giovedì 7 luglio 2011

'Ndrangheta, confiscati beni per 7mln di euro ad un imprenditore del Reggino

L'uomo, attualmente detenuto è stato coinvolto nel giugno 2008 con altre 41 persone, a fermo di indiziato di delitto per associazione di tipo mafioso nell’ambito dell’operazione denominata «Bellu Lavoru»


La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria ha confiscato beni mobili ed immobili per un valore di 7 milioni di euro ad un imprenditore, Terenzio Antonio D’Aguì (in foto), 50enne, di Melito Porto Salvo (RC), operante nel settore produzione e fornitura calcestruzzi ed inerti con una azienda a Bova Marina. D’Aguì è stato sottoposto, nel giugno 2008 con altre 41 persone, a fermo di indiziato di delitto per associazione di tipo mafioso nell’ambito dell’operazione denominata «Bellu Lavoru» ed è ancora detenuto.


Le indagini di quell'operazione hanno consentito di delineare l’attuale assetto della 'ndrangheta sui territori interessati e, in particolare, delle cosche denominate «Talia-Vadalà» di Bova Marina, «Maisano» di Palizzi e «Morabito».

La ditta di cui è titolare D’Aguì si era aggiudicata appalti per importi di sette milioni di euro per la fornitura di calcestruzzo per la realizzazione della variante dell’abitato di Palizzi e di un plesso scolastico a Bova Marina. I beni confiscati dalla Dia sono costituiti dal patrimonio aziendale e sociale della D’Aguì Beton srl con sede a Bova Marina, operante nel settore del calcestruzzo; due appartamenti con magazzini e box auto nel complesso «La Rada Azzurra» di Bova Marina; un appartamento e relativo posto auto a Roma; una residenza montana di sette vani ubicata a Cotronei (KR) Villaggio Palumbo; una autovettura Porche 911 Carrera.

Nell’aprile dello scorso anno, la Dia di Reggio Calabria, aveva già sottoposto a sequestro beni mobili ed immobili nella disponibilità di D’Aguì. Con il provvedimento di confisca di oggi, il tribunale di Reggio Calabria ha ritenuto D’Aguì «imprenditore mafioso», avendo contratto, secondo quanto si legge nel provvedimento, «uno scellerato patto» con la 'ndrangheta: da un lato l’uomo avrebbe accettato le regole mafiose in merito alla distribuzione degli affari del territorio di riferimento e dei relativi ricavi, dall’altro, la criminalità organizzata, attraverso il metodo mafioso, gli avrebbe assicurato posizioni di mercato, monopolistiche od oligopolistiche, «che altrimenti non avrebbe ottenuto».

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