Aveva denunciato i suoi estorsori e stamattina è stato ferito in un agguato, Tiberio Bentivoglio, titolare di una farmacia a Reggio
L’agguato è stato fatto mentre l’uomo stava salendo sul suo furgone. Agli agenti della squadra mobile che stanno conducendo le indagini, ha raccontato di avere sentito alcuni colpi d’arma da fuoco e poi una fitta ad una gamba. Bentivoglio è stato portato in ospedale e le sue condizioni non sono gravi.
Gli investigatori stanno adesso cercando di capire se chi ha sparato volesse solo ferire l’uomo o volesse ucciderlo e non vi sia riuscito per una qualche ragione. L’uomo, titolare della «Sanitaria Sant'Elia», di via Eremo-Condera, ed è conosciuto in città per fare parte del movimento antiracket. Nel 1992 denunciò alla polizia i presunti autori di un furto commesso nella sua attività dopo che aveva rifiutato di pagare il pizzo. Il suo esercizio commerciale in passato fu danneggiato da una bomba e successivamente da un incendio. Per la sua attività di commerciante di prodotti sanitari aveva subito diverse richieste di danaro. Poi si è costituito parte civile nei confronti dei taglieggiatori e successivamente ha iniziato la sua collaborazione con l’associazione antimafia «Libera».
Secondo la polizia, chi ha sparato contro Bentivoglio, voleva ucciderlo, in quanto contro di lui sono stati sparati quattro colpi di pistola calibro 7.65 ad altezza d’uomo: uno ha colpito lo zaino, fermandosi prima di raggiungere il corpo di Bentivoglio, ed un altro ha colpito la fiancata del furgone sul quale stava salendo. L’agguato è stato compiuto a Ortì, nell’entroterra di Reggio Calabria e probabilmente all'origine del gesto, è l’ipotesi privilegiata degli investigatori, ci sarebbe proprio l’impegno antiracket di Bentivoglio. Nell’aprile dello scorso anno, nel corso di una manifestazione di Libera a Reggio Calabria, è stato il primo commerciante a ricevere il logo di "Reggio libera Reggio".
REAZIONI
Don Luigi Ciotti: «Davanti al grave episodio che ha visto vittima l’imprenditore calabrese è necessario rompere il silenzio, avere il coraggio della denuncia seria, documentata che deve essere affiancata dalla forza della proposta che insieme alle forze dell’ordine, alla magistratura, e quella parte trasparente delle istituzioni,cittadini e associazioni dobbiamo portare». Così don Luigi Ciotti, presidente di Libera dopo il ferimento dell’imprenditore Tiberio Bentivoglio a Reggio Calabria. Bentivoglio, socio di Libera e tra i fondatori del movimento ReggioLiberaReggio, è stato tra i primi a denunciare il racket. «Il cambiamento – prosegue don Ciotti – ha bisogno del 'noì, del contributo di tutti che si fonda su un impegno quotidiano dal quale nessuno deve ritenersi esente».
Magarò, presidente Commissione Antimafia: «Sono vicino a Tiberio Bentivoglio e convinto che l’episodio di questa mattina non ne fiaccherà l’impegno che da vent'anni conduce in prima linea nella lotta contro il pizzo imposto dalla 'ndranghetà. Questo il commento fi Salvatore Magarò, presidente della Commissione contro il fenomeno della mafia in Calabria: «Quello di oggi – prosegue Magarò – è soltanto l’ultimo di una serie di attentati subiti da Bentivoglio e dalla sua famiglia, che non si è mai piegata alle richieste estorsive della malavita, offrendo invece la propria testimonianza per esortare gli imprenditori calabresi a non subire le angherie delle cosche, a denunciare ogni tipo di sopruso, a non alimentare le casse della criminalità organizzata. L’ho incontrato con Pasquale Crupi, capo gabinetto della presidenza del Consiglio, nei giorni scorsi a Palazzo Campanella, insieme ad altri rappresentanti delle associazioni antiracket, con cui abbiamo avviato una comune strategia di contrasto al malaffare ed all’illegalità. Con la collaborazione di persone come Tiberio Bentivoglio, il coordinatore reggino di Libera Mimmo Nasone e altri esponenti delle associazioni antiracket, hanno già predisposto indicazioni che saranno valutate nella prossima seduta della Commissione antimafia in programma il 16 febbraio, il Consiglio regionale intende rendersi protagonista di una vera e propria rivoluzione culturale».
«Vogliamo inaugurare un nuovo ciclo nella lotta alla 'ndrangheta – prosegue Magarò – non più limitata a battaglie di testimonianza o di solidarietà, ma estesa all’approvazione di provvedimenti legislativi incentrati sulla predisposizione di appositi interventi di sostegno per le vittime della 'ndrangheta , ma anche sull'espulsione dal ciclo produttivo di quelle imprese che, scegliendo di non denunciare, di stare dalla parte sbagliata e di stringere patti scellerati con le organizzazioni mafiose, penalizzano coloro che operano nell’alveo della legalità e che le istituzioni hanno il dovere di tutelare».
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