Ausonia Pisani, 43 anni, figlia di un generale dei carabinieri, è coinvolta nell'inchiesta sulla sparatoria di Cecchina, in provincia di Roma, conclusa con due morti e due feriti, per questioni legate allo spaccio di droga. Ma dalle indagini spunta una pista che porta all'omicidio Vassallo
POLLICA (Salerno). Possibile svolta nell'inchiesta sull'omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo. Dalle indagini in corso sarebbero emersi dei collegamenti tra quel delitto e un duplice omicidio avvenuto in provincia di Roma, legato a questioni di droga. Per quella mattanza accaduta nel Lazio è stata arrestata una vigilessa originaria proprio di Pollica.
E’ accusata di concorso in un duplice omicidio. Si chiama Ausonia Pisani, ha 43 anni, ed è la figlia di un generale dei carabinieri ora in pensione. Una famiglia importante, quella della donna, che ha una sorella questore e un fratello ufficiale della Guardia di finanza. Tutti originari della piccola frazione di Cannicchio, nel comune di Pollica. Lei è in servizio come agente della polizia municipale del comune di Albano (Roma).
Fino all’altro giorno era considerata una "vigilessa di ferro", pugno duro e ligia alle regole. Ora, è soprannominata la "vigilessa killer". Perché, secondo la procura di Roma, è una dei presunti assassini che la notte tra il 29 e il 30 maggio hanno aperto il fuoco in una villetta di Cecchina, sempre nella provincia romana, uccidendo due uomini e ferendone altri due. Anche lei avrebbe partecipato a quella mattanza nella quale sono stati freddati Fabio Giorgi, 43 anni e Rabii Baridi, marocchino di 37, per motivi - questa l’ipotesi più accreditata - legati al mercato della droga.
Insieme alla Pisani sono stati fermati quello che gli inquirenti ritengono il suo compagno Sante Fragalá (il fratello fu ucciso a coltellate nel 2006 a Torvaianica) e Agatino Mascali, nipote di un collaboratore di giustizia: le accuse sono di concorso in omicidio volontario plurimo aggravato, tentato omicidio plurimo aggravato, porto e detenzione illegali di armi.
Secondo gli inquirenti, la sera della sparatoria nella villetta era stato organizzato un vertice per spartirsi il controllo delle zone dello spaccio. Accordo che, però, non è stato mai raggiunto. Così si è deciso di risolvere tutto con le pistole. Gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto della Dda Giancarlo Capaldo, non escludono per ora che dietro il massacro vi siano altri moventi, anche se prevale la tesi di un importante giro di droga. E a testimonianza di ciò, si è scoperto che i quattro nella villetta erano in possesso di telefonini con utenze telefoniche non intestate a loro, ma a cittadini extracomunitari, e quindi «protette».
La ricostruzione della dinamica della vicenda è stata possibile anche grazie a uno dei due superstiti della sparatoria e a una complessa indagine svolta con intercettazioni e acquisizione di tabulati telefonici. Nella casa si stava festeggiando il compleanno di una delle vittime. Il testimone dice anche che sono entrati tre sconosciuti che, senza dire nulla, hanno cominciato a sparare. A fare fuoco sembra che siano stati tutti e tre (ognuno sarebbe stato armato), ma sono in corso le perizie balistiche e le pistole non sono state ritrovate.
Perciò resta da stabilire se sia stata anche la donna a premere il grilletto. Questo elemento, oltre al fatto che gli omicidi non erano premeditati, «evidenzia - dicono gli inquirenti - lo spessore criminale dei fermati». E le indagini dovranno anche chiarire un altro aspetto: se dietro la sparatoria di Cecchina ci sia l’ombra dei clan.
Di certo la notizia a Pollica ha destato grande clamore. La donna ha vissuto per anni a Cannicchio, la frazione dove la famiglia possiede ancora una villetta. Poi il trasferimento a Roma per gli importanti incarichi ricoperti dal padre. Ma facevano ritorno spesso da queste parti. E così è stato anche di recente.
Luigi Colombo
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