TRANI - Quando all’alba di ieri il commissario del Corpo Forestale dello Stato, Giuliano Palomba ha suonato al campanello della sua abitazione, l’ingegner Rocco Altomare non ha trattenuto le lacrime ed ha accusato un malore. Tanto che la civetta che lo attendeva sotto casa ha dovuto cambiare destinazione: non più il carcere di Trani ma l’ospedale «Don Tonino Bello» per una serie d’accertamenti sul suo stato di salute.
Il dirigente dell’ufficio tecnico comunale forse non aveva messo in preventivo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Nonostante sapesse d’esser indagato per una serie di pesanti reati, tanto che la giunta comunale gli aveva recentemente concesso il nulla osta alla nomina di un avvocato di fiducia, da pagare a spese del Comune in caso le accuse si rivelassero infondate. Contestazioni numerose quelle che il sostituto procuratore della Repubblica di Trani, Antonio Savasta muove al dirigente dell’Utc ed alla sua presunta «cricca», finita agli arresti domiciliari.
Tanto da utilizzare tutte le lettere dell’alfabeto internazionale (più lungo di quello italiano) per elencare gli addebiti ricostruiti dal 2008 in poi. Per quello che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Roberto Oliveri Del Castillo, a pagina 328 dell’ordinanza custodiale definisce senza mezze misure il «Sistema Altomare». I numerosi presunti illeciti edilizi sarebbero ruotati attorno ai suoi interessi ed al suo studio, di cui solo formalmente sarebbe stato estraneo.
Severo ed eloquente il profilo tracciato dal gip, secondo cui «Altomare, incurante delle ricadute in tema di legalità ed immagine della funzione pubblica cui esponeva l’ufficio ricoperto perseguendo gli interessi privati suo e del suo studio anche in pendenza del procedimento, ha continuato a gestire con modalità padronali l’UTC». Tra le esigenze cautelari ravvisate dal giudice «la necessità di arginare la propensione all’illegalità dell’Altomare che completerà il suo iter criminoso una volta ottenuta la definitività del Piano dell’Agro e che consentirà di far partire procedimenti di sanatoria per edificazioni effettuate su lame e suoli agricoli, oltre che ad aprire una nuova stagione di cementificazione del territorio già compromessa da una notevole impennata delle attività edilizie nel territorio di Molfetta». Motiva ancora il gip: «La situazione di preferenzialità creatasi in favore dei congiunti, unitamente alla posizione di preminenza ormai assunta dal dirigente, che con assoluto arbitrio è capace persino d’interferire sull’azione politica ed indirizzo dell’amministrazione comunale a fini privati, rappresenta un elemento d’assoluta emergenza nell’evitare ulteriori conseguenze nella reiterazione dei reati. Da ciò consegue che anche i tecnici incaricati dell’A&D rappresentano un anello fondamentale della catena d’illeciti riferibili al sodalizio e costituiscono terminali di un’attività concertata che potrebbe giungere anche ad atti d’inquinamento probatorio.
Nemmeno la pendenza di un giudizio (nota ad Altomare, ndr) è in grado di far dissuadere il dirigente dai suoi propositi» chiosa il gip. Che così motiva i domiciliari degli altri 8 arrestati: «Giambattista Del Rosso ha una posizione di grande rilievo nell’ambito del sodalizio criminoso rivestendo un ruolo d’incaricato di pubblico servizio come componente della commissione paesaggistica del comune e redigendo per lo studio vari progetti, firmando pratiche importanti. Alessandro De Robertis è firmatario di quasi tutti i progetti, soprattutto di quelli che partono come DIA per poi dar luogo a realizzazioni edilizie completamente diverse, dichiarando il falso nelle relative istanze. Forte dell’appoggio di Altomare, si consente di minacciare la polizia municipale ogniqualvolta si frapponga agli scopi illeciti del sodalizio e diviene fondamentale istruttore di alcune pratiche di sanatoria. Anche Donato Altomare (fratello del dirigente) e Gaetano Di Mola sono firmatari di diverse pratiche poi rilevatesi illegittime.
Corrado Altomare (figlio del dirigente) apparentemente ha un ruolo defilato ma in realtà è colui che beneficia della maggior quota dell’A&D e quindi degli introiti del sodalizio. Marta De Giglio e Nicolò De Simine, al pari di Del Rosso, sono componenti della commissione paesaggistica ma assumono un importante ruolo non solo in alcune pratiche ma soprattutto nella vicenda dell’Hotel Tritone. Per Mauro Spadavecchia, imprenditore ed importante cliente dello studio A&D, s’impone la misura cautelare – scrive il gip - perché autore di una denuncia calunniosa nei confronti della polizia municipale». Nei prossimi giorni gli interrogatori di garanzia.
Antonello Norscia
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