Le dichiarazioni del pentito sulla trattativa dopo le stragi del 1992-93 sono state considerate dai giudici "tardive e inattendibili"
PALERMO. Nel 1994 Berlusconi e Dell'Utri avrebbero messo l'Italia "nelle mani" dei boss. Sarebbe stato un passaggio decisivo di quella "trattativa" avviata dopo le stragi del 1992-93 su cui da tempo indagano le Procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze. Ma la rivelazione di Gaspare Spatuzza, che ha attribuito la confidenza a Giuseppe Graviano boss di Brancaccio, viene giudicata infondata dai giudici della corte d'appello di Palermo che hanno condannato Marcello Dell'Utri a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Un capitolo delle motivazioni depositate ieri è dedicato appunto a Spatuzza, "uno dei più attivi protagonisti della strategia stragista". Le sue dichiarazioni sono considerate dai giudici "tardive e inattendibili". Il mafioso ha ammesso di avere partecipato all'organizzazione e all'esecuzione degli attentati in via dei Georgofili a Firenze e in via Palermo a Milano, alle chiese di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro di Roma, a Maurizio Costanzo in via Fauro e ai carabinieri nei paraggi dello stadio Olimpico a Roma. Prima ai magistrati di Firenze e poi in aula durante in processo a Dell'Utri, Spatuzza ha raccontato che nel gennaio 1994 incontrò Giuseppe Graviano al bar Doney di Roma. Trovò Graviano molto "gioioso" come se avesse "vinto all' Enalotto". La ragione fu presto spiegata con il fatto che "era stato chiuso tutto", nel senso che gli accordi erano stati trovati. In quel contesto Graviano avrebbe fatto, ha precisato ancora Spatuzza, i nomi di Berlusconi ("l'uomo di Canale 5") e di Dell'Utri, un "nostro compaesano". Graviano avrebbe assicurato: "Grazie alla serietà di queste persone ci hanno, praticamente, messo il Paese nelle mani".
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