Al vaglio degli investigatori uno degli ultimi casi seguiti dal penalisti prima dell'omicidio. Il nome dell'avvocato nel corso di un processo contro un presunto narcos, suo ex cliente
PALERMO. Una delle ultime cause trattate dall'avvocato Enzo Fragalà, il penalista palermitano ucciso il 26 febbraio scorso, è finita al vaglio degli investigatori che da quasi un anno, ormai, cercano di dare un nome al killer col volto nascosto da un casco integrale che massacrò a bastonate il legale davanti al tribunale.
Si tratta di un processo per un maxitraffico di cocaina che vede tra gli imputati Matteo Bologna, originario di Partinico, presunto narcos ritenuto ai vertici di una banda che smerciava droga tra la Germania, l'Olanda, il Belgio e la Sicilia. Bologna, a cui l'anno scorso la sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha sequestrato beni per quasi 12 milioni di euro, era assistito dall'avvocato ucciso.
Il nome di Fragalà è tornato alla ribalta del processo oggi, quando sul banco dei testi è salito M.T., uno dei principali accusatori di Bologna, suo ex socio nel traffico di droga, che ha confessato e scontato la pena e svelato agli investigatori i retroscena dell'affare miliardario. Il teste, che vive sotto protezione in Germania, ha raccontato che il suo ex legale avrebbe ricevuto due telefonate dallo studio Fragalà:
"probabilmente volevano chiedermi di ritrattare", ha aggiunto. "Ma io - ha spiegato - dissi all'avvocato che non doveva più parlarci". Successivamente il testimone, intanto finito ai domiciliari, avrebbe ricevuto la visita di due uomini che l'avrebbero minacciato accusandolo di avere tradito Bologna.
A quel punto lui avrebbe scritto una lettera all'imputato confermando tutte le accuse a suo carico. La missiva, che conteneva dettagli precisi sul traffico di droga e sul ruolo di Bologna, venne depositata agli atti del processo al trafficante, che è libero e vive in Germania, dal suo avvocato, Fragalà appunto, un mese prima che questi venisse ucciso.
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