Indagini della Finanza sulla Api e sulla Elpis che senza mandato
incassavano Tarsu, Ici e concessioni pubblicitarie
Un business da 50 milioni, di cui 33 provenienti da Napoli
NAPOLI - I cittadini di Napoli hanno versato negli anni quasi 33 milioni di euro di tasse, per i servizi più vari, dalla raccolta dei rifiuti alle affissioni pubbliche, ma questi soldi invece di entrare nelle casse dell'amministrazione comunale sarebbero finiti nei conti correnti di una società di Milano, con gli uffici in centro, che li avrebbe utilizzati per i propri comodi.
Uno scenario, questo che vede i contribuenti napoletani 'truffati' da una azienda milanese, che emerge da un'inchiesta della Procura del capoluogo lombardo che oggi ha portato a cinque arresti.
In manette, su ordine del gip Micaela Curami e su richiesta dei pm Luigi Orsi e Sergio Spadaro, sono finiti Gabriella Amati e Angelo Maj, amministratori di fatto della Aip, Azienda italiana pubblicità.
Gli arresti domiciliari, invece,sono scattati per Roberto Toia, presidente della società, per Stefano Gobbi e Giorgio Martinato, rispettivamente consigliere delegato e amministratore unico dell'azienda.
Nell'inchiesta, condotta dalla sezione Polizia giudiziaria della Gdf di Milano, sono indagate altre cinque persone, tra cui un dirigente del Comune di Napoli, Ida Alessio Vernì, e risultano coinvolti, come spiega il gip, altri «pubblici ufficiali in servizio presso il Comune di Napoli in corso di identificazione».
I finanzieri, infatti, hanno effettuato perquisizioni anche in alcuni uffici comunali. Si tratta, scrive il giudice nell'ordinanza, di una «complessa vicenda» che getta «una pesante ombra sulle modalità di gestione da parte del Comune di Napoli», tra il 2001 e il 2009. «Ombre» che riguardano la «gestione complessiva dei rapporti» delle passate amministrazioni con la società Aip.
Gli arrestati sono accusati di peculato per 50 milioni di euro. Oltre che con il comune di Napoli, infatti, la Aip, incaricata dell'accertamento e della riscossione di tributi, come la Tarsu (la tassa sui rifiuti) e l'Ici, avrebbe lavorato anche per quelli di Bordighera, Siderno, Grumo Nevano, Oppido Mamertina. In più devono rispondere dell'accusa di bancarotta fraudolenta (da qui la competenza dei magistrati milanesi) per un buco da 18 milioni di euro per il fallimento della società, nel 2009.
Al centro dell'inchiesta c'è anche la Elpis, «società mista partecipata al 51% dal Comune di Napoli e al 49% da Aip». Stando a quanto ricostruito nell'ordinanza, per quattro anni, dal 2005 al 2009, la Aip «ha continuato a ricevere, sul suo conto corrente postale, i contributi erroneamente versati dai contribuenti, in buona fede», nonostante «non si occupasse più della riscossione dei tributi» per conto del Comune di Napoli. In quegli anni lo faceva la Elpis.
I soldi delle tasse, dunque, viaggiavano da Napoli a Milano, finivano su un conto che doveva essere chiuso ma in realtà era ancora aperto, e poi entravano in altri conti della società. L'Aip, spiega il gip, «via via che si accumulavano gli importi provvedeva a trasferirli (con assegni o bonifici) su altri conti correnti, confondendoli nel suo patrimonio finanziario».
Alla faccia dei contribuenti, i soldi venivano utilizzati dagli arrestati come se «si trattasse di denaro proprio».
Il gip sottolinea, infine, come il Comune di Napoli, nel 2002, nonostante in una delibera avesse lamentato la «assoluta incertezza delle entrate», «dopo pochi mesi» aveva riconosciuto alla stessa azienda anche «un indennizzo» di quasi 3 milioni di euro.
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