Le carte svelano pressioni istituzionali per togliere il carcere duro. L'allora ministro della Giustizia Conso revocò la misura restrittiva a 140 boss.
di NICOLAS FIASCONARO
CALTANISSETTA. Nuovo colpo di scena nelle indagini riguardanti la strage di via d'Amelio, in cui Paolo Borsellino cadde vittima della mafia. I pm di Caltanissetta, che hanno riaperto le indagini sull'assassinio del giudice, hanno deciso per il sequestro del documento Amato sul 41 bis.
Nelle carte firmate da Nicolò Amato, a suo tempo capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria si invitava il ministro della Giustizia ad una "revisione dei decreti ministeriali emanati a partire dal luglio '92, sulla base dell'articolo 41 bis".
In realtà il documento, recante il numero 115077 del 6 marzo 1993, aveva come oggetto "l'organizzazione e rapporti di lavoro" ma a pagina 59, Amato si concentra proprio sul regime del carcere duro.
La nota è finita anche agli atti sulle indagini che riguardano la presunta trattativa stato-mafia che si sta svolgendo a Palermo. Le carte sequestrate, secondo i pm, sarebbero fondamentali per capire se parte delle istituzioni instaurarono rapporti con "cosa nostra", per dare un freno alla violenza omicida che la mafia aveva deciso di adoperare contro lo Stato.
Emerge inoltre che il 12 febbraio del 93 in una riunione al Viminale, del Comitato nazionale per l'Ordine e la sicurezza pubblica, furono espresse delle riserve da parte del capo della polizia Parisi e dallo stesso ministro dell'interno, a quel tempo Mancino.
Il 6 novembre del 1993 l'allora ministro della Giustizia, Giovanni Conso, dispose la revoca del regime carcerario speciale per 140 boss. Conso chiamato a rispondere di questo provvedimento, all'Antimafia ha sempre dichiarato che fu una decisione autonoma, con lo scopo di porre fine alle stragi. In merito alla complessa vicenda, i pm di Palermo vogliono fare chiarezza e per questo verranno sentiti Conso, Amato e Mancino.
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