«Melania vada a lavorare, si mantenga»
ASCOLI PICENO - Per capire quanto Salvatore Parolisi abbia potuto e voluto contribuire alle ricerche di sua moglie ormai morta al bosco delle Casermette, bisogna solo incrociare la 19 e la 34 tra le 183 pagine del rapporto depositato dai carabinieri del Ros di Ancona alla procura di Ascoli, l’asse portante di tutta questa inchiesta.
A pagina 19 viene riportata la deposizione di Gennaro Rea, il papà di Melania. E’ ormai l’11 maggio e il povero Gennaro, scavando tra i ricordi, a un certo punto racconta: il genero Salvatore Parolisi la mattina del 19 aprile, il giorno dopo la scomparsa, «verso le 11 si allontanava alla volta della caserma Clementi, asseritamente per organizzare una squadra di soccorso con i suoi commilitoni da impiegare nelle ricerche».
Quindici pagine più avanti l’amara scoperta, grazie al racconto di un collega del caporalmaggiore, Raffaele Pagano, che racconta in data 18 maggio di essersi offerto proprio quella stessa mattina «insieme ad altri colleghi, per concorrere nelle ricerche», ma di essere stato dissuaso da Parolisi «con la spiegazione che tale iniziativa avrebbe potuto intralciare il lavoro delle squadre cinefile».
Ma questo è solo un episodio. Il rapporto si dilunga molto alla pari della richiesta di arresto del gip, sul rapporto tra Salvatore e Ludovica, la sua ex allieva, la sua amante ormai da due anni. Ludovica viene interrogata a più riprese dai carabinieri e ogni volta dice tutto, dice proprio tutto, al punto da farsi rimproverare da Parolisi. Ascoltata il 21 maggio la soldatessa racconta di una telefonata del 17 aprile, il giorno prima del delitto, di Salvatore che la rassicura che gli promette di arrivare da lei giovedì -e siamo ancora a domenica- visto che «la moglie sapeva come stavano le cose». Invece Melania non sapeva un bel nulla.
Ludovica, quel Giovedì Santo avrebbe presentato Salvatore ai suoi genitori a Salerno, anche perché lui le aveva «testualmente promesso: cascasse il mondo, a Pasqua starò con te». Il mondo è cascato, Melania è stato uccisa, e lui a Salerno non ci è mai andato.
Anzi, ad Amalfi per l’esattezza, all’Hotel Excelsior dove Ludovica aveva tanto insistito con i suoi diffidenti genitori da convincerli a prenotare una stanza matrimoniale per lei e Salvatore, ovviamente «con vista mare». Siamo a pagina 40 del rapporto dei Ros.
E’ il 22 aprile, alle 8.19 del mattino - e siamo a pagina 52 - Ludovica scrive un messaggio su facebook alla sua amica Arianna dicendo definitivamente addio alla camera con vista mare e gridando al mondo la sua delusione: «E’ una cosa dentro che mi sta uccidendo, tutte le volte che sento la televisione vorrei morire per tutte le cose che non si possono dire, che la famiglia ha deciso di non dire e poi mi chiedo perché adesso, perché proprio a lui quando mancavano solo due giorni, ci siamo sentiti solo martedì mattina e poi per sicurezza abbiamo deciso di non sentirci fino alla fine di tutto... ma io mi sento ogni giorno peggio, sempre più svuotata. Perché doveva succedere una cosa così terribile io non lo so, non dovevano andare cosi le cose».
Non una parola su Melania, trovata uccisa due giorni prima con 32 coltellate su tutto il corpo. E Ludovica, nel suo amore folle per Salvatore lo ammette, ammette in una deposizione resa ai carabinieri il 5 maggio, con l’ostinazione e la sincerità che tutti le hanno sempre riconosciuto, «di non essere preoccupata dal fatto che Salvatore potesse essere stato il responsabile dell’omicidio di sua moglie, ma unicamente di poter conoscere la reale portata dei sentimenti» da lui provati nei suoi confronti.
Era furiosa Ludovica, soprattutto per quella puntata di Chi l’ha visto? del 27 aprile, e ammise anche questo davanti ai carabinieri, ammise di aver inviato un sms a Salvatore comunicandogli di «essere addolorata e delusa per il fatto che lui aveva pubblicamente affermato di amare la moglie, rinnegando l’importanza della relazione con lei».
C’è una montagna di sconvolgenti intercettazioni in questo rapporto e ce n’è anche una, in verità, in cui a un certo punto Ludovica sembra avere i primi dubbi sul suo Salvatore, quando gli grida. «Allora tu mi devi stare a sentire, allora io devo credere che tutto il mondo mente, tutto il mondo, tutti tranne te, giusto?». Un passaggio drammatico, come tanti altri passaggi, come i numerosi soliloqui di Salvatore nella sua auto, lui e le microspie ben piazzate. A pagina 68 ha appena terminato una conversazione con Ludovica: «Questo voglio far capire anche a lei, è inutile che ci mettiamo a dare agio a tanta gente. Deve capire anche lei, deve capire quella non è scema, quella capirà anche quello che sto facendo per togliersi dai guai... togliersi da tante schifezze che ci sono in giro...».
Oggi che Parolisi è in carcere, oggi che la sua rabbia, le sue bugìe, le sue ombre sono tutte conosciute, riandare ai primi momenti, ai minuti dopo scomparsa di Melania, fa un effetto tremendo. Siamo alla prima pagina del rapporto dei Ros, sono le 16.48 del 18 aprile, arriva la telefonata al 112. Il caporalmaggiore viene preso subito a verbale e si infila nel primo tunnel, raccontando di «andare perfettamente d’accordo con la moglie, di non avere nessun litigio in corso con lei, non esistendo alcun motivo di contrasto, e che anche i rapporti familiari in genere risultavano ottimi». Stava mentendo, ed era solo l’inizio.
Nino Cirillo
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