L'amico Paciolla ai pm: mi inviò sms da un numero sconosciuto Il padre della vittima: «Avevamo un orco in casa»
Ebbene, questo Paciolla ha gettato la prima ombra sinistra sul marito di Melania andando a raccontare ai carabinieri una confidenza inquietante ricevuta subito dopo il ritrovamento del cadavere: Salvatore Parolisi gli aveva raccontato di esserci già stato in quel posto, al bosco delle Casermette, e di averci fatto l’amore con Melania mentre Vittoria dormiva. Ma perché l’aveva nascosto agli investigatori?
Paciolla continuò. Quando Parolisi fece mettere a verbale che sì, che lui il cadavere di sua moglie l’aveva visto in una foto scattata con il telefonino proprio da Paciolla, la guardia penitenziaria si presentò in caserma a smentirlo. Nessuna foto, nessun telefonino, e per timore di non essere creduto mise anche a disposizione il suo cellulare. Per Parolisi un’altra brutta -forse più che brutta- figura.
Ma è stato ieri mattina che Raffaele Paciolla, ascoltato di nuovo dal sostituto Picardi, si è tolto il peso più grosso, confermando di aver ricevuto da Parolisi, nei giorni precedenti la scomparsa e il delitto, almeno due o tre sms da un numero di cellulare, da una sim card che non sta in in nessuna parte di quest’inchiesta.
E’ scattata così la caccia a questo numero misterioso, con il legittimo sospetto che le sim card segrete di Parolisi possano essere anche più di una, che possa averle usate nei passaggi più scabrosi delle giornate precedenti e successive al delitto. E all’improvviso è diventata più spiegabile la tranquillità con cui ha affrontato, martedì 7 giugno, il ritrovamento di un suo telefonino nel prato Villa Pigna, alle porte di Ascoli, in una busta rossa dello stesso supermercato dove andò con Melania l’ultima mattina che passarono insieme, ben nascosto da rametti sistemati ad arte. Dentro, la sim card usata per rimanere in contatto con Ludovica, la soldatessa follemente innamorata di lui, un episodio già ben conosciuto dagli investigatori e un ritrovamento, quindi, che non poteva preoccuparlo più di tanto.
Raffaele Paciolla è uscito dalla caserma dopo neanche un’ora, dopo aver ricostruito con il pm Picardi anche i movimenti di Parolisi quel pomeriggio e soprattutto nelle 48 ore che separarono la scomparsa di Melania dal ritrovamento del suo cadavere, martoriato da 32 coltellate. L’avvocato di Paciolla -che imputato non è- ovviamente non ha partecipato all’interrogatorio. E’ il penalista ascolano Tommaso Pietropaolo, nel pomeriggio si è lasciato andare solo a questo commento: «Il mio cliente continua a dire la verità, anche quando è scomoda per Parolisi». E quanto scomoda.
Queste 36 ore che separano il caporal maggiore del 235° Reggimento Piceno dall’interrogatorio di domani pomeriggio, il primo da indagato per omicidio volontario della moglie, avrebbero dovuto essere solo ore di attesa nervosa e invece si annunciano dense di sviluppi. Ad esempio, i carabinieri del Ros stanno freneticamente completando un sofisticato lavoro sui tabulati, con un metodo nuovo che si chiama Sfera e che permetterebbe di tracciare i movimenti del telefonino di Parolisi -il telefonino ufficiale- durante tutto quel pomeriggio del 18 aprile. Se anche il metodo Sfera proverà che lui a Colle San Marco non c’è stato prima delle tre e mezza, che da Folignano è arrivato direttamente alle Casermette, sarà un’altra mazzata, forse quella decisiva dopo i trenta testimoni ascoltati e le foto dei ragazzi in gita, e nessuno che dice di aver visto lui e Melania, nessuno che riesce a riprenderli in uno scatto.
Secondo i suoi avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, Parolisi sta vivendo ore di «calma olimpica». Nel frattempo si va velocemente e dolorosamente sfaldando il rapporto tanto faticosamente mantenuto in questi due mesi con la famiglia di Melania. Non è bastata la costituzione dei parte civile attraverso l’avvocato di Ascoli Mauro Gionni, prima del fratello Michele e poi dei due poveri genitori, perché ieri pomeriggio il padre della giovane donna uccisa ha deciso di lasciarsi andare al primo drammatico sfogo contro Parolisi: «Per nove anni -ha detto Gennaro Rea- abbiamo avuto in casa un orco travestito da agnello». E la mamma Vittoria: «Dice di essere stato messo in croce? Ci si è messo da solo».
Neanche loro gli credono più, per Salvatore Parolisi il conto alla rovescia è davvero iniziato.
Nino Cirillo
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