Ascoli, il gip deve decidere sulla richiesta di arresto per il marito di Melania
ASCOLI
No, non sono stati il timore di inquinamento delle prove o del pericolo di fuga a spingere la procura a chiedere l’arresto di Salvatore Parolisi, accusato di aver massacrato con 32 coltellate la moglie Melania Rea, il 18 aprile scorso.
L’efferatezza del delitto, la lucidità con cui ha agito (anche nei giorni successivi) e, soprattutto, l’aver esposto la figlia di 21 mesi a una simile situazione (la piccola dormiva verosimilmente in auto mentre la mamma veniva uccisa nel bosco a Ripe di Civitella), per la pubblica accusa rendono il caporalmaggiore dell’Esercito un soggetto «estremamente pericoloso». In altre parole: potrebbe uccidere ancora.
Davvero il fascinoso istruttore della caserma femminile Clementi è uno spietato assassino? Il gip Carlo Calvaresi, sta valutando se accogliere o no la richiesta della custodia cautelare presentata dal pm Umberto Monti. I documenti da esaminare sono tanti, più di mille pagine, tra cui una posizione di rilievo spetta certamente alla perizia medico legale del professor Adriano Tagliabracci.
La bella casalinga di 29 anni aveva dentro la bocca il Dna del marito. Un bacio mortale? O quel che resta di una mano che, prendendola alle spalle, le ha tappato la bocca? Queste le ipotesi del perito della procura. Mentre l’avvocato Valter Biscotti, che insieme al collega Nicodemo Gentile, difende Parolisi taglia corto: «Solo fantasie, si è trattato di un normalissimo bacio alla fine del pasto». Eppure nella perizia è evidenziato come la saliva avrebbe cancellato un bacio precedente al momento dell’omicidio.
«Il killer è una donna - rincara Biscotti -, perché sotto l’unghia dell’anulare sinistro c’è un Dna femminile misto a quello di Melania». Il professor Tagliabracci ha, invece, scritto che si tratta di una «traccia lieve, da semplice contaminazione e comunque la vittima non si è difesa: le unghie sono perfettamente integre». «Il Dna femminile è irrisorio, infatti occupa solo una riga e mezzo su 88 pagine della perizia» ribadisce il legale della famiglia Rea, Mauro Gionni. E comunque, considerato che Melania aveva le unghie ricostruite, il rischio di rottura in caso di collusione era ancora più elevato. Mistero fitto sulle ferite post mortem - la svastica e la griglia incise sulle cosce - che «risalgono a non molte ore prima del ritrovamento del cadavere». L’assassino è tornato sul luogo del delitto? La procura di Ascoli non ne è certa, tanto da non escludere la presenza di un complice. Salvatore, in ogni caso, aveva libertà di movimento poiché i sospetti su di lui sono iniziati solo dopo il ritrovamento degli amabili resti della moglie, il 20 aprile.
C’è un’intercettazione ambientale, a ridosso del secondo interrogatorio a Castello di Cisterna, in provincia di Napoli, in cui Salvatore mentre, in auto da solo, si accinge a raggiungere la caserma dei carabinieri ripete a sé stesso: «Non ti fare fottere, non ti fare fottere....». Una sorta di mantra di un innocente per esorcizzare la paura? O una prova di auto controllo di un implacabile omicida? In quei giorni il militare era ancora considerato un semplice teste informato sui fatti. E la legge prevede, in casi ritenuti gravi, la disposizione di un monitoraggio attraverso le intercettazioni.
E poi ancora, tutti gli elementi raccolti dai carabinieri del Comando provinciale di Ascoli, da quelli del Ris (di questi ne sono ancora attesi alcuni) e del Ros. A partire dai tracciati telefonici che collocano il cellulare di Salvatore a Ripe di Civitella tra le 14 e le 15. Per non parlare, poi, delle bugie sull’amante soldatessa Ludovica, del telefonino segreto che usava con lei, del profilo di Facebook cancellato il 19 aprile. Ci sono, inoltre, i testimoni che negano di aver visto Salvatore e la moglie a Colle San Marco, vicino alle altalene. Tra le cinquanta persone che escludono la sua presenza fino alle 15,30, nove sono ritenute a prova di bomba.
Oggi Salvatore rientrerà in caserma ad Ascoli, da Frattamaggiore, nel Napoletano. Ieri sera suo fratello, Rocco Parolisi, ha accompagnato la nipotina Vittoria dai genitori di Melania. «La bambina è la fotocopia di mia cognata - dice - le assomiglia anche nel carattere, dolce e sorridente. Ogni volta che vede una donna estranea la chiama mamma. Sarà una cosa inconscia, ma per il resto è molto tranquilla. E pure Salvatore, nonostante queste accuse ingiuste, si sforza di essere sereno. Anzi, le dirò che è lui a consolare noi su un possibile arresto».
GRAZIA LONGO
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