venerdì 17 giugno 2011

'Ndrangheta, sequestrati beni per 6mln di euro al boss del clan Mancuso

Il provvedimento ha interessato Antonio Mancuso, di 73 anni, di Limbadi (Vv), ritenuto uno dei capi carismatici della omonima cosca, detto «zio 'ntoni»
 
La Direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha sequestrato beni mobili ed immobili per un valore complessivo di oltre sei milioni di euro, riconducibili ad Antonio Mancuso, di 73 anni, di Limbadi (Vibo Valentia), sorvegliato speciale di ps, ritenuto uno dei capi carismatici della omonima cosca, tra le più potenti della Calabria, e conosciuto come «zio 'ntoni».


Il provvedimento è stato adottato dal Tribunale di Vibo Valentia-Sezione misure di prevenzione su proposta del direttore della Dia, generale dei carabinieri Antonio Girone. Sotto sequestro 73 appezzamenti di terreno e sei fabbricati situati a Nicotera, nota località turistica, rapporti bancari ed un’azienda agricola intestata alla moglie.

Nel provvedimento, i giudici del Tribunale scrivono che Mancuso è «personaggio ben inserito negli ambienti criminali operanti nella provincia di Vibo Valentia, ove è ritenuto un elemento verticistico e risulterebbe tra i personaggi più carismatici della cosca Mancuso di Limbadi, i cui interessi sono rivolti anche verso altre Regioni e persino all’Estero».

Il Tribunale evidenzia poi che con la sentenza con la quale Antonio Mancuso è stato condannato a quattro anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito dell’operazione Genesi è stata appurata, non solo l’esistenza «del sodalizio mafioso facente capo alla famiglia Mancuso» ma anche la «posizione dello stesso Mancuso». I giudici aggiungono che con l’operazione Dinasty risulta documentata «la mafiosità di Antonio Mancuso e la sua appartenenza verticistica in seno all’omonimo clan». La Dia di Catanzaro ha compiuto un’attività di analisi economico/patrimoniale che ha riguardato, per un arco temporale compreso tra il 1992 ed il 2009, tutti i cespiti in qualunque modo riconducibili a Mancuso, dalla quale è emersa «la sproporzione tra i redditi disponibili e gli investimenti effettuati».

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