Il procuratore nazionale antimafia: “La mafia ha subito dei colpi in questi anni e ora è più debole, ma non si può dire che sia stata distrutta”
PALERMO. La mafia e la politica convivono come i pesci con l'acqua: gli uni non posso fare a meno dell'altra. E purtroppo le istituzioni non sostengono, come dovrebbero, i magistrati impegnati nella lotta a Cosa nostra. E' la constatazione che il procuratore antimafia Pietro Grasso ha proposto in un dibattito a Palermo moderato dal condirettore del Giornale di Sicilia, Giovanni Pepi. “Non mi sembra - ha detto Grasso - che le istituzioni facciano il tifo per noi. Semmai come categoria mi sento attaccato, delegittimato".
Il capo della Dna ha ricostruito il profilo attuale della mafia indebolita dagli arresti, dalle inchieste e dalle confische e per questo cerca di rilanciare il proprio potere di scambio con la politica. E' quello che emerge dai "pizzini" sequestrati e dalle comunicazioni tra boss intercettati. Le difficoltà delle cosche derivano dai colpi subiti in questi anni. Secondo Grasso, è senza dubbio più debole, è stata messa alle corde dall'attività di repressione e ora è priva perfino di "quella cupola che prima dava la direzione strategica". Tuttavia, ha avvertito il procuratore, non si può dire che Cosa nostra "sia stata distrutta".
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