lunedì 24 ottobre 2011

'Ndrangheta. Inchiesta "Crimine" Gratteri chiede 118 condanne

La richiesta del procuratore Nicola Gratteri nei confronti dei 118 imputati a pene pesantissime, molte delle quali a vent'anni


Pene pesantissime molte delle quali superiori a 10 anni di carcere e la richiesta di condanna per 118 imputati. Si è conclusa la requisitoria del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri (in foto), nel processo con rito abbreviato a 120 imputati coinvolti nell’inchiesta Crimine, condotta nel luglio dello scorso anno dalle Dda di Reggio e Milano con l’arresto di oltre 300 persone. La condanna più pesante, 20 anni, è stata chiesta, tra gli altri, per il capo «Crimine», Domenico Oppedisano, di 81 anni, di Rosarno (Rc).


Oltre che per Oppedisano, Gratteri ha chiesto la condanna a 20 anni di reclusione, determinata calcolando lo sconto di un terzo sulla pena previsto dall’abbreviato, anche per i presunti capi di numerose cosche della provincia reggina.

Venti anni di reclusione, dunque, sono stati chiesti per Mario Gaetano Agostino (67), di Carpanzano (Cosenza); Rocco Aquino (51), di Marina di Gioiosa Jonica; Isidoro Cosimo Callà (53), di Mammola; Giuseppe Commisso (65), di Siderno; Nicola Gattuso (46), di Reggio Calabria; Bruno Gioffrè (50), di San Luca; Remingo Iamonte (53), di Melito Porto Salvo; Rocco Lamari (46), di Laureana di Borrello; Cosimo Giuseppe Leuzzi (57), di Stignano; Vincenzo Longo (48), di Polistena; Filiberto Maisano (79), di Palizzi; Giuseppe Marvelli (58) di Careri; Paolo Meduri (80), di Reggio Calabria; Bruno Nesci (60), di San Pietro di Caridà; Giuseppe Trapani (60), di Roghudi.

Gratteri ha anche chiesto due assoluzioni, per Michele e Vincenzo Archinà, di 34 e 35 anni, di Siderno. L’inchiesta «Crimine» ha svelato il nuovo volto della 'ndrangheta: non più un insieme di cosche, famiglie o 'ndrine scoordinate e scollegate tra loro, ma un’organizzazione di tipo mafioso, segreta, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice che prendono e ratificano le decisioni più importanti.

GRATTERI: "SARA' UNA SENTENZA STORICA PER L'ITALIA"
«Sarà una sentenza importante dal punto di vista giudiziario, storico, sociologico, antropologico. Sarà una sentenza che apparterrà alla storia non solo della Calabria ma dell’intero Paese». Così il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, nella sua requisitoria al processo «Crimine», al termine della quale ha chiesto la condanna di 118 imputati. Storica, ha proseguito Gratteri perchè «in questo procedimento non ci sono alchimie, non ci sono magheggi o voli pindarici. Questo procedimento è stato riempito di contenuti, soprattutto, dalla voce degli attori protagonisti, e cioè degli odierni imputati».

Un chiaro riferimento, quello di Gratteri, alle numerose intercettazioni agli atti, ma soprattutto «questa volta abbiamo anche i video nei quali s'immortala il neo-eletto del 19 agosto, capo crimine, ricevere gli auguri, dargli la legittimazione della nuova e superiore carica, proprio davanti la madonna di polsi. Questa volta, c'è proprio di tutto e di più per consacrare, in una sentenza, quello che ripetiamo da decenni», cioè l’esistenza «della provincia intesa come struttura sovraordinata a regolamentare la politica criminale, l’osservare e far osservare le regole ai rappresentanti e ai partecipi dei locali».

GRATTERI: «OPPEDISANO "CUSTODE DELLE REGOLE"»
iL procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri, nella requisitoria al processo «Crimine» ha parlato anche della figura di Domenico Oppedisano: «E' una sciocchezza definire capo "Crimine" Domenico Oppedisano» il Riina della Calabria. Oppedisano è il "custode delle regole" e la sua nomina è «frutto di un compromesso». I difensori, ha proseguito Gratteri, «per sminuire la portata di questa indagine, cercheranno di sminuire il capo Crimine Domenico Oppedisano dicendo che una mafia così ricca non può avere a capo un povero contadino, venditore di piantine e verdure nei mercati. Questa analisi potrebbe avere una sua valenza se ci adagiassimo su ciò che è stato detto, subito dopo gli arresti del 13 luglio, da parte di cosiddetti addetti ai lavori, o studiosi, i quali nel presentare quest’importante indagine hanno esordito dicendo: «abbiamo arrestato il Riina della Calabria, abbiamo scoperto la cupola come Cosa nostra. Per noi questa è una sciocchezza».

«Oppedisano – ha detto ancora Gratteri – è il custode delle 12 tavole, è il custode delle regole, apre e chiude i locali, osserva e fa osservare le regole, anche i locali al nord ed all’estero fanno riferimento al crimine. L’uccisione di Carmine Novella. La nomina di Oppedisano è il frutto di un compromesso, dopo la morte di 'Ntoni Pelle 'Gambazzà; compromesso tra le forze della 'ndrangheta jonica e le forze della 'ndrangheta della piana, e come in tutti i compromessi non si sceglie mai il migliore. Ma Oppedisano non è anche il povero vecchio, morto di fame che si vuol fare apparire. Ha una storia antichissima di 'ndrangheta. Ed era di casa a Polsi».

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