venerdì 3 settembre 2010

Palermo, confiscati beni per 20 milioni


Palermo, confiscati beni per 20 milioni


PALERMO - La sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, presieduta da Cesare Vincenti, ha disposto la confisca di beni per 20 milioni di euro per gli imprenditori palermitani condannati per mafia Vincenzo Cancemi, 56 anni, Carmelo Cancemi, 68 anni, Giovanni Cancemi, 40 anni.

Le indagini sono state condotte dagli investigatori della sezione patrimoniale dell'ufficio misure di prevenzione della questura di Palermo ed hanno permesso di individuare "un ingente patrimonio costituito da aziende, impegnate nel campo edile e del movimento terra, beni immobili, beni mobili registrati e conti correnti".

Le indagini hanno dimostrato il diretto coinvolgimento dei Cancemi agli interessi economici e strategici di Cosa nostra, e i costruttori sono diventati "un punto di riferimento irrinunciabile nella trattazione, nella gestione e nella aggiudicazione di una "fetta" consistente di appalti pubblici e privati per la realizzazione di opere edili".

Numerosi sono i lavori e le commesse ottenute in questi anni dalle imprese riconducibili ai Cancemi, dice la polizia: dai lavori per la manutenzione ordinaria presso il presidio ospedaliero S. Antonio Abate di Trapani ai lavori di sistemazione e manutenzione stradale ed edilizia presso il Policlinico di Palermo fino ai lavori del raddoppio del ponte Corleone ed alla realizzazione del complesso commerciale "Riolo" di viale Regione Siciliana. "I Cancemi - dicono gli investigatori, nonostante le gravi condanne subite, hanno continuato, senza soluzione alcuna, a mantenere solidi rapporti con i vertici dell'organizzazione mafiosa operando attivamente nel territorio per conto di questi, attraverso l'esercizio delle imprese intestate a prossimi congiunti".

Gli investigatori hanno appurato che il gruppo Cancemi, in particolar modo Vincenzo, "attraverso operazioni economiche opportunamente diversificate e frammentate, hanno operato con il preciso scopo di sottrarre il patrimonio accumulato dal capo mandamento della famiglia mafiosa di Pagliarelli, Antonino Rotolo, alla possibile adozione di provvedimenti di sequestro riuscendo, contestualmente, ad accumulare una notevole ricchezza".

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