Fatta luce sul tentato omicidio di un funzionario comunale, Nunzio Renato Mauro. Nel mirino il presunto mandante Salvatore Di Giacomo e uno degli esecutori Giovanni Di Giacomo
GELA. Era stato condannato a morte dalla "Stidda" per avere bloccato gli appalti facili, che la cosca mafiosa controllava grazie al sistema della "somma urgenza”. Dopo 19 anni, a Gela, è stata fatta luce sul tentato omicidio di un funzionario comunale, Nunzio Renato Mauro, all'epoca dei fatti (in piena guerra di mafia) dirigente delle ripartizioni all'urbanistica e ai lavori pubblici. Gli uomini della squadra mobile di Caltanissetta e del commissariato di Gela hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip del tribunale nisseno, Alessandra Giunta, su richiesta della direzione distrettuale antimafia. I provvedimenti restrittivi riguardano il presunto mandante dell'agguato avvenuto nel '92, Salvatore Di Giacomo, di 67 anni, ex dipendente comunale con le mansioni di assistente alla manutenzione, e uno dei due esecutori materiali, Giovanni Di Giacomo, di 39 anni, attualmente detenuto in carcere. L'altro killer, Giuseppe Di Giacomo, pentitosi subito dopo l'imboscata a Mauro, fu rinnegato dalla sua famiglia. Per farsi perdonare dai genitori, si sottrasse al controllo dei carabinieri che lo avevano in custodia e si rese irreperibile. Ma la Stidda non ebbe pietà di lui. Dopo qualche giorno, il suo cadavere carbonizzato fu trovato da un contadino in contrada Manfria.
Secondo polizia e magistratura, Salvatore Di Giacomo (più tardi eletto consigliere provinciale dell'Udeur a Caltanissetta, mentre un suo figlio divenne consigliere comunale a Gela) era il"cervello" dell' organizzazione che sceglieva le ditte, assegnava gli appalti, imponeva il pagamento di tangenti. Con l'arrivo di Mauro saltò il sistema truffaldino. Così Salvatore Di Giacomo avrebbe dato ordine di uccidere il funzionario comunale. Giuseppe e Giovanni Di Giacomo gli tesero un agguato, in via Crispi, sparandogli alla testa con una pistola calibro 22. Ma il tecnico rimase soltanto ferito alla mandibola sinistra. Ad accusare i Di Giacomo ci sono le testimonianze della vittima, di cinque pentiti ma anche quella dell'ex sindaco Rosario Crocetta (che allontanò Salvatore Di Giacomo dal settore Manutenzione) e dell'ex assessore comunale ai lavori pubblici, Grazio Trufolo (PLI), anche lui sopravvissuto a un agguato compiuto da uno dei Di Giacomo.
Agrigento, sequestrati beni ad un boss
Nel mirino della Dia un patrimonio di oltre 500 mila euro
PALERMO. La Direzione Investigativa Antimafia ha sequestrato beni per un valore di oltre 500 mila euro ad un presunto mafioso agrigentino, attualmente detenuto, ritenuto capo mandamento della famiglia mafiosa di Lucca Sicula e Ribera. A febbraio del 2010, è stato condannato a 11 anni e 4 mesi di reclusione, per associazione mafiosa. Il decreto di sequestro è stato emesso dal Tribunale di Agrigento che ha condiviso le conclusioni della Dia sulla sproporzione tra il valore dei beni posseduti e i redditi leciti del presunto mafioso. Tra i beni sequestrati immobili, autovetture, conti correnti bancari e libretti di deposito.
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