dominus era un fedelissimo di Brusca
I boss controllavano le attività nel campo delle costruzioni nella zona di Altofonte. In manette il pregiudicato Giuseppe Marfia e altri tre prestanome. Sequestrati beni per oltre cinque milioni di euro
PALERMO - I carabinieri del gruppo di Monreale hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere disposte dal gip di Palermo, su richiesta della Dda, nei confronti di persone accusate di intestazione fittizia di beni.
L'operazione conclude un'indagine dei militari dell'Arma durata due anni. L'inchiesta ha svelato il potere di condizionamento delle attività economiche nel campo dell' edilizia da parte di Cosa nostra e in particolare di Giuseppe Marfia.
I boss, secondo gli inquirenti, controllavano, infatti, alcune aziende del settore delle costruzioni. I carabinieri stanno procedendo al sequestro di cinque imprese edili e del relativo patrimonio, che ammonta a oltre 5 milioni di euro.
Attraverso una serie di imprenditori compiacenti aveva assunto il controllo totale dell'attività edilizia nella zona di Altofonte. Giuseppe Marfia, già condannato per mafia, uomo di fiducia di boss come Giovanni Brusca e Leoluca Bagarella, era il dominus incontrastato del settore e aveva il controllo di una serie di ditte di cui formalmente non risultava socio.
Marfia, ex sorvegliato speciale e destinatario, in passato, di un provvedimento di confisca era diventato socio occulto di una serie di imprenditori, una strategia già utilizzata dall'arrestato negli anni '90 quando attraverso una società intestata alla sorella curava gli interessi di Brusca e Bagarella.
Dietro ogni cantiere della zona di Altofonte e Misilmeri c'era lui, Giuseppe Marfia, nome noto in Cosa nostra. "Marfia - ha spiegato il colonnello dei carabinieri Pietro Salsano che ha arrestato il costruttore e tre suoi presunti prestanomi - non risultava formalmente in alcuna delle imprese aggiudicatarie di lavori privati, ma anche di appalti pubblici, però partecipava economicamente al fabbisogno delle ditte intestate ai suoi prestanomi e ne controllava l'attività".
Tra i lavori pubblici su cui Marfia stava cercando di mettere le mani anche quello della realizzazione del palazzetto dello sport di Altofonte. "Quello degli appalti pubblici - ha spiegato il procuratore di Palermo Messineo, che ha coordinato l'indagine - è un ambito delicato perchè la delicata normativa che impone la certificazione antimafia a chi partecipa ai bandi può essere aggirata".
"Ad esempio - ha aggiunto - col meccanismo dei subappalti. A volte poi il mafioso, vero dominus dell'impresa, figura come dipendente di ditte intestate a prestanomi incensurati".
Queste le persone arrestate dai carabinieri: Giuseppe Marfia, Salvatore Raccuglia, imprenditore, Andrea Di Matteo, presidente della Imp. Edil. Scavi e Giovanni Battista Inchiappa. Le imprese sequestrate sono la "Raccuglia Salvatore Giuseppe" di Altofonte, la Imp. Edil Scavi di Altofonte, la Nu.S. e Co. srl di Misilmeri, la MG Costruzioni di Marfia Giuseppe e la ditta individuale Antonelli Adele.
Mafia e cemento, caccia ai fiancheggiatori dei boss
Nuove indagini dopo l'operazione che ha portato all'arresto di quattro imprenditori tra Altofonte e Misilmeri nel Palermitano. Occhi puntati anche su architetti, ingegneri, un direttore di banca e un funzionario comunale
PALERMO. Dopo l'arresto di quattro imprenditori tra Altofonte e Misilmeri, comincia la caccia ai fiancheggiatori dei boss in provincia di Palermo. Il blitz di mafia dei giorni scorsi lascia ora spazio ad altre indagini. L'attenzione dei carabinieri, come si legge in un articolo di Vincenzo Marannano sul Giornale di Sicilia di oggi, è adesso concentrata su chi era più vicino ai quattro: nella lista, per esempio, c'è l’imprenditore amico che ha vinto la gara e poi l’ha affidata in sub appalto alle imprese vicine a Giuseppe Marfia, gli ingegneri e gli architetti che hanno seguito buona parte dei lavori, il direttore di banca che ha concesso mutui e dilazioni, il funzionario del Comune pronto a fare favori.
L'operazione, ha portato all'arresto degli imprenditori Giuseppe Marfia, Salvatore Giuseppe Raccuglia, Andrea Di Matteo, che è presidente della «Imp.Edil Scavi» di Altofonte e Giovanni Battista Inchiappa. La Procura aveva chiesto l’arresto anche per Maria e Caterina Raccuglia, di 30 e 28 anni, figlie di Salvatore; per la moglie di Inchiappa, Adele Antonelli, di 58 anni, e per Giuseppe Mannino, 55 anni, di Misilmeri, ma il gip Michele Alajmo ha respinto la richiesta. Al momento i quattro sono solo indagati a piede libero. Il blitz, oltre agli arresti, ha portato anche al sequestro di cinque ditte ritenute vicine a Cosa nostra.
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