E' partita il 15 settembre scorso dal carcere di Sulmona la missiva che Rocco Palaia ha inviato alla moglie Giuseppina Pesce, e che il pm Alessandra Cerreti ha depositato agli atti del processo “All Inside” definedola «inquietante».
Lettera che è arrivata nel carcere dove Giuseppina Pesce è detenuta il 20 settembre scorso ed è stata bloccata dal direttore che l’ha poi trasmessa alla Dda. Una pagina e mezza scritta in stampatello nella quale la Procura ravvede elementi tali da renderla «inquietante per il contenuto altamente minatorio nei confronti della moglie». Rocco Palaia, presunto affiliato alla cosca Pesce, scrive alla donna all’indomani della notizia del suo nuovo pentimento, contrariato dalla sua decisione: «Solo oggi ho ricevuto una tua del 21 luglio che mi avevi spedito a Palmi, ma nel frattempo sono partito per Bologna poi non so me l’hanno consegnata oggi. Io sono uscito dall’ospedale sabato 10 e lunedì mi hanno riportato a Sulmona e lunedì scendo per il processo. Ti puoi immaginare come sto operato fresco, non so se ti interessa ma credo che no. Come altro non so che dirti. Anzi pochi giorni fa ho saputo che stai facendo colloquio».
Palaia continua: «sono molto contento, ma mi domando da tanto tempo come mai tu ti sei anzi ci hai rovinato la vita a tutti, compresa la tua, solo per stare con i figli e non facevi colloqui. Avevo pensato di fare un annuncio sul giornale e quando ho capito ho bloccato tutto e niente so che ti trovi a Paliano. Ti vorrei chiedere un favore se ti era possibile. Lo so che i figli sono tutti uguali, era se ti dovrebbero dare la protezione cosa che non credo più, se mi potevi lasciare a ... (nome del figlio maschio, ndr) ... a bisogno di essere seguito a scuola e deve andare al doposcuola. Tu non sarai in grado di farlo».
La lettera continua con i riferimenti ai situazione familiare e Palaia scrive «ti prego di mettermi in cattiva luce con i tuoi. L’altro giorno in una lettera di tua madre gli dicevi che hai problemi con me, che voglio la separazione. Io questa parola non l’ho mai detta e pensata, io la testa ce lo sulle spalle e favoritisvi non ne ne faccio a nessuno. Io ho bisogno di mia moglie e dei miei figli. Niente altro e non credo di chiedere la luna».
In un altro passaggio Palaia invita la moglie, in caso di bisogno a rivolgersi a suo padre e aggiunge: «Di me non so se puoi tenere conto, non vorrei un giorno ritrovarmi in qualche problema che non c’entro e non è da pretendere credo e non pensare che questa parole non mi facciano male. Non c’è mattina che non mi alzo e la prima sei tu che mi viene in mente, ma purtroppo è andata così. E pensa che tu dovevi essere già fuori. Già da quando stavi a lecce, con la legge che è cambiata dei figli che da 3 l’anno portata a 6 anni, ma tu non hai voluto aspettare o non ti hanno fatto aspettare. Ora è andata oramai». L’ultimo passaggio è ritenuto particolarmente significativo: «Ma Dio c’è ed è pure grande. Ora ti lascio con un abbraccio e spero che Dio ti illumini».
Oltre che della lettera, il pm ha chiesto l’acquisizione la lettera di minacce scritta al sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, dal capo della cosca, Rocco Pesce, dal carcere di Opera nel quale è detenuto per scontare una condanna all’ergastolo. Le lettere di Palaia e quella di Rocco Pesce, secondo il pm, indicano che «è in atto una strategia minatoria neanche tanto occulta per sottoporre a pressione la collaboratrice di giustizia».
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