Affari D'Oro
In tempi di crisi, in tutta Italia si è verificato il proliferare dei negozi che acquistano oro. Fenomeno che ha punte altissime (e forte volatilità) a Roma, Napoli, Palermo. La polizia ritiene che nel 14% dei casi queste attività nascondano riciclaggio, usura e ricettazione
In tutta Italia sono seimila con un forte incremento dovuto alla crisi. Esplosione (più 30%) a Roma e Napoli, città ad alta presenza di malavita. Secondo la Polizia, il 14% compie operazioni illegali. Troppo facile ottenere il permesso. Ecco come si "lavano" grosse cifre con pochi gioielli acquistati da ignari cittadiniROMA - "Pignorava denti d'oro a persone in difficoltà, accusato di usura e riciclaggio gestore di sette "compro oro" a Roma". "Nella cassaforte aveva dieci chili di gioielli d' oro di cui non sapeva giustificare la provenienza. Denunciato per ricettazione 35 enne titolare di "compro oro"". "Indagine su negozi "compro oro", tredici indagati in provincia di Ragusa". Si potrebbe andare avanti per molto, scorrendo a ritroso l'archivio di Repubblica. Ma già i resoconti dell'ultimo mese sono sufficienti per percepire i lati oscuri di una attività che negli ultimi anni è letteralmente esplosa: 6 mila punti di compravendita di oro usato attualmente operanti in Italia, licenze quest'anno cresciute (secondo Movimprese-InfoCamere) del 23,5 per cento a livello nazionale rispetto al 2010, del 30 per cento a Roma e a Napoli, del 60 per cento negli ultimi tre anni nel Lazio e in Sicilia, del 30 per cento in Piemonte e Veneto. Un giro d'affari da 2,1 miliardi di euro all'anno.
Cifre che fotografano un business di successo, redditizio, fin troppo facile. Alimentato dalla crisi, certo. Ingrassato dalla corsa al rialzo dell'oro, passato dai 9 euro al grammo del 2001 ai 28 euro del 2010 (grazie al boom dei mercati indiano e cinese) per arrivare alla quotazione attuale di 42 euro al grammo. Sicuramente vendere oro oggi conviene, comprarlo no. Ma i fatti raccontano di un fenomeno commerciale che si diffonde anche perché diventato un punto di riferimento per gli affari delle mafie e non solo. Naturalmente, la gran parte dei compro oro lavora onestamente, tuttavia, grazie a una legislazione lacunosa e a un po' di maquillage fiscale, diventa semplice riciclare denaro, movimentare merce rubata, sostituirsi abusivamente a un banco dei pegni. Così si spiega l'ultima "tendenza" scoperta dalla polizia: il turn over delle licenze.
I "COMPRO ORO" ABUSIVI. "Almeno il 14% dei punti Compro Oro, un migliaio di negozi circa, svolge operazioni illegali - dice Edoardo Calabria, dirigente della polizia Amministrativa di Roma - e abbiamo notato che ultimamente aprono e chiudono nel giro di pochi mesi, spesso cambiando il solo titolare ma rimanendo nello stesso posto". A Roma, soprattutto. Nel 2011 sono state date dalla Questura della capitale 211 nuove licenze. Di queste 69 erano semplici cambi di proprietà, cioè persone che chiedevano la licenza per esercitare nello stesso "compro oro" di un altro che dopo appena 3-4 mesi aveva lasciato tutto. "Il turn over delle licenze è molto sospetto. Perché mai - si chiede Calabria - qualcuno dovrebbe abbandonare con tanta fretta un affare così redditizio, se non per evitare di dare nell'occhio e per sfuggire ai controlli?". E' quello che sta succedendo sulle grandi piazze. Roma, ma anche Milano, Palermo, Napoli. "Non è un caso - dice Calabria - sono città dove la presenza mafiosa (e quindi denaro liquido di provenienza illecita) è più diffusa. Metropoli dove l'incremento delle licenze non conosce rallentamenti"
COSI' RICICLANO CON I GIOIELLI. Il paradosso dei "compro oro" è che anche un nullatenente, col conto in banca a zero e zero esperienza nel settore, può aprirne uno in un mese e mezzo. Il rischio d' impresa, in questo momento di crisi, è quasi nullo. La licenza viene concessa dalla Questura in base a due soli requisiti: che il richiedente abbia la fedina penale immacolata e che il negozio dove eserciterà e dove pagherà in contanti gioielli e quant' altro gli sarà portato sia un luogo "visibile e riconoscibile". Quindi alla grossa criminalità, mafia, ' ndrangheta e camorra basta un prestanome qualsiasi per aprire una "lavanderia".
"Tecnicamente il giochino del riciclaggio è semplice - spiega un gestore di "compro oro", con la garanzia dell'anonimato - si fa una prima operazione di compravendita regolare. Vengono trascritti sul registro obbligatorio vidimato dalla Questura l'identità dell'oggetto, mettiamo un bracciale d' oro, e i dati dei documenti del venditore. Poi con la stessa carta d' identità di chi ha portato il bracciale si registrano decine di operazioni fittizie. Risulterà che il malcapitato ha portato in un mese dieci o più chili d' oro. Gioielli che non sono mai esistiti, ma che saranno contabilizzati dal titolare così da giustificare il denaro liquido in cassa quale frutto della fusione e della rivendita di oggetti mai arrivati e mai venduti". Soldi sporchi che all'improvviso ritornano in mano alle mafie immacolati e regolari, ripuliti dal loro "passato" di droga ed estorsioni.
"In media nelle casse di un negozio di compravendita oro passano 350 mila euro all'anno - spiega Raniero Razzante, presidente dell'Associazione Italiana Antiriciclaggio - il giro d' affari complessivo in Italia sfiora, secondo le nostre stime, i 2,1 miliardi di euro. Un dato interessante è quello della spesa sostenuta per la pubblicità: mediamente 40 mila euro a negozio. Ci chiediamo dove trovino così tanti soldi per tappezzare le nostre città di maxi affissioni e cartelloni"
ORO CHE SCOTTA. "Dove apre un compro oro - spiega Edoardo Calabria - di solito si verificano aumenti di furti e rapine. E' un effetto collaterale del fatto che i gestori disonesti pagano in contanti collanine, braccialetti, anticaglie d' oro senza registrarli, senza quindi accertarne la provenienza". Diventando così la valvola di sfogo della malavita, che ha sempre bisogno di disfarsi di bottini di rapine e quant' altro. A Bari l'hanno quantificato, questo sfogo. In città sono 40 i negozi che comprano l'oro usato. Secondo l'Osservatorio sulla legalità, furti, scippi e rapine sono aumentati del 70 % nelle zone ad alta concentrazione di "compro oro".
La filiera stessa del settore garantisce, dopo un paio di passaggi, l'impunità assoluta per il ricettatore. La collana rubata viene acquistata in nero, senza essere registrata. Subito viene spedita in una fonderia. Di fronte a un lingotto d' oro fuso, le tracce di ciò che è stato rubato si perdono. "L'oro è oro - dicono gli orafi - non ha odore, non ha sapore, una volta fuso è impossibile da riconoscere. Ci guadagnano tutti: il ladro e l'esercente disonesto".
"Naturalmente - ci tiene a precisare Calabria - nessuno vuole criminalizzare chi onestamente gestisce un compro oro. Nell'illegalità vive sono solo una piccola parte della categoria e la mancata registrazione delle operazioni è la prima delle irregolarità amministrative che riscontriamo nei nostri controlli".
SURROGATI DEL BANCO DEI PEGNI. La più recente "deviazione" criminale dei "compro oro" si intreccia con l'usura, altra piaga che si nutre di recessione. Eccone un esempio. "Un proprietario di compro oro a Roma - scrivono le cronache il 26 luglio scorso - acquistava gioielli d' oro, argento e orologi dai nomadi dei campi rom per poi rivenderli. E' stato arrestato per ricettazione, in cassaforte aveva 20 chili d' oro e10 d' argento, per un valore di 800 mila euro. Tra gli oggetti sequestrati anche gioielli che riceveva in pegno da persone in difficoltà economica e che rivendeva loro con un incremento del 20 % del prezzo". Risulta anche che il soggetto in questione stipulasse delle polizze al portatore, senza avere nessun titolo per farlo.
Insomma, il compro oro che si sostituisce al banco dei pegni e, dati alla mano, ne causa la crisi degli affari. E' ancora una volta l'esigenza di avere denaro liquido in tempi brevissimi e senza troppe domande che spinge chi ha debiti a rivolgersi ai compro oro abusivi. Una funzione, quella tipica dei monti di pietà, vietata per legge ai privati. In Parlamento si stanno discutendo due progetti di legge, uno della maggioranza e l'altro del centrosinistra, che se approvati dovrebbero garantire una regolamentazione più efficace di un settore dove non tutto quello che luccica, è oro.
FEDERICA ANGELI e FABIO TONACCI
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