Il suo cellulare accusa Parolisi e smonta l'ultimo alibi
ASCOLI PICENO - Ora c’è anche il Samsung di Melania ad accusare Parolisi, il cellulare trovato accanto al cadavere e utilizzato dagli investigatori per tutta una serie di esperimenti che, alla fine, hanno portato a una sola conclusione: la donna non è mai stata a Colle San Marco.
Quel telefonino e tutti i sofisticati esperimenti hanno detto, cioè, quello che avevano già detto i 52 testimoni ascoltati per settimane dai carabinieri, smentendo ancora una volta e forse definitivamente il racconto di quel pomeriggio proposto e riproposto dal caporalmaggiore oggi in carcere per l’omicidio della moglie.
Nessuna altalena per Vittoria quel 18 aprile, nessun bisogno di andar in bagno, nessun caffè promesso e mai arrivato, semplicemente perché Melania sul pianoro non ci è mai stata quel pomeriggio, perché tutte le analisi tecniche portano a dire che già dalle 14.53, da quando la sua amica Sonia la chiama inutilmente per la prima volta, lei è al bosco delle Casermette di Ripe di Civitella, forse è stata già uccisa.
L’analisi dei tabulati telefonici e gli esperimenti sul telefonino di Melania erano l’anello mancante di queste indagini. I risultati sono arrivati giusto in tempo per inserirli nei cinque faldoni partiti per la Procura di Teramo e sono ritenuti dagli investigatori quasi una prova regina, e comunque il giusto premio per un lavoro lungo e complicato.
I tecnici del Ros hanno cominciato facendo telefonate e ricevendone dai punti chiave di questa vicenda - e cioè San Marco, le Casermette e anche lungo la strada che collega le due località-, prima con il Samsung di Melania e poi con un apparecchio esattamente simile, per essere ancora più sicuri dei riscontri. Hanno poi analizzato i tabulati classici, le 32 chiamate e i cinque sms che la povera donna ha ricevuto sempre a partire dalle 14.53. E alla fine si sono soffermate sul fatto che il traffico si agganciava soprattutto a due celle, la 451 e la 390.
Soprattutto la prima si è rivelata preziosa perché «ben presente come servente nella zona del ritrovamento del cadavere». Sono poi scesi giù a San Marco, i carabinieri del Ros di Ancona, e hanno scoperto che la zona è «tipicamente servita» da un’altra cella abbastanza potente, la 381. Ma si son voluti concedere l’ultimo scrupolo e così hanno rilevato che «l’unico punto della zona di Colle San Marco in cui vi è copertura della 451 in grado di gestire una chiamata è una specifica e ristrettissima area nelle adiacenze del monumento ai Martiri della Resistenza».
Un beffardo incrocio di celle, quindi? Il Ros lo esclude: «Anche minimi spostamenti da quel punto non consentono la copertura della 451...Melania e il suo telefono sarebbero dovuti rimanere pressoché immobili nello specifico punto per 4-5 minuti» e cioè in occasione delle due chiamate dell’amica Sonia, fra le 14.53 e le 14.56. Due chiamate alle quali non ha risposto, nonostante il telefono fosse «impostato con profilo suoneria all’aperto, suoneria massimo volume e vibrazione inserita».
Conclude il pm Monti: «Si può dunque attendibilmente escludere che Melania quando riceveva le due chiamate da Sonia senza rispondere si trovasse nella zona delle altalene o lungo il percorso che porta al bar il cacciatore. E appare altamente probabile sotto il solo profilo tecnico delle celle agganciate al telefonino di Melania (telefonino che era con lei) che già alle ore 14.53 e 14.56 la donna non si trovava affatto a San Marco, bensì nella zona del ritrovamento del cadavere e dell’omicidio».
C’è poi tutto un ragionamento dell’accusa attorno al fatto che questi esami sul telefonino di Melania vanno a combaciare non solo con i testimoni che negano ogni presenza della famigliola sul pianoro, ma anche con l’autopsia e tutto il resto delle analisi scientifiche. Tre mesi e passa dopo, insomma, per la Procura di Ascoli il cerchio è proprio chiuso.
Nino Cirillo
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