01/10/2010 Tra le persone arrestate ieri nell'ambito dell’operazione «Epilogo» dei carabinieri, c'è anche un consigliere comunale di Cardeto. Si tratta di Giovanni Morabito (in foto al momento dell'arresto), consigliere di maggioranza del comune montano e indicato dal gip come un emissario dei vertici della cosca. Tra gli indagati anche un assessore dello stesso comune, eletto come Morabito in una lista civica di centrodestra. L'operazaione ha consentito di disarticolare la cosca Serraino, egemone nel tratto di territorio che dalla zona sud di Reggio Calabria porta in Aspromonte.
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti le azioni criminali sarebbero state determinate da alcuni contrasti all’interno degli uffici giudiziari di Reggio Calabria. La bomba fatta esplodere il 3 gennaio scorso davanti al portone della Procura generale di Reggio sarebbe stata un messaggio della cosca Serraino della 'ndrangheta, che non avrebbe gradito la revoca di un fascicolo ad uno dei magistrati dell’ufficio, Francesco Neri. L’inchiesta sul caso dell'attentato, condotta dalla Dda di Catanzaro, ha portato all'emissione di informazioni di garanzia nei confronti di quattro affiliati alla cosca.
Gli avvisi sono stati notificati dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria contestualmente all’esecuzione di 22 ordinanze di custodia cautelare per associazione mafiosa contro altrettanti esponenti del gruppo Serraino. Tra le persone che sono state arrestate (sette dei destinatari dei provvedimenti si sono resi irreperibili) ci sono i quattro indagati per la bomba alla Procura generale: Antonino Barbaro, di 24 anni; Felice Lavena (28); Ivan Valentino Nava (25) e Nicola Pitasi (31). È stato anche sequestrato lo scooter che fu utilizzato dalle due persone che collocarono la bomba e che era ancora in uso a Felice Lavena.
Reggio: Operazione "Epilogo" per la bomba al Pg Di Landro, 22 indagati
Operazione ieri mattina dei carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e del Ros per l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 22 persone accusate di essere affiliate alla cosca Serraino della 'ndrangheta. Nel provvedimento, emesso dal gip di Reggio Calabria su richiesta della Dda, si contesta il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata ad estorsione aggravata, danneggiamento e minaccia aggravata, porto e detenzione abusiva di armi, intestazione fittizia di beni ed oltraggio. La Dda ha anche disposto il sequestro di beni mobili, immobili e attività commerciali per un valore di un milione e mezzo di euro che erano nella disponibilità della cosca Serraino.
Quattro delle 22 persone arrestate sarebbero coinvolte proprio nell’attentato del 3 gennaio,e accusate di avere organizzato ed eseguito l’attentato. Si tratta di Antonino Barbaro, 24 anni; Felice Lavena di 28, Ivan Valentino Nava di 25, Nicola Pitasi di 31. Il procuratore aggiunto Salvatore Murone, titolare dell’inchiesta, ha disposto perquisizioni nei loro confronto e di altre 6 persone. Secondo il magistrato, in particolare, Felice Lavena risulta possedere un motociclo Honda Sh300, che avrebbe caratteristiche identiche, per marca e tipo, a quelle utilizzate dagli autori dell’attentato del 3 gennaio scorso. Peraltro, il motociclo avrebbe un particolare relativo alla targa «suscettibile – scrive il magistrato – di ulteriore, specifico approfondimento di indagine».
Coinvolte nell'operazione denominata "Epilogo" anche i responsabili dell’intimidazione compiuta a Reggio Calabria contro il giornalista Antonino Monteleone, al quale fu incendiata l’automobile, parcheggiata nei pressi della sua abitazione. L’operazione di oggi ha consentito di individuare, secondo quanto hanno riferito i carabinieri, una componente organica della cosca Serraino, operante nel quartiere San Sperato di Reggio Calabria e nel comune di Cardeto (Rc), di definirne gli interessi criminali e di fare luce su alcuni fatti delittuosi compiuti sul territorio.
IL MOVENTE
Per quanto riguarda il movente dell’attentato compiuto il 3 gennaio scorso a Reggio, contro la sede della Procura generale, sarebbe da ricondurre, secondo gli inquirenti, ad una reazione della cosca Serraino dopo che il procuratore generale Salvatore Di Landro, poco dopo il suo insediamento avvenuto nel novembre del 2009, aveva deciso di revocare alcuni fascicoli processuali al sostituto Francesco Neri. Dai contrasti e dalle contestazioni fatte dal procuratore generale Di Landro a Neri infatti, è scaturita l’apertura nei confronti di quest’ultimo, nel marzo scorso, della procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale da parte della Prima commissione del Csm. Il procedimento si è concluso con l’adozione di una misura cautelare a carico di Neri, con il trasferimento del magistrato ad altra sede ed altre funzioni. Neri ha assunto successivamente la carica di consigliere della Corte d’appello di Roma. A Neri era stato contestato, in particolare, di avere avuto come difensore, nei procedimenti disciplinari avviati a suo carico, lo stesso avvocato che assisteva uno degli imputati per l'omicidio della guardia giurata Luigi Rende, avvenuto il primo agosto del 2007 nel corso di una rapina. Nel corso del processo per l’assassinio di Rende, conclusosi con la conferma dei cinque ergastoli comminati in primo grado, Neri fu sostituito, come rappresentante della pubblica accusa, su decisione del procuratore generale Salvatore Di Landro. A Neri è stata anche contestata l’avocazione del procedimento penale a carico dell’ex consigliere regionale della Calabria del Pdl Alberto Sarra, avocazione successivamente annullata dalla Corte di Cassazione.
Neri: "Nessun contrasto con Di Landro"
«Col procuratore Di Landro non ho mai avuto alcun contrasto. Mi vedo coinvolto in una situazione in cui mi ritengo assolutamente incolpevole». E' quanto ha dichiarato all’ANSA l’ex sostituto procuratore generale di Reggio Calabria, Francesco Neri, facendo riferimento all’ipotesi che l'attentato alla Procura generale del 3 gennaio sia da collegare a contrasti tra lui ed il capo dell’ufficio, Di Landro.
«Sono stato io – ha aggiunto – a concordare con Di Landro la mia sostituzione nel processo per l’omicidio della guardia giurata per il fatto che il difensore di uno degli imputati era anche un mio legale. E per tutto il processo non ho mai adottato comportamenti favorevoli alla cosca Serraino».
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