mercoledì 8 settembre 2010

Mafia Agrigentina e Complici


Mafia Agrigentina e Complici


Agrigento: Di Gati, gli imprenditori con una mano denunciano e con l'altra cercano Cosa Nostra

Maurizio Di Gati con il suo pentimento apre squarci di luce nel difficile mondo dell’imprenditoria agrigentina e racconta quello che sa relativamente agli appalti gestiti su tutto il territorio provinciale dalla mafia. “Pressoché tutti gli imprenditori agrigentini - racconta - sono vicini a Cosa Nostra ed i relativi vantaggi sono sia in termini di evitare danneggiamenti e conseguentemente non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine, sia per poter avere facilità di non eseguire i lavori secondo capitolato e quindi guadagnandoci sopra truffando l’appaltante. Le imprese si allontanavano dall’agrigentino quando la pressione delle Forze dell’ordine era troppo forte trasferendo le attività al Nord Italia. Peraltro gli imprenditori a volte denunciano i danneggiamenti perché potrebbero non riuscire a tenerli nascosti ma pagano comunque il pizzo. Con una mano fanno denunce e con l’altro cercano i mafiosi per mettersi a posto.
Se non denunciassero i danneggiamenti o le intimidazioni rischierebbero che le Forze dell’Ordine lo apprendano in altra maniera, così finendo in cattiva luce. Con la denuncia si mettono a posto con lo Stato, mentre cercano la messa a posto con Cosa Nostra. Non so di imprenditori che non siano in stretti rapporti con Cosa Nostra. Ad esempio l’impresa Sorce di Favara si metteva a posto direttamente con Fragapane quando questi comandavano. Marco Campione era a disposizione di Cosa nostra ed in mia presenza aveva incontrato Giuseppe Fanara (capo della mafia agrigentina sino al suo arresto ndr). Pertanto tutte le imprese che sono passate da me hanno pagato. Non ritengo che ci siano imprenditori, quanto meno agrigentini, che siano delle vittime di Cosa Nostra. Ad esempio per un lavoro di rifacimento di una copertura di un impianto sportivo a Racalmuto a cura di un’impresa di Enna svoltosi poco dopo che mi ero dato alla latitanza si diceva che questa ditta avrebbe fatto denuncia ai carabinieri. In realtà mio fratello Roberto andò a chiedergli i soldi e questi pagarono tranquillamente. Un imprenditore “a disposizione” è uno che, ad esempio, alla richiesta di fare il lavoro insieme accetta e collabora con Cosa Nostra, mentre uno “vicino” è uno che semplicemente paga tranquillamente il pizzo. Le imprese siciliane portano poi buste al sud anche di imprese del Nord abbinate con mafiosi che operano al Nord. Quando le imprese del Nord scendono e vincono appalti nelle nostre zone, non vogliono poi occuparsi del pizzo o di altro. Normalmente cedono il lavoro in subappalti prendendosi il 20% dell’importo totale devolvendo a soggetti locali la gestione del pizzo, delle forniture e di tutto quanto accade a livello locale mafioso. Per la spartizione degli appalti si portavano molte buste con lo stesso ribasso per predeterminare i ribassi; c’era comunque sempre bisogno di un appoggio in Comune per l’eventualità che, nonostante il meccanismo di cui sopra, un’impresa non appartenente al giro nostro vincesse per caso la gara: in questa eventualità c’era sempre qualcuno in Comune che sospendeva la gara con una scusa oppure toglieva un documento dalla domanda di partecipazione all’appalto ed escludeva l’impresa dalla gara”.

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