AFRAGOLA (27 dicembre) - È stato ucciso a coltellate nel corso di un violento scontro tra cittadini ivoriani stanchi di subire angherie e un razzismo alla luce del sole, e un gruppo di afragolesi che ruota intorno alla figura di Salvatore Caccavale, detto «’o criminale».
A morire è stato il fratello di «’o criminale», Ferdinando Caccavale, 37 anni, una sfilza di precedenti penali. E un’ambizione: quella di entrare nel clan Moccia. Un razzista crudele e violento. E attaccabrighe, per la popolosa colonia di africani del centro storico.
La vittima è stata dilaniata dalla furia cieca della lama di un pugnale, stretto in mano da Kevin Akua, 29 anni, della Costa D’Avorio. Un irregolare che si spacca la schiena per dieci ore al giorno nel gelo dei campi di Terra di Lavoro. La polizia lo ha acciuffato mezz’ora dopo il delitto. E lo ha salvato da una fine orribile. Gli agenti lo hanno trovato prima della folla inferocita, che in via Guerra già gridava vendetta e un «Facciamolo a pezzi».
E che tirasse aria di linciaggio lo aveva capito lo stesso assassino. È stato preso dai poliziotti del commissariato di Afragola, diretto dal vice questore Paolo Iodice, mentre con un borsone tentava di scappare da Afragola. E forse dall’Italia.
Quello che gli fa paura non è tanto l’accusa di omicidio volontario, ma quello che gli potrebbe capitare in qualsiasi carcere e in qualsiasi momento. «Quello è un uomo morto», si sussurra fuori il commissariato.
La tensione razziale è scoppiata ieri sera, poco dopo le sette. All’improvviso. Ferdinando Caccavale ha imboccato via Guerra guidando la sua Punto Rosso. La strada è uno stretto budello. Uno spazio contemporaneamente incompatibile per auto e pedone. Lui suona a quell’ombra nera che cammina lenta. Kevin Akua agita la mano. A scacciare quel suono ripetuto e fastidioso. È un’offesa per Ferdinando Caccavale. Accelera quel tanto che basta per fare paura e sfiorare il «nero». Che reagisce. Lo manda a quel paese. La vittima si fionda dalla sua auto e molla qualche pugno. E ne riceve. La zuffa termina solo quando interviene qualcuno. La tensione è altissima.
Dieci minuti dopo, scendono in strada i gruppi. I bianchi contro i neri. Una ventina di contendenti. «Mò, jatevenne», gridano i bianchi di Afragola. «E dateci quello là», intimano indicando Kevin Akua. I neri rispondo per le rime. In quella lingua mista di francese, africano e afragolese. Ed è battaglia. Feroce. Violenta. Senza esclusione di colpi. I neri sono accerchiati. Ferdinando Caccavale punta quello che lo ha mandato a quel paese. E scatta. Lo slancio si ferma a metà aria. Nella punta del pugnale. La vittima guarda il suo assassino con occhi sbarrati, quasi meravigliata. E la lama affonda una, due, tre e chissà quante altre volte. Stramazza sul basolato nero di pioggia. E di sangue.
di Marco Di Caterino
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