Lo ha emesso la Procura della Repubblica di Palmi nei confronti di un giovane irreperibile. Il movente si smonta l’ipotesi dell’agguato maturato in ambito mafioso
La Polizia cerca un giovane del luogo che si è reso irreperibile subito dopo l’omicidio di Enzo Priolo e sul quale pesa gravemente il sospetto che possa essere stato lui a premere il grilletto della pistola calibro 9 per 21 con la quale la mattina dell’otto luglio scorso sulla Statale 111 intorno alle 9 di mattina ha colpito mortalmente alla testa e al torace Priolo che è morto dopo il suo ricovero all’ospedale di polistena. La Procura della Repubblica di Palmi diretta da Giuseppe Creazzo che coordina le indagini sul grave fatto di sangue, ha emesso un provvedimento di fermo del soggetto ricercato, il quale ha davanti a se due scelte concrete: o presentarsi agli inquirenti e chiarire la sua posizione oppure rischiare di essere oggetto di una possibile vendetta da parte di qualcuno. Del destinatario del provvedimento, del quale non è stato reso noto il nome, si sa che è sparito dalla circolazione nelle ore successive all’omicidio.
La Polizia è convinta che l’allontanamento volontario del giovane su cui pende il fermo giudiziario emesso dalla Procura di Palmi possa essere legato anche alla preoccupazione di quest’ultimo di fuggire alla possibile reazione furiosa dei parenti di Priolo, che ricordiamo non solo è cognato di Mommino Piromalli nipote quest’ultimo dei più noti Mommo e Peppino Piromalli, ma Priolo è anche imparentato in qualche modo con Nino, Pino e Gioacchino Piromalli per via di un fratello del padre che ha sposato una sorella di questi ultimi.
L'operazione 'Crimine 3' ha delineato compiutamente la struttura del cartello calabrese implicato nel narcotraffico, costituito da un consorzio tra le cosche Jerinò di Gioiosa Jonica, Aquino di Marina di Gioiosa Jonica, Bruzzese di Grotteria, Pesce di Rosarno e Commiso di Siderno. Con il consorzio di cosche reggine erano collegati anche esponenti di Cosa Nostra siciliana, ed in particolare alla famiglia di Carini (Palermo), alcuni dei quali recentemente rientrati in Italia dopo un lungo esilio negli Stati Uniti, determinato dalla guerra di mafia degli anni '70 – '80. Proprio negli Stati Uniti, secondo quando emerge dalle indagini, si erano peraltro coagulati gli interessi delle componenti siciliane e calabresi, rappresentati oltreoceano dall’indagato Roccisano Vincenzo, broker degli Jerinò, degli Aquino e dei Commisso.
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