Venerdì interrogatorio ad Ascoli Piceno. Giorni fa l'uomo, che resta libero, aveva detto: «L'ho tradita, ma non l'ho uccisa»
ASCOLI PICENO - A due mesi dall'omicidio di Melania Rea, la mamma di 29 anni di Somma Vesuviana scomparsa il 18 aprile scorso da Colle San Marco ad Ascoli Piceno, e ritrovata cadavere il 20 aprile, nel bosco di Ripe di Civitella del Tronto (Teramo), la svolta nelle indagini: il marito, Salvatore Parolisi, 30 anni, caporalmaggiore dell'Esercito in servizio come istruttore al 235/o Rav Piceno di Ascoli Piceno, è indagato dalla procura ascolana per omicidio volontario.
L'uomo, che finora era parte offesa nelle indagini, ha ricevuto stamani in Campania, a Frattaminore, dove si trova in licenza, un avviso di garanzia, ossia la notifica della sua iscrizione nel registro degli indagati. Venerdì verrà interrogato dai magistrati ad Ascoli. In tre lunghi interrogatori precedenti Parolisi aveva sempre respinto ogni sospetto.
«Sono sorpreso, non me l'aspettavo». Gennaro Rea, il papà di Melania, commenta con pochissime parole i sospetti sul genero maturati dagli inquirenti che accusano Salvatore di di omicidio volontario per la morte della figlia. «Lo ho appena saputo dalla stampa - dice Gennaro Rea - aspetto di sentire gli inquirenti, aspetto di capire». In questi mesi, Salvatore Parolisi ha sempre frequentato la casa dei Rea, soprattutto per la piccola Vittoria, accudita essenzialmente dai nonni Rea. A chi chiede a Gennaro se oggi ancora crede all'innocenza di Salvatore, risponde: «A questo punto non so più niente».
Quattro giorni fa l'uomo aveva ammesso di aver tradito la moglie, sottolineando però di essere assolutamente estraneo all'omicidio. «Ho tradito Melania», ha detto agli inquirenti e ripetuto in tv durante la trasmissione di Rete4 Quarto grado, dopo la scoperta di una sua relazione con una ex allieva del Rav, Ludovica P., e di altri flirt minori, «ma non l'ho ammazzata». E ha anche ammesso di essersi disfatto del cellulare con cui comunicava di nascosto con l'amante: il telefono è stato poi ritrovato nel campo sportivo di Villa Pigna a Folignano.
Parolisi aveva detto di essere tornato nel paese in cui viveva con la moglie e la figlioletta per riprendere alcune cose, fra cui i poster del matrimonio con Melania, e di essersi fermato nel campetto - un luogo per lui significativo - per raccogliere una margherita nel ricordo della moglie. «Sì, l'ho buttato in quel punto, non ho tolto la scheda, non l'ho spaccato. Non è stato acceso nè usato. Non vedo che cosa possa contenere quel telefono».
Il caporalmaggiore ha sempre sostenuto che nel pomeriggio del 18 aprile lui, la moglie e la figlioletta di 18 mesi, Vittoria, erano andati a Colle San Marco per una passeggiata, in attesa di partire il giorno dopo per le vacanze di Pasqua in Campania, la loro regione d'origine. Poi, così aveva raccontato, la donna si era allontanata per andare in bagno e da quel momento era svanita nel nulla. Fino al ritrovamento del 20 aprile, nel bosco delle Casermette, a pochi chilometri di distanza, il corpo martoriato da una trentina di coltellate (alcune delle quali, come un taglio a forma di svastica, inferte dopo il decesso), i pantaloni abbassati, ma nessun segno di violenza sessuale.
«Me l'hanno presa, l'hanno presa», erano state le prime parole di Parolisi durante le ricerche della moglie, come a lasciar intendere che qualcuno l'avesse rapita. Ma il racconto del caporalmaggiore non ha mai convinto gli investigatori. Nessun testimone ha visto con certezza la famigliola sul pianoro di San Marco, e le contraddizioni e le bugie del militare (ultimo episodio, l'essersi disfatto del cellulare segreto con cui telefonava a Ludovica) hanno contribuito ad aggravare la sua posizione. Decisivi, verosimilmente, anche i rilievi sul centinaio di reperti sequestrati dai carabinieri del Ris sul luogo del delitto, i controlli dei tabulati telefonici condotti dal Ros, e l'accertamento autoptico sul cadavere di Melania.
«Il tradimento - si è difeso Parolisi - non è un reato. Basta, veramente basta». Alla domanda se conoscesse Laura Titta, la soldatessa arrestata per i servizi resi ai boss del clan dei Casalesi, a suo tempo addestrata nella stessa caserma di Ascoli in cui prestò servizio Parolisi, il caporalmaggiore ha risposto: «Non ricordo di averla mai conosciuta, e il nome non mi dice nulla. Non sono il playboy della situazione».
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