Le ordinanze di custodia cautelare sono state chieste dal procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili e dai pm Marcello Tatangelo (dda) e Letizia Mannella
18/10/2010 Sei persone sono finite in manette tra Lombardia, Calabria e Molise e sono in corso perquisizioni. Il caso riguarda la scomparsa di Lea Garofalo, 35 anni, alla quale nel febbraio del 2006, era stato revocato il programma di protezione, tra il 24 e il 25 novembre scorsi, prima di essere assassinata e sciolta nell’acido in un terreno nell’hinterland milanese. La donna, secondo quanto raccontato da alcuni pentiti, sarebbe stata anche interrogata dai suoi esecutori.
Dei sei provvedimenti, due sono stati notificati in cella a Carlo Cosco, ex convivente della donna – dalla relazione è nata una figlia ora maggiorenne – e a Massimo Sabatino. I due erano già stati arrestati a febbraio per un precedente tentativo di sequestro, avvenuto a Campobasso nel maggio dell’anno scorso, con lo scopo di uccidere la Garofalo per vendicarsi delle dichiarazioni da lei rese agli inquirenti, a partire dal 2002, contro alcuni affiliati alle cosche della 'ndrangheta di Petilia Policastro (Crotone).
Gli altri quattro destinatari del provvedimento del giudice Gennari sono i fratelli di Carlo Cosco, Giuseppe detto Smith (gli è stato contestato anche lo spaccio di stupefacenti) e Vito detto Sergio, e altre due persone, una delle quali accusata solo di distruzione di cadavere. Secondo l’indagine, Carlo Cosco ha organizzato l’agguato teso a Lea Garofalo proprio mentre questa si trovava a Milano con la figlia. Proprio con il pretesto di mantenere i rapporti con la ragazza, legatissima alla madre, Cosco ha attirato la sua ex nel capoluogo lombardo. Almeno quattro giorni prima del rapimento, ha predisposto un piano, contattando i complici, assicurandosi sia il furgone dove è stata caricata a forza, sia la pistola per ammazzarla «con un colpo», sia il magazzino o il deposito dove interrogarla, e infine l’appezzamento dove si ritiene sia stata sciolta nell’acido. La distruzione del cadavere, per inquirenti e investigatori, ha avuto lo scopo di «simulare la scomparsa volontaria» della collaboratrice e assicurare l’impunità degli autori materiali dell’esecuzione.
Autori che inquirenti e investigatori hanno identificato in Vito e Giuseppe Cosco, ai quali Lea Garofalo è stata consegnata dagli altri due complici destinatari dell’ordinanza e indicati come i rapitori. L’accusa di omicidio è stata ipotizzata con le aggravanti della premeditazione. A dare l’allarme per prima per la sparizione della donna era stata proprio la figlia della Garofalo e di Cosco.
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