martedì 1 febbraio 2011

Caso Lea Garofalo, per sei persone rito immediato

La richiesta dei pm accolta nonostante l’esito negativo di perizie finalizzate anche al rinvenimento di acidi. Udienza a luglio per l’omicidio dell’ex collaboratrice di giustizia di Petilia Policastro
 
 
Rito immediato per i sei accusati dell'omicidio di Lea Garofalo, l'ex collaboratrice di giustizia di Petilia Policastro scomparsa nel nulla nel novembre 2009 e probabilmente sciolta nell'acido dopo essere stata attirata in una trappola a Milano. L'udienza è stata fissata per il prossimo 6 luglio. Nonostante l'esito negativo di due perizie, finalizzate sia al rinvenimento di acidi che di tracce ematiche nel capannone dove si presume che la donna sia stata uccisa e nei furgoni e in un appartamento nella disponiblità di alcuni degli imputati, il gip di Milano ha accolto la richiesta avanzata dai pm, che ritengono attendibili il pentito di Cutro Salvatore Angelo Cortese e un testimone, Salvatore Sorrentino, che condivise la cella con uno degli uomini alla sbarra.


I particolari più macabri li ha svelati quest'ultimo: Lea fu portata in un campo e uccisa prima di essere sciolta nell'acido. Regista dell'operazione conclusasi con la morte della 35enne da cui aveva avuto una figlia, Denise, oggi sotto protezione, viene considerato dalla Dda di Milano l'ex convivente della donna, Carlo Cosco, 41 anni, che voleva costrigerla a riferire cosa avesse dichiarato agli inquirenti come collaboratrice di giustizia, su un omicidio avvenuto nel 1995 a Milano, quello di Antonio Comberiati, il cui responsabile sarebbe stato, secondo la Garofalo, proprio lui. Oltre a Carlo Cosco, nell'ottobre scorso furono altri cinque i destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere: i suoi fratelli Giuseppe e Sergio, rispettivamente, di 47 e 42 anni, Carmine Venturino, 33 anni, Rosario Curcio, 35 anni, e Massimo Sabatino, 38 anni, l'unico non petilino, essendo originario di Pagani, in provincia di Salerno, e già coinvolto, insieme a Carlo Cosco, nel tentato rapimento della donna avvenuto a Campobasso e risalente al maggio 2009 (un fatto per cui sabatino, col rito abbreviato, è stato condannato a sei anni mentre per Cosco il processo è stato azzerato). I reati contestati sono aggravati dal favoreggiamento di un'associazione mafiosa. Per tutti le accuse sono di omicidio e distruzione del cadavere. Il solo Giuseppe Cosco deve rispondere anche di possesso e spaccio di cocaina.

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