Il nome dell'uomo fermato ieri a Palermo per l'attentato a Paolo Borsellino era già venuto fuori in altre inchieste. Nelle scorse settimane aveva deciso di collaborare, poi il ripensamento
PALERMO. E' stato fermato per l'attentato a Paolo Borsellino ma il nome di Fabio Tranchina, "picciotto" della cosca di Brancaccio, ricorre anche nelle inchieste per la strage di Firenze del 1993 e per vari delitti della cupola.
Alcuni erano solo progetti che miravano a eliminare collaboratori di giustizia. Ma in un caso la mafia si era spinta all'organizzazione di un agguato al vice questore Rino Germanà. Accade il 14 settembre 1992. Germanà, impegnato nelle indagini sulle cosche trapanesi e su Matteo Messina Denaro allora boss emergente, venne intercettato sul lungomare di Mazara del Vallo. Solo per la sua prontezza di riflessi riuscì a sfuggire ai colpi esplosi da Messina Denaro, Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano.
Tranchina avrebbe svolto in quella occasione un ruolo di appoggio al commando. Ne ha riferito lui stesso con i magistrati della Procura di Firenze nel primo interrogatorio del 16 aprile. In quella occasione non ha parlato solo delle stragi ma anche della struttura della cosca di Brancaccio di cui è "reggente" il cognato Cesare Lupo. Il 17 aprile, nel frattempo raggiunto dalla moglie che è la sorella di Lupo, ha detto di trovarsi in uno stato di "confusione" e di non essere quindi in grado di proseguire l'interrogatorio. Da quel momento non ha voluto più rispondere alle domande dei magistrati.
Per qualche giorno gli uomini della Dia lo hanno tenuto sotto controllo nel luogo in cui era ospitato. E quando Tranchina ha deciso di rientrare a Palermo è scattato il fermo. I provvedimenti sono stati emessi dalla Procura di Caltanissetta che indaga Tranchina per la strage di via D'Amelio e dalla Procura di Palermo che lo indaga per associazione mafiosa. Domani davanti al gip Michele Alajmo si terrà l'udienza di convalida del fermo. Entro 20 giorni un'altra udienza di convalida si terrà davanti al gip di Caltanissetta.
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