domenica 13 marzo 2011

Bombe su Brega, i ribelli si ritirano Gheddafi avanza: "Adesso Bengasi"

Le forze militari del Colonnello riconquistano il controllo della
città insorta: la marcia continua

 TRIPOLI
Una blitzkrieg in piena regola: in cinque giorni, le forze armate fedeli a Muammar Gheddafi hanno ripreso Zawiya a ovest di Tripoli, riconquistato i pozzi petroliferi, accerchiato Misurata, e ora marciano verso Bengasi. A Tobruk poi, annunciano i militari, in quattro quartieri periferici è stata issata la bandiera verde. Tanto che il governo invita le compagnie petrolifere a tornare a caricare il greggio e i lavoratori degli impianti a tornare al lavoro, e si dice favorevole all’ingresso nel Paese di un comitato dell’Unione Africana che aiuti la soluzione della crisi che per un mese ha attanagliato il Paese.

A Misurata, oramai stretta nell’assedio, i militari trattano la resa con i «terroristi al soldo degli stranieri», mentre più a est le truppe avanzano, prossimo obiettivo Ajdabiya, che dista circa 250 chilometri da Bengasi ed è l’obiettivo più vicino dopo la conquista ieri di Ras Lanuf e Marsa El Brega. Meta finale Bengasi, dove la popolazione «è ostaggio di pochi terroristi che minacciano una mattanza», dicono i militari, per i quali questi «gruppuscoli» non rappresentano un problema tattico. E se a Tobruk, ultima grande città prima del confine egiziano, la situazione rischia di infiammarsi dopo l’annunciata sollevazione delle forze fedeli al governo, che hanno issato i vessilli in alcuni quartieri, a Tripoli si è tornati alla normalità, con il traffico compulsivo tipico di una qualsiasi metropoli araba, con tutti i negozi aperti, la gente in strada e un presenza assai discreta di forze dell’ordine.

Sul fronte diplomatico, il governo di Gheddafi incassa il sostegno di alcuni Paesi vicini, e bolla come «inaccettabile» la risoluzione approvata a maggioranza dalla Lega Araba, che ha invitato il Consiglio di sicurezza Onu a imporre una ’no-fly zonè sulla Libia. La Lega, invitata da Saif Al Islam, il figlio del leader, ad «andare all’Inferno», ha sospeso Tripoli e affermato, sulla scia di quanto già fatto dalle monarchie del Golfo, che il governo libico ha perso ogni legittimità. La no-fly zone sarà al centro della missione di Hillary Clinton, che martedì arriverà al Cairo. Il segretario di Stato statunitense incontrerà i vertici militari egiziani ma anche esponenti dell’opposizione libica, arrivati nella capitale egiziana già ieri per prendere parte alla riunione straordinaria della Lega Araba. A rendere più incandescente la situazione ci ha pensato oggi anche al Qaida, che per bocca di uno dei suoi leader ha esortato gli insorti in Libia a proseguire «la lotta». È la prima posizione ufficialmente espressa dal network del terrore di Osama bin Laden dall’inizio, il 15 febbraio scorso, dei disordini. Una dichiarazione, questa odierna, che finisce con il confermare le accuse lanciate dal governo: i rivoltosi sono terroristi, non hanno mai avanzato richieste politiche, si sono armati e hanno compiuto stragi perchè vogliono destabilizzare il Paese e consegnarlo agli occidentali, ivi compresi quelli che Gheddafi non manca mai di ricordare, gli ex padroni italiani di cui un tempo i libici erano «schiavi».

«Non stiamo utilizzando le armi sofisticate di cui disponiamo», ha detto oggi il portavoce dell’esercito, Milad Hussein Al Ghilani, «e non le useremmo mai contro la nostra gente». Ai giornalisti sono stati consegnati i video raccapriccianti di esecuzioni sommarie, decapitazioni, brandelli di carne umana mostrati come trofei. «Vi porteremo a vedere altre città, altre barbarie», promettono i militari. Fino a Bengasi.

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