domenica 19 giugno 2011

L'uccisione dell'avvocato Anjo Arcella

Tre arresti 15 anni dopo l'agguato:i 2 killer e il mandante Raffaele Giuliano

NAPOLI - Quindici anni dopo c’è un punto fermo, una conclusione investigativa sull’omicidio del penalista napoletano Anyo Arcella. La Procura ha chiuso le indagini a carico di tre indagati, ritenuti per anni dalla Dda di Napoli pezzi da novanta dello scacchiere camorristico cittadino.


Tre ordini di custodia cautelare, accompagnati dalla formale conclusione delle indagini, a carico dei presunti responsabili dell’agguato in via Pessina - era 18 dicembre del 1996 - contro l’avvocato del boss della Nuova famiglia Luigi Giuliano. Verso il processo, dunque, Raffaele Giuliano, Fabio Riso - entrambi ex killer spietati oggi collaboratori di giustizia - e Gennaro Barnoffi, che sta scontando una lunga detenzione per altri fatti omicidiari. Quindici anni dopo, dunque, la Dda mostra di dare credito alle dichiarazioni rese dagli stessi Raffaele Giuliano e Fabio Riso: l’omicidio di Anyo Arcella venne consumato per impedire una possibile dissociazione del boss di Forcella Luigi Giuliano. Bisognava impedire una sua conversione, anticamera di un pentimento che avrebbe provocato un terremoto nel sistema di potere criminale riconducibile a Forcella, con tanto di retate, arresti e sequestri. C’era un progetto - hanno fatto capire i collaboratori di giustizia - per portare fuori dalla camorra Luigi Giuliano e tanto bastò per colpire a morte il penalista napoletano. Una storia raccontata in aula dallo stesso Raffaele Giuliano, che negli anni della detenzione del fratello aveva assunto il controllo del potere a Forcella: «Vennero da me esponenti della famiglia Avagliano (erano nostri alleati) e mi parlarono in modo chiaro. Mi dissero: abbiamo sempre servito i Giuliano, ora corriamo il rischio di pagarne le conseguenze. Si sentono in giro voci sulla possibilità che Luigino decida di cambiare vita, sappiamo che cosa significa. Bisogna intervenire, bisogna spezzare questa trama».

Parole che non vennero neppure commentate in famiglia, quando Raffaele Giuliano decise di mettersi in movimento. Un commando di quattro killer, omicidio spietato a pochi passi dal museo archeologico nazionale. Sei anni dopo il delitto, Luigi Giuliano decise comunque di collaborare con la giustizia, seguendo su questa strada la scelta di pentirsi inaugurata alla fine degli anni Novanta proprio dal fratello Raffaele.

Il debutto in aula dell’ex boss di Forcella fu una sorta di show: Luigi Giuliano si rivolse ai giovani, a quei ragazzi del vicolo e dei bassi del centro storico che tanto avevano mitizzato la sua storia criminale, tra delitti e aspetti oleografici. La camorra è morte - disse Luigino - chiedo ai ragazzi di Napoli di non scegliere questa strada.

Da allora, anche grazie alle dichiarazioni dell’ex boss di Forcella, un pezzo di storia criminale è stato sconfitto, pur venendo soppiantato da altre cosche, da altri apparati di potere camorristico. Dai traffici di sigarette di contrabbando al falso globalizzato, passando attraverso una trama estorsiva che per anni ha chiuso il cerchio attorno all’economia legale.

Inchiesta condotta a Napoli dal capo del pool anticamorra Sandro Pennasilico, ora si attendono memorie difensive (Barnoffi è assistito dal penalista Raffaele Chiummariello), mentre si ricostruiscono scenari di insieme, a partire proprio dal racconto di Raffaele Giuliano: «So che quello che sto dicendo in questo momento darà molto fastidio a molti - aveva spiegato Raffaele Giuliano - ma la morte dell’avvocato Arcella era necessaria per sopravvivere come signori della camorra».

Leandro Del Gaudio

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