Tra indiscrezioni e ombre ancora da diradare, si fa largo un primo squarcio di verità sull’atroce morte di Vittorio Arrigoni nella Striscia di Gaza. A rivelarlo, le confessioni attribuite oggi a due militanti salafiti ultra-integralisti arrestati ieri dalle autorità di Hamas, al potere nell’enclave palestinese, nel quadro delle indagini sul rapimento e l’uccisione del volontario italiano.
I due, secondo quanto riferito all’agenzia Ansa da fonti investigative, avrebbero ammesso di essere stati rispettivamente il killer di Arrigoni (l’uomo che risulta averlo strangolato con le proprie mani, con un cavo metallico o qualcosa di simile) e un basista coinvolto nella logistica del sequestro. Le loro identità restano peraltro ignote, come pure quella della terza persona arrestata, per sospetta complicità diretta nel crimine, che a differenza dei primi due non ha ancora la veste di reo confesso. Mentre trapela evidente il desiderio di Hamas di trarsi d’imbarazzo dopo l’assassinio di un sostenitore incondizionato della causa palestinese, che da anni viveva apparentemente come uno di casa nella Striscia.
Un imbarazzo tanto più sentito in quanto almeno due degli arrestati, stando alle indiscrezioni di fonti solitamente bene informate a Gaza, sono ex miliziani del braccio armato di Hamas (le Brigate Ezzedin al-Qassam), passati di recente - come altri compagni - a uno dei gruppuscoli salafiti, su posizioni ancor più estremiste. Fonti di una delle sigle salafite più note a Gaza hanno intanto riconosciuto che il crimine è stato opera di una loro cellula, che hanno definito tuttavia »fuori controllo« nel trasparente intento di prenderne le distanze. Le fonti, che parlavano a nome di "al-Tawhid wal-Jihad" - una della fazioni ultrà ispirate agli slogan jihadisti di Al Qaida - hanno negato che l’azione sia stata ordinata dai vertici del gruppo. «È stata un’iniziativa incomprensibile, compiuta da una cellula impazzita, fuori controllo, e che contrasta con l’insegnamento dell’Islam e i nostri interessi», hanno insistito le fonti, confermando che le milizie di Hamas hanno arrestato finora «almeno tre militanti» salafiti nell’ambito delle indagini in corso.
E questo senza contare i controlli, le retate e i fermi a tappeto di cui si vocifera nella Striscia: segno lampante della necessità di Hamas di rinsaldare l’immagine di un potere forte - rivendicato come stabile ancora ieri dal premier, Ismail Haniyeh - sulla cui tenuta e sulle cui ambiguità l’epilogo repentino e sanguinoso del caso Arrigoni sembra in realtà proiettare, a parere di alcuni analisti e di voci critiche locali, più di un interrogativo. La salma dell’attivista italiano, dopo gli omaggi popolari di ieri, resta nel frattempo custodita nell’obitorio dell’ospedale Shifa di Gaza City. Potrebbe essere trasferita in Egitto domani, o più probabilmente dopodomani, tramite il valico di Rafah, per poi proseguire verso l’Italia. Lo si è appreso da fonti palestinesi ufficiali stando alle quali una legale italiana è partita proprio oggi per il Cairo, per conto della famiglia di Arrigoni, per occuparsi delle procedure necessarie. La famiglia, come ha confermato la madre dell’ucciso, Egidia Beretta, vorrebbe evitare il passaggio del feretro attraverso Israele, per rispetto alla memoria dello scomparso e alla sua irriducibile battaglia contro le politiche israeliane nei territori palestinesi. Battaglia che in almeno due casi costò a Vittorio Arrigoni provvedimenti di fermo da parte delle autorità dello Stato ebraico e periodi di detenzione. Parlando della sua uccisione, alcuni esponenti di Hamas non hanno mancato di richiamarsi nelle ultime ore alla tradizionale retorica anti-israeliana, accusando gli assassini di «fare il gioco del nemico sionista».
In termini concreti, però, la pista dei militanti salafiti - indicata a più riprese - continua a essere chiaramente sottolineata dietro il delitto: sebbene la linea ufficiale ridimensioni il loro peso a quello di «degenerati» e di «elementi isolati». Haniyeh, che non ha usato mezzi termini per condannare l’assassinio di colui che ha definito un «nostro martire», ha confermato da parte sua che una strada della Striscia avrà presto il nome di Vittorio Arrigoni. Mentre in ossequio alla memoria del pacifista italiano si sono susseguite anche oggi, a Gaza come nella Cisgiordania controllata dai moderati dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), manifestazioni di cordoglio e solidarietà.
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