domenica 31 ottobre 2010

Mafia, otto rinvii a giudizio Alcamo. Indagine «Dioscuri».

Ricostruiti gli assetti del mandamento della famiglia dei Melodia

Il gup di Palermo, Lorenzo Matassa, ha ieri rinviato a giudizio otto persone, accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, incendio, danneggiamento, detenzione illegale di armi e ricettazione.

L'indagine - denominata «Dioscuri», risultato di un lavoro investigativo condotto dal commissariato di polizia di Alcamo - coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato e dai pm della Dda Paolo Guido e Carlo Marzella, ha ricostruito nell'ambito del quinquennio 2004/2009 gli assetti del mandamento mafioso di Alcamo, controllato dalla «storica» famiglia mafiosa dei Melodia, strettamente legata al boss latitante Matteo Messina Denaro. Al capomafia ricercato i Melodia, da anni ai vertici del mandamento, avrebbero fatto riferimento in caso di dissidi con «famiglie» di altre zone.

Saranno processati a cominciare dal prossimo 13 gennaio dal Tribunale di Trapani Filippo Di Maria, Lorenzo Greco, Nicolò Melodia, Antonino Pedone, Stefano Regina, Gaetano Scarpulla, Felice Vallone, Tommaso Vilardi. Il gup ha invece deciso il non luogo a procedere per Antonino Marino, mentre verranno trattate nell'udienza del 18 novembre, sempre davanti a Matassa, le posizioni di Anna Maria Accurso, moglie dell'ergastolano Nino Melodia, e Diego Melodia. Anna Greco, nella stessa data definirà la propria posizione processuale col patteggiamento a due anni e due mesi.

Una indagine che suscitò clamore al momento della esecuzione degli arresti, perchè con il coinvolgimento di Filippo Di Maria finì con lo sfiorare la politica, per i rapporti che c'erano tra Di Maria e il senatore del Pd Antonio Papania, per il quale il gip nell'ordinanza attesta l'assoluta estranietà ai fatti oggetto dell'inchiesta. Ma dei rapporti tra Di Maria e il sen. Papania in modo abbondante ne parlavano gli altri indagati «mafiosi» ascoltati dagli inquirenti grazie alle intercettazioni, lo stesso Di Maria andava dicendo che il parlamentare per lui «era come un fratello», confidenza che però il senatore ha detto di non avergli mai concesso in questa maniera. Secondo l'imputazione l'«insospettabilità» di Filippo Di Maria avrebbe permesso allo stesso «di muoversi tra gli ambienti mafiosi e quelli della società e della politica. E però, come ha annotato il gip Antonella Consiglio, ad Alcamo non era del tutto sconosciuta la sua «vicinanza» con la famiglia Melodia, tanto che gli imprenditori che ricevevano richieste estorsive erano proprio a lui che si a rivolgevano «per vedere di sistemare le faccende».

Rino Giacalone

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