domenica 24 luglio 2011

«A Melania questo non piaceva» Così Parolisi si tradì la sera dopo

La deposizione di un collega di Salvatore: era appena scomparsa e ne parlava già al passato



ASCOLI PICENO - La sera del 19 aprile, cioè appena trenta ore dopo la scomparsa di Melania, Salvatore Parolisi parlava di lei già al passato. Lo si scopre rileggendo una delle duemila pagine dei cinque faldoni dell’inchiesta appena passata alla procura di Teramo, la 1.090. E’ la testimonianza completa -e non il sunto che se ne conosceva finora attraverso il rapporto del Ros di Ancona- di Raffaele Pagano, caporal maggiore del 235° Reggimento Piceno proprio come Parolisi. Il 19 maggio, intorno alle quattro di pomeriggio, Pagano racconta ai carabinieri di quella sera di un mese prima e offre ricordi nitidissimi: «Ci dirigemmo verso Colle San marco da Folignano, per una strada che io non avevo mai fatto. A San Marco trovammo i parenti della moglie di Parolisi e al riguardo ricordo che all’arrivo di uno zio della moglie, rivolgendosi al suocero, diceva: cosa è venuto a fare questo qui che a Melania non gli piaceva e nemmeno a me piace. Della frase mi colpi il fatto che lui parlava della moglie al passato quando ancora non si sapeva della sua morte». Ma non nota, Pagano, quello che poi gli investigatori avrebbero notato. Parolisi non si serve solo di un verbo al passato -errore perfino comprensibile nella concitazione di quei momenti- ma lo accosta lucidamente e con proprietà di linguaggio a un presente, al suo presente, a quel «nemmeno e me piace» che oggi fa venire i brividi. Come fa venire i brividi un’altra annotazione del caporale Pagano, che si riferisce a tutto il pomeriggio precedente, passato da Parolisi inspiegabilmente in caserma invece che sulla scena delle ricerche: «In realtà non è che mostrasse eccessiva preoccupazione per la situazione anche se ormai erano più di 24 ore che la moglie non si trovava». Questo dell’uso dei verbi è un rompicapo abbastanza classico.

Ci si interroga ancora -ancora oggi che Parolisi è in carcere, accusato di aver ucciso Melania con l’aggravante della crudeltà- su alcune intercettazioni, sui famosi soliloqui del caporalmaggiore nella sua auto imbottita di microspie. A un certo punto sembra chiaro agli investigatori che lui sappia di queste cimici e che voglia costruirsi una serie di piccoli spot difensivi, e lo fa cambiando verbo: «Che cosa ho fatto di male per meritare tutto questo...tutta questa vergogna, perché sono un deficiente, ma se lo prendo chi è stato con le mie mani a quel bastardo... anzi quei bastardi, se li prendo tutti a questi bastardi». Un po’ come il Michele Misseri di Avetrana che quando deve parlare del trasporto della piccola Sarah da casa sua al pozzo, prima se ne addossa tutta la responsabilità e poi usa il «noi». Si domandano comunque i carabinieri: cosa fa pensare a Parolisi che i responsabili siano più di uno? E il pensiero va alla drammatica conversazione telefonica con la sorella, il 25 maggio, quando Salvatore per la prima volta allarga i suoi discorsi alla caserma («ma sai quante altre cose escono in mezzo...») e poi conclude: «Mi dispiace che ci ha rimesso Melania». Che colpa ha pagato la donna? Perché collega l’omicidio alla caserma? Da ieri, comunque, a occuparsi della «personalità camaleontica» del marito di Melania Rea sono i pm teramani Greta Aloisi e Davide Rosati. La Aloisi fu la prima ad accorrere, nel pomeriggio del 20 aprile, al bosco delle casermette per un sopralluogo dopo il ritrovamento del cadavere della donna. Solo il giorno dopo l’inchiesta venne dirottata su Ascoli per rimanerci tutti questi tre mesi, il tempo di stabilire che in provincia di Teramo non solo era stato trovato il corpo ma anche commesso il delitto. Aloisi e Rosati proveranno sicuramente a sciogliere uno dei misteri rimasti irrisolti, cercheranno di dare un’identità al telefonista che da una cabina pubblica di Piazza San Francesco, nel pieno centro di Teramo sotto l’occhio di telecamere che purtroppo non funzionavano, avvertì i carabinieri che il corpo senza vita di Melania si trovava lassù, tra i boschi del poligono di tiro che il marito conosceva così bene. Chi è quell’uomo, a chi appartiene quella voce impaurita di anziano? Cosa ha visto e non ha detto nel dare l’allarme? Può aver addirittura notato chi ha inferto le coltellate post mortem sul corpo di Melania probabilmente quella mattina stessa? La famiglia della giovane mamma di Somma Vesuviana sarà ad Ascoli probabilmente lunedì o martedì, per incontrarsi con l’avvocato Gionni, il legale che hanno nominato quando hanno deciso di costituirsi parte civile, e con il professor Carlo Buccilli dell’università di Napoli, il consulente medico legale che hanno scelto. Il loro obbiettivo in questo momento sembra uno solo: ottenere l’affidamento della piccola Vittoria.

Nino Cirillo

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