RAVENNA- AVEVA LA PENSIONE, L'INDENNITA' DI ACCOMPAGNAMENTO E LE AGEVOLAZIONI
Incastrata dalle telecamere mentre sfreccia con bicicletta
Nei video ripresi di nascosto dalla Guardia di Finanza la si vede mentre gira in bicicletta per i viali alberati della città. E poi si ferma al semaforo facendo ben attenzione a quando attraversare, schiva un palo della pubblica illuminazione, va in banca e dispensa persino spiegazioni su un articolo di giornale. Ma soprattutto continua a fare il suo lavoro di parrucchiera in un negozio del centro di Lugo, nel Ravennate.
Nuove acconciature e messe in piega per le clienti, sebbene fosse completamente cieca secondo la Commissione medica che l’aveva visitata. Un’invalidità civile che le aveva consentito di ottenere la relativa pensione, l’indennità di accompagnamento e le agevolazioni previste dall’apposita legge. Per questo la donna - una sessantaduenne originaria di Bisignano (Cosenza) ma da anni trapiantata nella città romagnola - è stata denunciata a piede libero dalla Guardia di Finanza per truffa aggravata ai danni dello Stato. Una truffa che - secondo le indagini dei militari della locale tenenza - è andata avanti almeno dal giugno 2008, anno nel quale alla parrucchiera era stato riconosciuto un aggravamento della sua patologia presumibilmente legata a una malattia degenerativa. E così alla donna, difesa dall’avvocato Erica Appi, in totale sono arrivati quasi 43 mila euro tra pensione e indennità. Ai quali, per capire il suo reale reddito, vanno sommati i 15 mila euro circa che dichiarava ogni anno per il suo lavoro di parrucchiera. Per lei il Gip Antonella Guidomei ha già applicato la misura della sospensione preventiva della pensione, atto che, quando le è stato notificato, avrebbe letto e firmato senza bisogno di aiuto.
Gli accertamenti delle Fiamme Gialle coordinati dal Pm Isabella Cavallari erano partiti più di un anno fa dall’incrocio di due banche dati: da una parte la lista dei ciechi dell’intera provincia di Ravenna, dall’altra quello delle professioni. Dall’analisi erano usciti una ventina di nomi sui quali si erano concentrate le verifiche dei militari. È così che si era arrivati al nome della donna. I finanzieri avevano poi proceduto attraverso due filoni: le videoriprese, realizzate sia per strada che dal bar che si trova di fronte al negozio, e le audizioni dei medici che avevano visitato la sessantaduenne. La prima volta la parrucchiera si era vista riconoscere un trattamento di invalidità nel 1986 per quella che era stata definita cecità parziale. Secondo l’allora certificato dell’oculista, la donna poteva contare le dita di una mano a un metro di distanza. Inoltre, stando ad una revisione delle sue condizioni datata 1997, «deve essere accompagnata quando va in giro per strada». Tre anni fa nuovo presunto peggioramento, tanto che i medici avevano precisato che ora era solo in grado di contare le dita a pochi centimetri e solo se poste centralmente. E che non era certo possibile destinarla a qualsiasi attività lavorativa. La commissione, come di prassi per gli accertamenti degli stati di invalidità civile legati alla vista, era composta da un presidente, da due oculisti - uno designato dall’Ausl e uno dall’Unione italiana ciechi - e da un assistente sociale. Il parere dei medici non era in quell’occasione stato di totale accordo. Ma il loro operato è finito comunque al vaglio della magistratura. La Finanza vuole insomma capire come mai una donna che al massimo secondo i certificati avrebbe potuto percepire la differenza tra luce e ombra, in realtà potesse sfrecciare ogni mattina in bici per andare al lavoro.
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