venerdì 16 marzo 2012

Fotovoltaico illegale 28 ettari sequestrati


Introiti da 10 milioni di euro l’anno grazie a 28 ettari di terreno, adibiti a parco fotovoltaico grazie alle carte false per potervi installare gli impianti. È in sintesi l’operazione «Eclisse» della Guardia di Finanza - Compagnia di Francavilla Fontana e Nucleo di Polizia tributaria di Brindisi - conclusasi col sequestro di 10 società e di 28 ettari di terreno a Mesagne, in contrada Epifani, oltre alla denuncia di 13 persone fra legali rappresentanti delle società, soci delle stesse e proprietari dei terreni.

Le accuse - rese note in una conferenza tenuta ieri in Procura dal procuratore aggiunto Nicolagelo Ghizzardi e dal comandante della Finanza di Brindisi col. Vincenz o Mangia, affiancato a sua volta dal maggiore Gabriele Sebaste e dal capitano della Compagnia di Francavilla Antonio Triggiani - sono di falistà ideologica in atto pubblico e di lottizzazione abusiva. La prima delle due accuse scaturirebbe dal fatto che i 10 lotti di terreno (corrispondenti ad altrettanti impianti fotovoltaici da 1 Mw ciascuno) costituiscono in realtà - secondo quanto accertato dall’indagine della Fiamme gialle - un unico grosso impianto da 10 megawatt, realizzato da un unico gruppo di persone, quasi tutte imparentate tra loro. Per legge, però, un insediamento di tali dimensioni avrebbe richiesto il rilascio della cosiddetta «Autorizzazione unica» della Regione Puglia, che comporta un iter assai e, soprattutto, una serie di verifiche anche dal punto di vista della compatibiltà ambientale del progetto.

Verifiche che, nel caso specifico, avrebbero allungato i tempi di realizzazione esponendo l’intera iniziativa anche al rischio di non avere riconosciuti i requisiti per il rilascio dell’autorizzazione. Per questo, quindi, i tredici individui indagati - secondo l’accusa - avrebbero attuato, sia pure solo sulla carta, il frazionamento del grosso impianto (che in realtà insiste su un’unica area ed è collegato ad un’unica rete) facendo figurare al suo posto dieci distinti impianti da 1 Mw, tramite la costituzione ad hoc di 10 società: una per ogni impianto. E ciò in quanto per legge, all’e poca dell’insediamento, gli impianti fino ad 1 Mw (oggi solo quelli fino a 25 Kw) non erano soggetti all’Autorizzaione unica regionale.

Così è bastata la semplice Dia (Dichiarazione inizio lavori) presentata da ciascuna delle 10 società, per avviare di fatto un unico mega impianto, senza dover rispettare vincoli particolari. «Ma oltre ad aggirare la complessa procedura prevista per ottenere l’Autorizzazione unica regionale - ha spiegato il procuratore aggiunto Ghizzardi - in questa specifica indagine è emerso che gli indagati avevano anche cambiato, di fatto, la destinazione d’uso dei terreni su cui l’impianto era stato realizzato. Trattandosi, infatti, di terreni per uso agricolo, solo il rilascio dell’Autorizzazione unica regionale avrebbe consentito di mutarne la destinazione da uso da agricolo ad uso industriale». Ma poiché l’Autorizzazione unica era proprio ciò che i promotori dell’iniziativa volevano bypassare, attraverso il frazionamento, l’enorme impianto fotovoltaico è sorto di fatto su un terreno che a tutt’oggi ha una destinazione agricola.

«Ecco perché - ha spiegato Ghizzardi - oltre al reato di falso agli indagati è stata contestata pure la lottizzazione abusiva». I titolari delle società indagate - di cui riportiamo le generalità nel box grigio più in basso - sono tutti di Latiano, mentre i proprietari dei terreni (a volte venduti, altre ceduti in comodato), sono di Mesagne. Nella fase iniziale della ralizzazione dell’impianto - alla quale peraltro si riferiscono i reati contestati - i legali rappresentati delle 10 società avrebbero avuto accesso a capitali provenienti dal Lussemburgo e dalla Danimarca, per dare il via all’iniziativa. Successivamente, però, le quote societarie sono state rilevate da una multinazionale e, attualmente, i legali rappresentanti sono stati individuati in soggetti extracomunitari al momento estranei a qualsiasi provvedimento. Anche per questa ragione il provvedimento sequestro - firmato dal gip Maurizio Saso su richiesta del procuratore aggiunto Ghizzardi - non ha comportato l’inter ruzione dell’esercizio dei 10 impianti, dei quali finora ne erano stati attivati solo 7.

«È stato un lavoro - ha spiegato il comandante della Guardia di Finanza di Brindisi, col. Vincenz o Mangia - dettato non dall’intento di fermare le energie rinnovabili, che anzi sono più che asupicabili, ma dalla necessità di far rispettare le regole fissate dalla legge anche a tutela del territorio». Il valore di terreni e impianti sequestrati ammonta a circa 22 milioni di euro, ma gli introiti sarebbero stati ben più cospicui se si considera che un solo impianto da 1 Mw produce energia per quasi un milione di euro.

ANTONIO NEGRO

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