domenica 5 settembre 2010

Fini: il Pdl non c'è più, Fli va avanti


Fini: il Pdl non c'è più, Fli va avanti
Nuovo patto ma no a strapotere Lega


«Infamie contro la mia famiglia. Io espulso come nel peggior stalinismo. Qualche colonnello ha cambiato generale, forse è pronto a cambiare ancora. Giudici caposaldo democrazia»

ROMA (5 settembre) - Silenzio, parla Fini e presenta la svolta politica di Futuro e Libertà. Fini ha parlato per oltre un'ora a braccio dettando la linea politica di Futuro e libertà nella giornata conclusiva della festa dedicata al neo movimento politico a Mirabello, in provincia di Ferrara. Un discorso che ha toccato tutti i temi della politica italiana e soprattutto parole che hanno fatto finalmente chiarezza sui rapporti con il Pdl: «Il Pdl non c'è più e Futuro e libertà non può rientrare in qualcosa che non esiste». Applausi dai futuristi anche se poco prima dell’intervento del presidente della Camera c’era stata una breve contestazione mentre parlava Chiara Moroni. Dalla piazza si è sentito il suono di qualche vuvuzelas subito zittita.

«Grazie care amiche e cari amici» mentre più di qualche simpatizzante ha sventolato le bandiere di Alleanza nazionale. «Parlare qui al popolo, prima della destra e poi del Centrodestra, qui a Mirabella dove affondano le radici di una parte della mia famiglia e qui dove un uomo capace di guardare avanti, indicò la necessità di un salto di generazione. La presenza di Tremaglia è la più bella rappresentazione di quella continuità».

«Mirabello è per un giorno la capitale della politica italiana. Qui c’è un popolo che non è precettato ma sente l’orgoglio di ritrovare l’impegno politico. Questa piazza mi da forza per dare un contributo di chiarezza». «Quello che è accaduto non lo si comprende se non si torna a quando è tutto cominciato. Il 29 di luglio quando l’Ufficio politico del Popolo delle libertà, dopo due ore di discussione in mia assenza, ha decretato la mia espulsione. Accusato di stillicidio, in sintonia con le posizioni della sinistra, di una partecipazione attiva al gioco delle procure. Alla fine dissero che Fini era incompatibile con il Pdl».

«Per fare chiarezza non c’è stata nessuna fuoriuscita, nessuna azione per demolire il Pdl ma solo la mia estromissione. C’è stato un atto scritto nel libro del peggior stalinismo. Fu quel documento una brutale regressione, di annullare su ogni tipo di diversità».

«E’ possibile esprimere dubbi? Quello della mia estromissione dal Pdl è un atto, e non ho nessuna difficoltà a dirlo, che forse è stato ispirato da chi lo ha scritto e so che non lo ha scritto Berlusconi. Da quel libro nero del comunismo che ci fu consegnato quando demmo vita a Alleanza nazionale perché soltanto dalle pagine del peggior stalinismo si può essere messi alla porta senza alcun contraddittorio e con motivazioni che sono assolutamente ridicole». Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, dal palco di Mirabello.

«Il garantismo è un principio sacrosanto, ma mai e poi mai può essere considerato una sorta di immunità permanente». La magistratura «è un caposaldo della nostra democrazia» ha continuato Fini.

«Il presidente Berlusconi ha tanti meriti, e lo dico senza ironia, ma anche qualche difetto. Nella democrazia non ci può essere ortodossia, gli siamo tutti grati ma non è possibile che quando si propone un'altra strada sembra quasi che ci sia una "lesa maestà". In democrazia non ci sono sudditi. Il suo errore è stato quello di scambiare il suo ruolo politico con quello di un imprenditore. Esprimere qualche valutazione diversa non significa ledere il Pdl. Se ci chiamiamo Popolo della libertà deve essere consentito di esprimere liberamente il dissenso».

Genuflessione a Gheddafi indecorosa. «Se non fossi stato espulso dal Pdl avrei detto quello che pensavo sullo spettacolo francamente poco decoroso che c'è stato nei confronti di un personaggio che non ha nulla da insegnare per quanto riguarda la dignità della persona». Lo ha detto Gianfranco Fini riferendosi alla recente visita del leader libico Muhammar Gheddafi in Italia. Fini ha criticato quello che ha definito «una sorta di genuflessione» che non è giustificata da alcuna ragione di real politik.

«La ragione prima della politica è garantire il bene comune, l'interesse nazionale e non l'interesse di una parte. Tanti elettori del Pdl non capiscono perché invece di unire, il Pdl lavora per dividere».

«Futuro e libertà non è An ma incarna lo spirito vero del Pdl da non disperdere. Diversa è l'interpretazione dei telegiornali che, tranne qualche eccezione, sembrano fotocopie di documenti del Pdl che dipingono la politica litigiosa e inconcludente.

«Il Popolo delle libertà non c'è più: o si ricostruisce o apparterrà al passato. Qualche colonnello e qualche capitano hanno cambiato generale e magari sono pronti a cambiare ancora. Futuro e libertà non potrà rientrare in ciò che non c'è più. Andiamo avanti, ma non andiamo avanti in attesa del perdono. I parlamentari che sono qui non possono essere scambiati per clienti della Standa e se sono qui è perché vogliono fare politica senza avere paura delle candidature. Andiamo avanti senza farci intimidire. A cominciare dal "metodo Boffo" da parte di quei giornali che dovrebbero essere il biglietto da visito del partito dell'amore. Non ci facciamo intimidire da campagne paranoiche e patetiche. Campagne infami nei confronti della mia famiglia».

I Cinque punti. «Non siamo appassionati di ornitologia, di falchi e colombe. I gruppi parlamentari di Futuro e libertà saranno chiari. Sosterranno i punti da uomini e donne liberi e discuteranno con spirito costruttivo come dare senso ai titoli dei punti programmatici. Futuro e libertà non rema contro. Minacciare le elezioni è terrorismo politico».

Per il futuro serve «un nuovo patto di legislatura che non sia un tavolo a due gambe, un accordo sancito con acquiescienza». Chiaro il riferimento di Fini a un accordo Berlusconi-Bossi. «Dov'è finito quel punto del programma -domanda- dove si prevedeva l'abolizione delle province? E quello che riguardava la privatizzazione e liberalizzazione delle municipalizzate?». «Berlusconi - si dice poi convinto Fini- metterà da parte l'ostracismo perchè noi non ci fermiamo e andiamo avanti. Ha ben compreso che non servono a nulla gli ultimatum». «Berlusconi -fa notare ancora- ha diritto di governare perchè scelto dagli elettori. E pensare a scorciatoie giudiziarie per toglierlo di mezzo è una lesione alla sovranità dello Stato».

«Bossi è un leader popolare ma non può pensare che la Padania esista davvero. Bossi ha capito molto bene che quella bandiera che ha alzato per primo nello scetticismo dei più, quella bandiera del federalismo oggi può essere alzata ma nell'interesse di tutti. Discutiamo insieme con la Lega e con "Forza Italia allargata", discutiamo cosa significa il federalismo fiscale e sociale, di tempi di attuazione, definire i costi standard dei servizi. E' un dovere anche nei confronti dei 150 anni dell'Unità d'Italia. L'Italia è una e indivisibile. Il federalismo deve essere nell'interesse di tutti».

«Berlusconi ha diritto a governare e non accettiamo scorciatoie giudiziarie. Bisogna finirla di affidare a quel simpatico dottor Stranamore che è l'onorevole Ghedini certe soluzioni, ma lavorare come in altri Paesi dell'Europa per una legge che permetta al capo di un governo di governare ma senza danneggiare la collettività. Questo non significa impunità. Ma la riforma della giustizia non deve essere fatta contro la magistratura. La riforma va fatta per garantire gli onesti».

La legge è uguale per tutti. «Se intorno la bilancia c'è scritto che la legge è uguale per tutti è perché la legge tutela i più deboli che hanno bisogno di quella garanzia. E non i più forti che qualche volta piegano la legge a proprio favore. Garantismo non è impunità. Questo è il Centrodestra, questa è una politica con la "p" maiuscola. Se crediamo in queste cose lavoriamo per unire. Futuro e libertà guarda al futuro per unire. Gli italiani sono stanchi degli insulti, delle divisioni. Cerchiamo una politica che miri a ciò che è giusto e non a ciò che è utile. Diamo un senso alla politica, buttiamo il cuore oltre l'ostacolo. Facciamolo senza pensare nell'utilitarismo».

Legge elettorale: faccio mea culpa. «Gli italiani hanno tutto il diritto di scegliere da chi farsi rappresentare e faccio mea culpa per aver contribuito a questa legge elettorale».

Sviluppo: coperta corta. «Serve un nuovo patto tra capitale e lavoro per rilanciare l'economia italiana. Bisogna dare competitività alle nostre imprese. Non bisogna pensare solo alla delocalizzazione delle imprese ma dare attuazione ai punti del programma del Pdl. Non voglio affondare il coltello nel burro ma rilanciare l'economia attraverso una nuova strategia politica, dobbiamo pensare a un nuovo patto industriale, pensare ai nostri figli perché c'è una grande questione giovanile. Serve un patto generazionale che significa essere coscenti della situazione. Soi è rovesciata la società: una volta era il lavoro dei ragazzi che garantiva la serenità agli anziani, ora è il contrario».

«Ma vi pare possibile che nonostante il "ghe pensi mi" si debba attendere ancora di conoscere il nome del ministro dello Sviluppo economico? Ma in quale altro Paese» avverrebbe una cosa del genere? È un ministero importante «non uno strapuntino». È un passaggio dell'intervento del presidente della Camera, Gianfranco Fini, dal palco di Mirabello.

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