AGRIGENTO - Avrebbe simulato un incidente stradale per coprire l'uccisione della sua convivente, che avrebbe strangolato al culmine di una lite. È l'accusa contestata dalla Procura di Agrigento a un carabiniere di 38 anni, Salvatore Rotolo, che è stato arrestato.
Per i pm l'ipotesi è di omicidio volontario, ma il Gip ha derubricato il reato in omicidio preterintenzionale Che qualcosa non quadrasse nella morte di Antonella Alfano, la commessa agrigentina di 34 anni col sogno di diventare modella, trovata il 5 febbraio scorso senza vita nella sua auto carbonizzata, i magistrati lo avevano ipotizzato, ma mancavano le prove.
Le fiamme che avevano avvolto la sua Fiat 600 precipitata senza un apparente motivo in fondo a una scarpata erano parse sospette, così come la presenza sul posto del suo convivente.
La Procura di Agrigento per questo lo ha indagato per omissione di soccorso, ma in silenzio ha fatto svolgere altri accertamenti.
La svolta è arrivata dagli esami medico legali. Accertamenti articolati e complessi, che hanno richiesto tempo. E dai quali è emersa la prima 'sorpresa': la vittima aveva una castagna intatta conficcata nella gola.
La seconda è che quando l'auto è stata divorata dalle fiamme Antonella era già morta: quindi il rogo, sviluppatosi in modo uniforme e innescato da una miscela di gasolio e benzina, sarebbe stato provocato e non accidentale. Per i periti inoltre il sedile del lato guida, dove sedeva la giovane, alta un metro e 60, era sistemato in modo tale che la ragazza non avrebbe potuto toccare i pedali: quindi qualcuno l'avrebbe distesa, quando era già morta, in quella posizione. Infine il serbatoio dell'utilitaria: nonostante l'impatto contro un albero secolare, era rimasto intatto. Così la Procura ha dato una sua interpretazione alla presenza della castagna nella gola della donna: un tentativo ulteriore di nascondere l'omicidio.
Secondo l'accusa, il presunto assassino avrebbe voluto inscenare una morte per soffocamento, avvenuta prima dell'incidente e magari causa dello stesso, giustificando in questo modo l'assenza di tracce di fumo nei polmoni della vittima.
Un piano che, ipotizza la Procura di Agrigento, il carabiniere non avrebbe realizzato da solo, ma con l'aiuto di un complice che al momento resta «ufficialmente ignoto».
Nei confronti dell'indagato il procuratore capo Renato Di Natale, l'aggiunto Ignazio Fonzo, e il sostituto Giacomo Forte, hanno ipotizzato i reati di omicidio, incendio e distruzione di cadavere e false dichiarazioni all'autorità giudiziara.
Una tesi che è stata accolta parzialmente dal Gip che ha emesso un'ordinanza per omicidio preterintenzionale: il carabiniere avrebbe ucciso la sua convivente al culmine di una lite, ma senza averne l'intenzione.
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