Così - analizzando i dati forniti sulle Amministrative del 2010 - viene fuori una politica meridionale permeabile all’inserimento criminale, se non assediata in modo massiccio. Un Mezzogiorno con i suoi vizi conosciuti da anni e sempre oggetto di contrasti e polemiche politiche. Il Nord, invece, sembra immune, malgrado le inchieste sulle infiltrazioni mafiose che si sono avute anche nella parte «virtuosa» dell’Italia.
È strano che ci siano le inchieste, spesso con arresti eccellenti, e poi nelle statistiche questa realtà scompaia. Molti di questi personaggi hanno subìto già una condanna definitiva, altri non ancora, e c’è chi ha patteggiato la pena. In questa graduatoria, la Puglia questa volta occupa la prima posizione con 10 «impresentabili», seguita dalla Campania con 9 candidati, la Calabria e la Sicilia con 8, il Lazio con 5. Le ultime due posizioni sono occupate dalla Basilicata con 3 «impresentabili » e l’Abruzzo con due.
L’articolazione partitica interessa tutti. Il Partito Democratico conta due condannati, due il Pdl, poi gli autonomisti dell’Mpa, uno è dell’Api, anche la Destra di Storace ha il suo rappresentante e così Rifondazione e i Socialisti Uniti. Due, infine, sono gli esponenti dell’Udc coinvolti. La Lega non c’è perché al Sud non ha rappresentanze.
L’AMAREZZA DEL PRESIDENTE PISANU
L’ex ministro dell’Interno rileva che le buone intenzioni, i dibattiti estenuanti e lo stesso codice di autoregolamentazione, approvato dal Parlamento e fatto proprio dai partiti, non sortiscono risultati apprezzabili. «Si sono inabissate le cosche - dice - e si sono inabissate anche le loro relazioni con i mondi della politica e degli affari».
La criminalità mafiosa è diventata più accorta, non opera allo scoperto e in modo plateale e «blinda» amministratori e candidati in modo ferreo. A volte la scelta avviene dopo l’elezione, altre prima. La conseguenza è sempre una, l’inquinamento della vita amministrativa e dell’attività politica. Le parole di Pisanu sottolineano che solo una piccola parte delle «mele marce» è venuta alla luce. Pisanu ha voluto con grande decisione questa ricognizione, dopo aver lanciato diversi allarmi.
«Si può cogliere - aggiunge - una notevole sproporzione tra il numero delle violazioni al codice e la dimensione del rapporto mafia politica che riusciamo a percepire attraverso l’esperienza della commissione». Insomma, non tutti gli «impresentabili» finiscono nella rete conoscitiva dell’antimafia. Eppure, le cifre e i casi censiti dimostrano una superficialità e forse, a volte, anche una connivenza tra forze politiche e personaggi da tenere lontano.
Sono 29 i candidati che hanno fatto la loro campagna elettorale con una condanna di estorsione. Una condanna, non un’accusa. Questo significa che non ci sono stati controlli preventivi e che nessuno si è presa la briga di andare a fare una verifica al casellario giudiziario. Tre candidati avevano una condanna per usura. Quattro, addirittura, avevano subito una condanna per associazione di stampo mafioso. Non mancano diversi sorvegliati speciali e un condannato per riciclaggio.
IL SILENZIO DEL NORD
Questi personaggi non dovevano neanche comparire nelle liste elettorali. Dice Giuseppe Lumia, del Pd: «È bastato poco per evidenziare il rapporto mafia politica alle ultime elezioni regionali. Ma i numeri potevano essere maggiori se tutte le Prefetture avessero collaborato apertamente. Alcune, come la Prefettura di Milano, non hanno voluto fornire dati in nome della privacy. Sono state 22 le prefetture che hanno deciso questa linea; a questo punto occorre verificare se dietro questa decisione scellerata ci sia stata qualche indicazione del ministero dell’Interno e del Governo». Per Lumia bisogna andare avanti e più in profondità. «La Commissione ha poteri simili a quelli della mag istratura».
LA POSIZIONE DEL PD E DELL’UDC
Il senatore Pd Alberto Maritati sottolinea due aspetti. «La politica - dice - deve fare la sua parte, vigilare sul territorio e deve essere coerente con i principi di etica e legalità ». Maritati poi sostiene che «il codice di autoregolamentazione deve essere al più presto trasformato in legge». L’esponente Pd s’impegna infine, a nome del suo partito, «a valutare i casi specifici» e a mobilitare la coscienza pubblica per un recupero della legalità e del senso civico. Il capogruppo dell’Udc nell’antimafia, Mario Tassone, dice che il lavoro fatto «rappresenta un positivo punto di partenza per il contrasto agli impresentabili nelle liste, ma delinea un quadro che rischia di essere poco veritiero rispetto alla reale e ben più preocuupante portato del fenomeno sul territorio nazionale».
Tassone lamenta la scarsa collaborazione di «alcune realtà istituzionali». «È indispensabile - conclude - una collaborazione stringente per contrastare l’infiltrazione della criminalità organizzata nelle istituzioni».
TONIO TONDO
I nomi dei nostri «impresentabili» dieci pugliesi e tre in Basilicata. L’unico eletto al Comune di Matera
Dei dieci candidati con sentenza a carico nessuno è stato eletto. Mirko Balsamo si era candidato con una lista civica a Manfredonia (Mri) e non ce l’ha fatta. Era stato condannato per tentata estorsione. Stessa sorte per Giovanni Cagnetta, anche lui candidato in una lista civica ad Altamura. Due le condanne a carico: estorsione e usura. Nunzia Berardino, invece, si era candidata con la lista del Popolo della libertà a Valenzano con una condanna per usura. Bocciata anche lei. Roberto Levi, condannato per concorso in estorsione, si era presentato alle elezioni comunali di Arnesano, un paesino alle porte di Lecce.
La lista, «Generazione futura», era stata presentata con la promessa di un rinnovamento radicale. Levi è rimasto fuori dal Consiglio. Due gli impresentabili a San Pietro Vernotico, nel Brindisino: Carmine Maggio, candidato nella lista «Socialisti legalità e trasparenza», l’altro, Andrea Magli nella lista civica «Città attiva». Tutti e due avevano subìto una condanna per estorsione, tutti e due non sono stati eletti. Antonio Cosimo Poci, invece, di condanna ne aveva una più pesante (associazione di tipo mafioso). Di Mesagne, Poci si era presentato alle elezioni regionali con la lista «Svolta sociale». Bocciato anche lui.
Anche Massimo Scolamacchia aveva tentato l’avventura alla Regione con la lista «Alternativa comunista ». Per lui la condanna per estorsione e niente elezioni. Non ce l’ha fatta, invece, Euprepio Scialpi, in lista per “Sud libero” a Manduria e bocciato dagli elettori Per lui condanna per estorsione. L’ultimo pugliese censito è Gaetano Rubrichi, di Uggiano la Chiesa, nel Leccese. La sua avventura per il Comune, nella lista «Progetto Futuro», è finita male.
Anche la Basilicata ha i suoi impresentabili: Salvatore Caputo, di Matera, condannato per estorsione ed eletto al Comune con l’Mpa, e Mirko Roveto, condannato per estorsione e bocciato alle elezioni comunali di Bernalda dove si era presentato con il «Forum democratico».
Il terzo lucano è indicato solo con una sigla: (A.A.).
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