Doveva pagare 600mila euro: quattro arresti
Quattro persone, tra cui un’ avvocatessa, sono state arrestate e altre due denunciate per un’estorsione nei confronti di un noto imprenditore della Repubblica di San Marino.
L’operazione è stata svolta d’intesa tra le autorità giudiziarie italiane e della Repubblica del Titano, e ha visto operare la guardia di finanza di Treviso e la gendarmeria sanmarinese alla quale l’imprenditore aveva denunciato l’estorsione fattagli da un suo concittadino tramite un’avvocatessa trevigiana e dal marito di questa.Pare che la vittima fosse ricattata per una vicenda di carattere sessuale: da quanto si è appreso in un primo momento,
l’uomo sarebbe stato filmato durante alcuni incontri e le immagini riversate successivamente in alcuni Dvd. Il blitz dei finanzieri è scattato nello studio legale dove la vittima aveva “riscattato” i video per 400 dei 600 mila euro richiesti.Nell’ufficio c’erano anche l’avvocatessa, Adele Giordano, 39 anni, e suo marito, Alfonso Romano e i due “corrieri”, M.P. (25) e A.D.G. (52), entrambi di San Marino, incaricati di riscuotere il denaro. Contemporaneamente a San Marino scattavano gli arresti del presunto mandante dell’ estorsione, M.M. e di un’altra persona, A.A. che avrebbero organizzato il ricatto.L’imprenditore sarebbe stato ricattato minacciando di rendere pubblici i filmati qualora si fosse rifiutato di pagare.
Fondamentale importanza, ha sottolineato stamani in una conferenza stampa il procuratore capo della Repubblica di Treviso Antonio Fojadelli, sarebbe stata l’intermediazione dell’avvoccato Giordano, con la quale M.M. teneva rapporti per transazioni commerciali, e di suo marito che avrebbe dettato le condizioni per la conclusione dell’ “affare”.Nella conferenza stampa che si è tenuta in mattinata però, l’aspetto delle ”luci rosse” nell’estorsione all’imprenditore sanmarinese non è stata tuttavia affrontato dai magistrati. Il Procuratore di Treviso, Antonio Fojadelli, affiancato da un rappresentante della magistratura sanmarinese, Achille Zechini, ha spiegato piuttosto che l’uomo sarebbe stato indotto a pagare per evitare la diffusione di documenti con contenuti di natura ”commerciale, industriale e tributaria”.
Gli investigatori stanno ancora approfondendo l’esatto ruolo svolto dall’ufficio dell’avvocatessa trevigiana nel ricatto, e le ragioni per le quali sarebbe stato scelto dall’autore dell’estorsione. Secondo quanto spiegato dai magistrati, lo scambio del materiale nello studio legale prevedeva che l’imprenditore versasse una prima tranche di 160 mila euro, a fronte di un importo complessivo dell’estorsione pari al quadruplo di questa cifra.A sostenere le ipotesi dell’accusa vi sono varie intercettazioni telefoniche in cui si delinea una vicenda delittuosa organizzata in modo complesso, inserita in un quadro di interessi industriali in larga misura ancora da chiarire.
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