Mario) Mori e (Giuseppe ) De Donno, con (l'ex sindaco di Palermo)Vito Ciancimino. Ed è processualmente accertato che alla mafia, in cambio della resa dei vertici, cioè della cattura di Riina e (Bernardo) Provenzano, fu offerto 'un ottimo trattamento per i familiari', un 'ottimo trattamento carcerario' e una sorta di 'giusta valutazione delle responsabilità', per dirla con le parole dell'allora capitano De Donno", ha detto Grasso nell'intervista.

Il procuratore ha spiegato che secondo le ricostruzioni degli inquirenti i capi mafiosi, e in particolare Riina, avrebbero progettato alcuni attentati (compreso uno contro lo stesso Grasso, che però non fu realizzato) per fare pressione in favore della trattativa, e dice che anche l'attentato di via D'Amelio contro il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta "potrebbe essere stato fatto per 'riscaldare' la trattativa".

All'inizio, ha detto Grasso, i mafiosi "pensavano di attaccare il potere politico ed avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di (Claudio) Martelli, (Giulio) Andreotti, (Carlo) Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perchè capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici".

Secondo Grasso, nella recente storia italiana "i contatti tra potere legale e illegale non sono stati rari".

"Lo stesso 'papello', di cui si parla tanto, aveva fatto - poco tempo prima - una diversa comparsa in forma minore", ha aggiunto il magistrato.

"Un 'papellino', si legge nelle carte processuali, potrebbe essere stato consegnato ai carabinieri del Ros, al colonnello Mori che nega lepisodio, da uno strano collaboratore dei servizi che chiedeva labolizione dellergastolo per i capimafia Luciano Liggio, Giovanbattista Pullarà, Pippo Calò, Giuseppe Giacomo Gambino e Bernardo Brusca".

La copia del presunto "papello" è stata consegnata ai magistrati lo scorso 14 ottobre dall'avvocato di Massimo Ciancimino, figlio di Vito, morto nel 2002. Secondo alcune fonti giudiziarie, l'ex sindaco avrebbe definito inaccettabili le proposte, come la revisione dei processu e la cancellazione della legge sui pentiti, e avrebbe apportato alcune personali modifiche al testo.