venerdì 2 settembre 2011

Testimone di giustizia suicida, una petizione e un sit-in l'8 settembre

L’iniziativa indetta per l’8 settembre a Reggio, avviata da Antonia Lanucara, dalle parlamentari Angela Napoli, Maria Grazia Laganà, Doris Lo Moro, da Giovanna Ferrara, Rosy Perrne, Mimma Pacifici e il coordinamento donne di Fli Calabria

Una petizione con un sit-in all’insegna dello slogan «Chi collabora non deve morire più ingoiando acidi»: è quanto prevede l’iniziativa – prime firmatarie Antonia Lanucara, dalle parlamentari Angela Napoli, Maria Grazia Laganà, Doris Lo Moro, da Giovanna Ferrara, Rosy Perrne, Mimma Pacifici e il coordinamento donne di Fli Calabria - indetta per l’8 settembre a Reggio.

«In questo caldo agosto 2011 – riporta una nota - Maria Concetta Cacciola (in foto), testimone di giustizia, si toglie la vita a Rosarno ingerendo acido muriatico. È assalita dal dubbio sulla scelta che precedentemente ha compiuto. Il dubbio, forse, in lei è divenuto senso di colpa; il tormento non le ha dato tregua in quella realtà sconvolgente, forte nella sua violenza qual è la 'ndrangheta. Sorge spontanea, sulla scorta delle notizie di cronaca, la domanda: 'che cosa ha accomunato donne scomode a ricorrere all’acido muriatico?'. Noi donne calabresi intendiamo combattere qualunque tipo di violenza, anche al fine di evitare che questi gesti, che hanno portato al suicidio più donne, vengano liquidati come crisi a sfondo psichico. La violenza nei confronti delle donne è sotto gli occhi di tutti. Basti fare mente locale sugli omicidi (femminicidi) che si compiono sistematicamente per mano maschile».

«Le donne, ancora oggi – prosegue la nota – tentano di trovare un equilibrio tra le loro scelte e la famiglia; investono sempre e comunque dalla parte del cuore e di cuore ci si ammala e si muore. Maria Concetta ha conosciuto la violenza maschile e la violenza di 'ndrangheta. Questo è il punto da cui partire per comprendere come agire per essere accanto a donne coraggiose e leali che vogliono combattere la violenza subita. Maria Concetta ha scelto di aprire uno squarcio e poichè noi donne che scriviamo non siamo psichiatre non ci vogliamo attardare sulla sua eventuale 'depressione'. Lei ha paura e si ribella da donna, da madre, da figlia». «Questo suicidio che non è il solo – prosegue la nota – pensiamo a Tina Buccafusca, sulla quale è ricaduta la stessa sorte: bere acido e a quella più grave toccata a Lea Garofalo, sciolta nell’acido. Donne e madri calabresi chiamate da un triste e doloroso destino, scomode, sicuramente». La raccolta di firme prosegue in Calabria e fuori dalla regione.

'Ndrangheta, testimone di giustizia suicida: ''Ho detto cose che non esistevano''

Reggio Calabria - (Adnkronos) - La dichiarazione di Maria Concetta Cacciola, che si è tolta la vita il 22 agosto scorso, in un file audio pubblicato sul sito del settimanale ''Corriere della Calabria''. La registrazione è stata consegnata alla Procura di Palmi

Reggio Calabria, 1 set. (Adnkronos) - ''Ho detto delle cose allo scopo di andare via da casa. La mia cosa per fargliela pagare, la mia rabbia''. E' uno dei passaggi del messaggio audio lasciato da Maria Concetta Cacciola, la testimone di giustizia di Rosarno che si e' tolta la vita il 22 agosto scorso ingerendo acido muriatico. Il file e' stato consegnato alla Procura di Palmi, che ha aperto un fascicolo dopo la denuncia dei familiari per valutare se sussista l'ipotesi dell'istigazione al suicidio.

La donna, nel file audio che e' stato pubblicato sul sito del settimanale Corriere della Calabria, indica come data si registrazione il 12 agosto, specificando di trovarsi a casa da tre giorni. Spiega che la scelta di collaborare con la giustizia era dovuta a problemi in famiglia, al fatto che il padre e il fratello non la facevano uscire di casa e all'arrivo di lettere anonime. Cacciola confessa nella registrazione che ''ero disposta a dire cose che non c'erano, che non esistevano. Sempre perche' volevo andare via''.


La donna spiega di essere stata sentita dai magistrati ed essere stata trasferita a Cosenza, Bolzano e Genova. Durante la permanenza a Bolzano si e' pero' ravveduta ''ho capito cosa stavo combinando perche' per rabbia dicevo cose che non c'era'', confessa.

Maria Concetta Cacciola dice anche di aver chiesto l'assistenza di un legale ma i carabinieri le avrebbero risposto ''che non posso avere avvocati, un testimone non puo' avere avvocati''. Quando ha riferito alle forze dell'ordine che sarebbe voluta tornare a casa, le e' stato consigliato di non farlo perche' la famiglia e in paese non l'avrebbero piu' accettata.

Da Genova ha pero' chiamato la madre ed e' tornata in Calabria in automobile. ''Mio padre mi aveva perdonato'' ha detto chiaramente, aggiungendo che ''me ne sono voluta andare di spontanea volonta' mia''.
Alla fine della registrazione, Maria Concetta Cacciola afferma che ''e' da tre giorni che sono a casa mia tra mio padre, mia madre, i miei fratelli e i miei figli, e ho riacquistato la serenita' che cercavo''. Quindi aggiunge: ''Vorrei lasciata in pace in futuro e non essere chiamata da nessuno''.

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