sabato 30 aprile 2011

Reggio, caso Fallara. L'inchiesta si divide in tre parti

Divisa l’inchiesta sulla gestione delle casse del Comune di Reggio Calabria. E ora affiorano contributi e consulenze senza alcuna delibera
 
Emergono episodi inquietanti dall’inchiesta sul caso Fallara soprattutto per le modalità in cui, negli ultimi anni, sono stati gestiti i soldi del comune di Reggio Calabria. La Procura della Repubblica ha deciso di dividere l’inchiesta in tre diverse trance. Due riguardano episodi già accertati, la terza è invece riferibile ai nuovi falsi che stanno continuando ad affiorare man mano che l’indagine va avanti. In questo caso si tratta evidentemente di quello che diventerà il troncone più importante sia in termini di volume di denaro illegittimamente liquidato “a terzi” che sul piano delle persone coinvolte.


Gli episodi riguardano non solo l'anno 2010, ma anche quello precedente. I magistrati e tre periti hanno infatti appurato che alcuni pagamenti e contributi pubblici (già una decina) assegnati sia a singoli che ad associazioni non hanno alcuna pezza giustificativa. Per essere più chiari, a fronte del mandato di pagamento che deve fare riferimento necessariamente ad una delibera o ad una determina (con tanto di numero e data), quando i magistrati sono andati a cercare riscontri semplicemente si sono accorti che non esistevano. Insomma nessuna giustificazione documentale. E si parla di falsi, o apparentemente tali, per alcune centinaia di migliaia di euro. In questa parte d'inchiesta anche il caso delle persone assunte a tempo determinato con contratti semestrali direttamente dalla Fallara, senza alcun criterio selettivo o decisione degli organi politici. Persone (almeno 6) che venivano presi come collaboratori all’assessorato con mansioni minori, su decisione diretta della dirigente, come se si trattasse di un’azienda di famiglia.

Gli altri due filoni dell’indagine riguardano fatti che sono invece già stati accertati con una certa precisione. Per la Procura la dirigente del comune, morta suicida a dicembre scorso, si sarebbe autoliquidata indebitamente per aver partecipato alla Commissione tributaria provinciale, somme pari a 792 mila euro.

L’ultimo filone d’indagine riguarda le retribuzioni per consulenze all’architetto Bruno Labate. Il professionista, legato affettivamente alla dirigente dell’uffici Finanze di Palazzo San Giorgio, avrebbe intascato illegittimamente somme che vanno dai 600 ai 700 mila euro (180 mila euro li ha già volontariamente restituiti nei mesi scorsi). Soldi ufficialmente liquidati dalla dirigente del comune per consulenze varie rispetto a progetti che in realtà non furono mai finanziati e quindi neppure realizzati.

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