A 12 anni dall'omicidio di Giuseppe Mililli, uno dei boss vittima della faida dentro Cosa nostra nell'Ennese, la squadra mobile di Caltanissetta e di Enna hanno identificato gli autori del delitto. Si tratta di Gesualdo La Rocca, ritenuto il mandante, e dei presunti killer Salvatore Siciliano, Massimo Carmelo Billizzi, Francesco Ghianda e Sebastiano Montalto. Tutti sono in stato di detenzione per altri reati, con il solo Montalto ai domiciliari.
Ai cinque la polizia ha notificato una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Catania, Grazia Anna Caserta, su richiesta del procuratore capo della Repubblica Vincenzo D'Agata e del pm Fabio Scavone. Per tutti l'accusa e' di omicidio aggravato. Avrebbero agito con altri due complici (Fortunato Ferracane e Antonino Pitrolo), oggi collaboratori di giustizia, nonché con il boss Davide Emmanuello, deceduto.
Il corpo di Mililli fu cremato dagli assassini, in un fusto pieno di gasolio, per occultare l'omicidio. Il boss fu ucciso per aver rilevato un impianto di produzione di calcestruzzo nella zona del Dittaino, a Enna, in aperta concorrenza con un altro affiliato dello stesso clan della zona.
In particolare tra il 1995 e il 1998 un gruppo di fiancheggiatori dei Bernardo Provenzano e Giuseppe Piddu Madonia, composto da Ettore Tedesco, Giacomo Sollami e Vincenzo Giunta, si era insediato nella valle del Dittaino, nell'Ennese, e aveva rilevato un impianto di calcestruzzo in contrada Altarello Cuticchi.
Il clan ben presto sarebbe entrato in contrasto con un altro gruppo criminale, composto da Angelo Gangi di Aidone, anch'egli titolare di un impianto di calcestruzzo nella stessa zona, e Domenico Calcagno, entrambi vicini a Giovanni Mattiolo, Giuseppe Mililli e Giovanni Minacapelli.
Ad imporsi sarebbe stata la cosca in cui era inserito Mililli e che poteva contare sull'autorevole appoggio di personaggi di spicco del catanese. Mililli era considerato l'esattore del clan, riscuoteva il pizzo e si occupava degli affari illeciti della famiglia, pronto pero' a essere utilizzato in azioni sanguinarie da portare a termine anche presso altre province siciliane. A sua volta, Mililli faceva capo a Giovanni Mattiolo, rappresentante provinciale di Cosa nostra di Enna.
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