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domenica 24 luglio 2011
Colpo ai Casalesi, sequestro da 40 milioni sigilli al centro commerciale Giolì
CASTELVOLTURNO - L’apporto decisivo alla Guardia di Finanza per incastrare Tammaro Diana, dal punto di vista economico-finanziario, è stato dato da «Molecola». Ma questa volta non si tratta di un cane o di un nome in codice di un investigatore. «Molecola» è un software avanzatissimo che si interfaccia con le banche dati delle forze di polizia e passa al setaccio milioni di informazioni relative ad intestazioni di beni e società, passaggi di titolarità degli stessi, rapporti di parentela e di frequentazione dei soggetti intestatari.
Così i finanzieri del Comando Provinciale di Napoli e dello Scico di Roma hanno eseguito un maxi sequestro del valore complessivo di 40 milioni di euro ai danni di Tammaro Diana, attualmente detenuto e ritenuto affiliato al clan dei casalesi. Tra i beni anche il centro commerciale Giolì di Castelvolturno, al cui interno operano 70 attività commerciali, e che è stato al centro di un’inchiesta, per quanto riguarda la sua realizzazione, che ha comportato l’iscrizione del registro degli indagati del precedente sindaco di Castelvolturno Francesco Nuzzo e l’attuale Antonio Scalzone. Durante le indagini coordinate dai sostituti procuratori Giovanni Conzo, Alessandro D'Alessio e Cesare Sirignano, sul conto dei fratelli Tammaro, Francesco Paolo e Pasquale Diana, è emerso un vero e proprio impero economico.
Per i magistrati Tammaro Diana, indicato da numerosi collaboratori di Giustizia come appartenente al clan dei Casalesi, fazione «Bidognetti», impiegava da anni rilevanti guadagni illeciti di attività criminali dell’organizzazione, «alle quali partecipava con ruolo attivo acquistando e occultando armi e munizioni e fornendo auto e moto utilizzate per commettere agguati, favorendo inoltre la latitanza di pericolosi esponenti del clan». I beni sequestrati, intestati anche a familiari prestanome, sono costituiti da terreni, fabbricati, automezzi, rapporti finanziari e quote sociali di 11 società attive soprattutto nel settore delle costruzioni, una delle quali è proprietaria del noto Centro Commerciale Giolì.
Il lavoro più difficile ha riguardato l’acquisizione di prove circa il fatto che società e beni, intestati a prestanome, erano in realtà nella disponibilità di Tammaro Diana e della sua famiglia. A questo ha pensato il software «Molecola» che incrociando gli elementi raccolti nelle banche dati, ha individuato quattro prestanomi. Così in brevissimo tempo gli investigatori sono venuti in possesso di una scheda in grado di radiografare esattamente il valore di Tammaro Diana. Le verifiche successive si sono poi concentrate su diciassette persone fisiche (3 indagati, 11 familiari conviventi e appunto quattro persone ritenute prestanome dei fratelli Diana) e ben 11 persone giuridiche.Ieri mattina la fase conclusiva dell’operazione con l’apposizione dei sigilli ai beni immobili e l’acquisizione della documentazione relativa alle società che facevano capo alla famiglia Diana.
Claudio Coluzzi
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